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Inquinamento atmosferico: piu' di 500 mila morti ogni anno in Europa
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Articolo di Redazione
11 ottobre 2017 12:30
 
 I dati danno la misura dell’urgenza sanitaria. Nel 2014, l’inquinamento dell’aria ha causato il decesso prematuro (prima di 65 anni) di 520.400 persone in 41 dei Paesi del continente europeo. 487.600 dei quali in seno all’Unione europea. Questo e’ il macabro bilancio del rapporto 2017 sulla qualita’ dell’aria, pubblicato oggi dall’Agenzia europea dell’Ambiente (AEE).
Tra gli inquinanti piu’ tossici, ci sono i particolati fini (PM2,5: di diametro inferiore a a 2,5 micrometri) che provocano il maggior numero di vittime: 428.000 in Europa, 399.000 delle quali in Ue. Il diossido di azoto (NO2) e l’ozono (O3) sono responsabili rispettivamente di 78.000 decessi (75.000 nella Ue) e 14.000 decessi (13.600 in Ue).
Il bilancio e’ tuttavia un po’ meno peggiore rispetto a quello del 2016, che aveva totalizzato 550.000 morti premature nel 2013, 520.000 delle quali in Ue. Se il numero di decessi attribuito ai PM2,5 e’ sensibilmente calato, quello imputabile al diossido di azoto -reso tristemente celebre dallo scandalo del dieselgate- e’ aumentato.
“I particolati fini continuano a provocare il decesso di piu’ di 400.000 europei ogni anno”, riassume l’AEE. Il direttore dell’agenzia, Hans Bruyninckx, stima che “a livello sociale non possiamo accettare il costo dell’inquinamento atmosferico”.
La Germania e’ il Paese che paga il piu’ pesante tributo
A livello di Stati, e’ la Germania, Paese piu’ popolato dell’Europa, che paga il piu’ alto tributo, con 81.600 decessi, davanti all’Italia (79.820) e il Regno Unito (52.240). La Francia e’ al quinto posto (45.940) dietro la Polonia (48.690), Paese il piu’ duramente colpito considerato il numero di abitanti.
Se i dati dei decessi prematuri si fermano al 2014, queste due concentrazioni vanno fino al 2015. In questo anno, si dice nel rapporto, circa il 7% della popolazione urbana della Ue e’ stato esposto a dei livelli di PM2,5 superiori al limite europeo (25 microgrammi di media annuale). Questa proporzione sale fino a circa l’82% se si prende in considerazione il plafond piu’ ampio (10 microgrammi) stabilito dall’Organizzazione mondiale della Sanita’. I tassi erano rispettivamente dell’8 e dell'85% per il 2014.
“I dati mostrano che la qualita’ dell’aria migliora lentamente in Europa”, commenta prudentemente l’AEE. Ma numerosi Paesi non rispettano sempre le norme. E’ il caso della Francia, in particolare per il NO2 e in numerose misure per i particolati fini di diametro inferiore a 10 micrometri (PM10). Questo superamento vale anche per oggi, considerando Germania, Regno Unito e Italia, che corrono il rischio di essere perseguiti dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
“Una spada di Damocle utilizzata da Bruxelles”
Fino ad oggi, solo la procedura aperta contro la Bulgaria ha portato, ad aprile, ad una condanna. Malgrado il fatto che la Commissione “consideri che la Francia si e’ arenata dal 2005 (anno dell’avvio della regolamentazione sul PM10) nel proteggere i suoi cittadini”, e diversi richiami all’ordine, essa non dovrebbe essere il prossimo Stato ad essere punito. “E’ una spada di Damocle usata da Bruxelles e, nonostane la Francia sia molto recidiva, essa non dovrebbe essere messa sotto inchiesta”, stima un esperto europeo di inquinamento dell’aria. Per due ragioni: da una parte, “se Bruxelles pigia sulla Francia, bisognera’ anche pigiare sulla Germania”; dall’altra, “le condanne per inquinamento permettono di punire gli Stati per altre ragioni piu’ politiche e di regolare dei conti con dei piccoli Paesi”. E’ percio' che questo specialista mira piuttosto ad una messa in causa della Polonia, le cui attuali relazioni con l’Ue sono tese. Altre fonti dicono che cio’ potrebbe accadere anche per l’Italia.
I due Paesi sono particolarmente presenti nel rapporto dell’AEE per i loro pessimi risultati sia in NO2 che in articolati fini. La Polonia e’ essenzialmente di fronte al problema del riscaldamento individuale a carbone, molto diffuso nel Paese. Per l’Italia, e’ soprattutto nel Nord dove sono concentrate le industrie, grandi agglomerati ed intenso traffico stradale.
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I nuovi test di emissioni dei veicoli contestati davanti alla Corte europea di Giustizia
L’ONG ClientEarth ha depositato un ricorso, lo scorso 9 ottobre, davanti alla Corte di Giustizia dell’Ue, contro i nuovi test sulle emissioni dei veicoli stabilite dalla Commissione dopo la scandalo del dieselgate. In vigore dallo scorso 1 settembre, sono ritenuti come i piu’ realisti ed obbligano i costruttori a spiegare le loro regole in materia di calibratura dei motori, si’ da poter valutare nel modo piu’ preciso le emissioni di ossido di azoto (Nox). La ONG deplora il fatto che queste informazioni restino “segrete” e comunicate esclusivamente a degli organismi di controllo nazionali, “discreditate” dal dieselgate che ha mostrato come i costruttori arrivino a diminuire i controlli per far si’ che le emissioni siano considerate meno importanti per i gas inquinanti.

(estratto da un articolo pubblicato sul quotidiano Le Monde del 11/10/2017)
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