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GB. Cannabis: l'aspirina del nuovo secolo?
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Articolo di Katia Moscano
19 aprile 2003 10:01
 
La cannabis, la piu' popolare droga dopo l'alcool e il tabacco, potrebbe diventare una nuova aspirina, date le prove che i suoi composti possono proteggere il cervello dagli effetti dell'invecchiamento.
Anche se la cannabis deforma la percezione e incide sulla memoria a breve termine, puo' pero' prevenire le malattie degenerative quali l'Alzheimer, il morbo di Parkinson, il morbo di Huntingdon e le malattie neuromotorie.
Gli scienziati dell'Istituto di Neurologia a Queens Square, Londra, dicono che l'enorme potenziale dei composti della canapa sta emergendo, in concomitanza con la conoscenza delle proprieta' farmacologiche e biologiche.
Il professor Alan Thompson e il suo team, hanno scritto sulla rivista "Lancet Neurology": "la ricerca di base sta scoprendo interessanti elementi della famiglia dei cannabinoidi, con qualita' finora sconosciute, la piu' importante delle quali e' la capacita' della neuroprotezione"
. Per questa estate sono previsti i risultati di due prove su pazienti affetti da sclerosi a placche, e le prime medicine a base di cannabis saranno autorizzate.
Ovviamente queste medicine non avranno le proprieta' psicoattive tipiche della droga. Il team del professor Thompson dice: "anche se i risultati non sono cosi' positivi come ci si poteva aspettare, siamo soltanto all'inizio, ma e' chiaro il potenziale terapeutico".
Nel 1990 fu scoperto il primo recettore cannabinoide, rivoluzionando lo studio sulla biologia dei derivati della cannabis. La scoperta ha rivelato un sistema endogeno di recettori, simile ai sistemi oppiacei, ai quali la droga si lega quando viene ingerita. Il sistema naturale dei recettori cannabinoidi svolge un ruolo nel mantenere l'equilibrio dei composti chimici del cervello, i quali regolano il tasso a cui i neuroni comunicano. Alterando questo sistema, gli scienziati credono che sia possibile rallentare o prevenire il processo di decadimento celebrale.
David Baker, primo autore dell'articolo sul Lancet e "senior lecturer" presso l'Istituto di Neurologia, ha affermato che "Il morbo di Alzheimer e' una degenerazione molto lenta causata dalla morte delle cellule nervose. Molto probabilmente i sintomi non sono rilevabili prima che il 30-40% di queste cellule siano gia' morte. Qualcosa regola questo deperimento e se potessimo rallentarlo anche di una piccola frazione, si potrebbe ritardare il manifestarsi della malattia anche per una decade". Ma la cannabis e' una lama a doppio taglio, con effetti secondari potenzialmente dannosi. Sempre il dottor Baker afferma: "dovrebbe essere possibile sviluppare droghe che agiscano utilmente sul cervello e sul midollo spinale e non abbiano gli effetti negativi conosciuti".
Una sua ricerca, nella quale il sistema dei recettori cannabinoidi era stato rimosso in cavie da laboratorio, ha indicato che il tasso di perdita del nervo aumentava, dimostrando che i ricettori cannabinoidi hanno un ruolo nella conservazione delle funzioni celebrali.
Questo studio, accolto per la pubblicazione in un giornale medico, "finalmente chiude l'argomento. La cannabis e' passata dall'immaginazione a prove scientifiche in tempi brevissimi, grazie alla pressione dei pazienti. Speriamo che funzioni e che sia sufficientemente sicura".
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