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Liliana Segre che 'dice la verità che ha nel cuore'
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Articolo di Annapaola Laldi
30 novembre 2022 0:46
 
 Liliana Segre “dice la verità che ha nel cuore”.
Questa è una delle qualità che rendono l’essere umano degno di “abitare nella tua tenda, oh Signore/ di dimorare sul tuo santo monte”, come si legge (v. 2b) in quella sorta di decalogo pratico che è il salmo 15, una delle 150 preghiere contenute nel libro dei Salmi delle Scritture ebraiche che compongono la prima parte della Bibbia tout court.
 
Riascoltando, e lavorando a ricostruire il discorso integrale di Liliana Segre, tenuto il 13 ottobre scorso, nella sua qualità di Presidente provvisoria del Senato, mi sono sempre più convinta di quanto esso sia diretto e onesto. Di una meravigliosa chiarezza, sottolineata  da una voce ferma, pacata, gentile, che non nasconde niente del dolore da lei vissuto per La sola colpa di essere nati, come dice il titolo di un libro contenente la sua conversazione con Gherardo Colombo.
 
Ci sarebbero tante cose da sottolineare in questo discorso, che secondo me resta assolutamente attuale anche oggi a quasi due mesi di distanza, ma metto in evidenza solo questo passaggio “Il valore simbolico di questa circostanza casuale si amplifica nella mia mente, perché, vedete, ai miei tempi la scuola iniziava in ottobre ed è impossibile per me non provare una specie di vertigine, ricordando che quella stessa bambina, che in un giorno come questo del 1938 fu costretta dalle leggi razziste a lasciare vuoto il suo banco della sua scuola elementare - quella stessa bambina oggi si trova, per uno strano destino, addirittura sul banco più prestigioso del Senato”.
 
Perché ho scelto questo passaggio? Perché, nel fornirci un dato fondamentale della dolorosa e prodigiosa avventura umana di Liliana Segre, esso ammonisce, al contempo, che mai niente nella vita è sicuro, è stabile – né la sofferenza né il successo. Chi ha orecchi da intendere, intenda.
 
Una breve informazione a proposito della trascrizione del discorso nella sua integralità.
Per quanto in rete abbia trovato diverse proposte di “discorso integrale”, ho potuto appurare che ciascuna di esse conteneva omissioni o riassunti, e così ho riascoltato più volte il discorso, completando ciò che mancava, a tal punto che adesso ho la soddisfazione e l’onore di proporre qui sotto il vero testo integrale del discorso di Liliana Segre trascritto direttamente dal video della prima seduta del Senato della Repubblica il 13 ottobre 2022 (purtroppo il video può essere preceduto da pubblicità!)
 
“Colleghe senatrici, colleghi senatori, rivolgo il più caloroso saluto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e a quest’aula. Con rispetto rivolgo un pensiero a papa Francesco. Certa di interpretare i sentimenti di tutta l’Assemblea, desidero indirizzare al Presidente emerito Giorgio Napolitano, che non ha potuto presiedere la seduta odierna, i più fervidi auguri nella speranza di vederlo tornare presto, ristabilito, in Senato.
Il Presidente Napolitano mi incarica di condividere con voi le queste sue parole. ‘Desidero esprimere a tutte le senatrici e senatori, di vecchia e nuova nomina, i migliori auguri di buon lavoro al servizio esclusivo del nostro Paese e dell’istituzione parlamentare, ai quali ho dedicato larga parte della mia vita’.
Anch’io, ovviamente, rivolgo un saluto particolarmente caloroso a tutte le nuove colleghe e i nuovi colleghi, che immagino sopraffatti dal pensiero della responsabilità che li attende e della piena solennità di quest’aula, come fu per me quando vi entrai per la prima volta in punta di piedi.
Come da consuetudine, vorrei però esprimere alcune brevi considerazioni personali.
 
Incombe su tutti noi l’atmosfera agghiacciante della guerra, tornata nella nostra, vicino a noi, con tutto il suo carico di morte, distruzione, crudeltà, terrore in una follia senza fine.  Mi unisco alle parole puntuali del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella  ‘La pace è urgente e necessaria, la via per ricostruirla passa dal un ristabilimento della verità, del diritto internazionale, della libertà del popolo ucraino’.
 Oggi sono particolarmente emozionata di fronte al ruolo, che in questa giornata la sorte mi riserva. In questo mese di ottobre, nel quale cade il centenario della Marcia su Roma che dette inizio alla dittatura fascista, tocca proprio a me assumere momentaneamente la presidenza di questo tempio della democrazia che è il Senato della Repubblica.
Il valore simbolico di questa circostanza casuale si amplifica nella mia mente, perché, vedete, ai miei tempi la scuola iniziava in ottobre ed è impossibile per me non provare una specie di vertigine, ricordando che quella stessa bambina, che in un giorno come questo del 1938 fu costretta dalle leggi razziste a lasciare vuoto il suo banco della sua scuola elementare - quella stessa bambina oggi si trova, per uno strano destino, addirittura sul banco più prestigioso del Senato.
  
