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Una legge sulla Giustizia fatta dalla politica e non dalla magistratura
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Articolo di Nicola Cariglia
3 agosto 2021 8:08
 
“Chi disprezza compra”. E come se comprerebbero, Travaglio e tutti gli assatanati dalle manette e dalle chiavi buttate dopo avere chiuso i cancelli delle celle. Ci starebbero ad avere segnato un punto come quello di Draghi e della ministra Cartabia, che loro chiamano “riformetta” quando devono fare bella figura. Oppure “schiforma” quando sono fuori controllo e parlano come mangiano.
Per capire che cosa sono riusciti a portare a casa il presidente banchiere e la Guardasigilli presidente emerita della Corte Costituzionale, basti pensare che per la prima volta, su un provvedimento di questa natura, la classe politica ha deciso indipendentemente dalla Magistratura organizzata. Addirittura, nonostante la sua manifesta contrarietà. Non succedeva da trenta anni. Se in altre circostanze ci fosse stato lo stesso coraggio, la storia italiana sarebbe stata diversa. La pratica democratica non sarebbe caduta così in basso e nemmeno il prestigio della classe politica.

L’attenzione dei giornali e dei partiti si è concentrata a torto tutta sulla questione della prescrizione. E’ più facile, così, tirare la coperta tutta dalla propria parte: per dimostrare, se si è giustizialisti, che la legge Cartabia lascia praterie libere all’impunità di corrotti e mafiosi; oppure, al contrario, che continueranno i processi infiniti come spada di Damocle eternamente sospesa sul capo degli imputati. In realtà la improcedibilità viene graduata, in Appello e in Cassazione a seconda della gravità dei reati e la complessità delle indagini e, addirittura escludendo i reati più gravi, quelli imprescrittibili e sanzionati con l’ergastolo.
Inoltre (ed è la parte più importante della legge, anche se quasi ignorata dal dibattito fra le parti interessate a scatenare una guerra incivile) la legge si preoccupa di vari altri aspetti assai rilevanti per la velocità dei processi e per le persone coinvolte. Ci sarà un regime transitorio per consentire agli uffici giudiziari di organizzarsi, con l’assunzione di 20mila assistenti e addetti amministrativi. Deposito degli atti e notifiche potranno arrivare per via telematica. E, sempre allo scopo di snellire i processi, sono previsti il contenimento dei tempi delle indagini, si potrà chiedere il rinvio a giudizio solo se gli elementi acquisiti consentano una «ragionevole previsione di condanna», altrimenti scatterà il non luogo a procedere. E la durata massima delle indagini sarà in proporzione alla gravità del reato. E ancora: il diritto all’oblio per gli indagati prosciolti, l’incremento delle pene alternative alle affollatissime carceri.

Certo, non è la panacea. Ma nemmeno acqua fresca. E che ciò sia stato possibile, significa che il clima è cambiato. Qualcuno ha avuto il coraggio di dimostrare che non è obbligatorio restare nelle mani dei mozzaorecchi e dei loro trombettieri mediatici, nemmeno se si legifera in tema di giustizia. Sembra certo che il Parlamento non modificherà il testo del governo, peraltro definito dopo ampie consultazioni con le forze politiche. Del resto quasi a ciascuno è toccato il suo, per fare bella figura con i propri elettori: a Salvini il modo di interpretare il ruolo abituale di Capitan Fracassa; alla Meloni di dire, come sempre, il suo no a prescindere; a Berlusconi di ribadire il suo garantismo; ai 5 Stelle di promettere sfracelli senza poi mantenere la promessa; e al PD di apparire, ancora una volta una sorta di spalla del trio Conte-Grillo-Di Maio. Contenti loro!
(Pensalibero)
 
 
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