Il Senato della XIX Legislatura è un’istituzione profondamente rinnovata, non solo negli equilibri politici e nelle persone degli eletti, non solo perché hanno potuto votare per questa Camera  anche i giovani dai 18  ai 25 anni, ma soprattutto perché, per la prima volta, gli eletti sono ridotti a 200. L’appartenenza a un così rarefatto consesso non può che accrescere in tutti noi la consapevolezza che il Paese ci guarda, che grandi sono le nostre responsabilità, ma, al tempo stesso, grandi sono le opportunità di dare l’esempio. Dare l’esempio vuol dire non solo fare il nostro semplice dovere, cioè adempiere al nostro ufficio con disciplina e onore, impegnarsi per servire le istituzioni e non servirsi di esse. Potremmo anche concederci di lasciare fuori da questa assemblea la politica urlata che tanto ha contribuito a far crescere la disaffezione dal voto, interpretando, invece, una politica alta e nobile che, senza nulla togliere alla fermezza dei diversi convincimenti, dia prova di rispetto per gli avversari dia prova di rispetto per gli avversari. Sia apra sinceramente all’ascolto, si esprima con gentilezza, perfino con mitezza.
 
Le elezioni del 25 settembre hanno visto, com’è giusto che sia, una vivace competizione tra i diversi schieramenti che hanno presentato al paese programmi alternativi e visioni spesso contrapposte . Il popolo ha deciso - è l’essenza della democrazia. La maggioranza uscita dalle urne ha il diritto/dovere di governare; le minoranze hanno il compito altrettanto fondamentale di fare opposizione. Comune a tutti deve essere l’imperativo di preservare le istituzioni della Repubblica, che sono di tutti, che non sono proprietà di nessuno, e devono operare nell’interesse del Paese, che devono garantire tutte le parti.

Le grandi democrazie mature dimostrano di essere tali se, al di sopra delle divisioni partitiche e dell’esercizio dei diversi ruoli, sanno ritrovarsi unite in un nucleo essenziale di valori condivisi, di istituzioni rispettate, di emblemi riconosciuti.
In Italia il principale ancoraggio, attorno al quale deve manifestarsi l’unità del nostro popolo, è la Costituzione Repubblicana che, come dice Piero Calamandrei, non è un pezzo di carta ma il testamento di centomila morti caduti nella lunga lotta che non inizia nel settembre 1943, ma che vede idealmente come capofila Giacomo Matteotti.

Il popolo italiano ha sempre dimostrato un grande attaccamento alla sua Costituzione, l’ha sempre sentita amica. In ogni occasione, in cui sono stati interpellati, i cittadini hanno sempre scelto di difenderla, perché da essa si sono sentiti difesi. E anche quando il Parlamento non ha saputo rispondere alla richiesta di intervenire su normative non conformi ai principi costituzionali, e purtroppo questo è accaduto spesso, la nostra Carta Fondamentale ha consentito comunque alla Corte Costituzionale e alla Magistratura di svolgere un prezioso lavoro di applicazione giurisprudenziale, facendo sempre evolvere il diritto. Naturalmente anche la Costituzione è perfettibile e può essere emendata come essa stessa prevede all’articolo 138. Ma consentitemi di osservare che, se le energie che sono state spese per cambiare la Costituzione, peraltro con risultati modesti, talora peggiorativi, fossero state invece impiegate per attuarla, il nostro sarebbe un Paese più giusto e anche più felice.

Il pensiero corre inevitabilmente all’articolo tre, nel quale i Padri e le Madri costituenti non si accontentarono di bandire quelle discriminazioni basate su sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali, che erano state l’essenza dell’ancien régime. Essi vollero anche lasciare un compito perpetuo alla Repubblica: rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori ala organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Non è poesia e non è utopia: è la stella polare che dovrebbe guidarci tutti, anche se abbiamo  programmi diversi per seguirla. Rimuovere gli ostacoli!

Le grandi nazioni, poi, dimostrano di essere tali anche riconoscendosi coralmente nelle festività civili.
Perché mai queste dovrebbero essere vissute come divisive anziché vissute con spirito Repubblicano? 25 aprile, festa della Liberazione, 1 maggio, festa del Lavoro, 2 giugno, festa della Repubblica: anche su questo tema della piena condivisione delle feste nazionali, delle date che scandiscono un patto tra le generazioni, tra memoria e futuro, grande potrebbe essere il valore dell’esempio, di gesti nuovi e magari inattesi. Altro terreno nel quale è auspicabile il superamento degli steccati e l’assunzione di una comune responsabilità è quello della lotta contro la diffusione del linguaggio dell’odio, contro l’imbarbarimento del dibattito pubblico e contro la violenza dei pregiudizi e delle discriminazioni.

Permettetemi di ricordare un precedente virtuoso nella passata Legislatura, i lavori della Commissione Straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, istigazione all’odio e alla violenza. Questi lavori si sono conclusi con l’approvazione all’unanimità di un documento di indirizzo, segno di una consapevolezza e di una volontà trasversale agli schieramenti politici, che è essenziale che permangano.

Concludo con due auguri: mi auguro che la nuova Legislatura veda un impegno concorde di tutti i membri di questa assemblea per tenere alto il prestigio del Senato, tutelare in modo sostanziale le sue prerogative, riaffermare nei fatti, e non a parole, la centralità del Parlamento. Da molto tempo viene lamentata da più parti una deriva, una mortificazione del ruolo del potere legislativo, a causa dell’abuso della decretazione d’urgenza e del ricorso al voto di fiducia. E le gravi emergenze, che hanno caratterizzato gli ultimi anni, non potevano che aggravare la tendenza. Ma nella mia ingenuità di madre di famiglia, ma anche secondo il mio fermo convincimento, credo che occorra interrompere la lunga serie di errori del passato, e per questo basterebbe che la maggioranza si ricordasse degli abusi, che denunciava da parte dei governi quando era minoranza, e che le minoranze si ricordassero degli eccessi che imputavano alle opposizioni quando erano loro a governare. Una sana e leale collaborazione istituzionale, senza nulla togliere alla fisiologica distinzione dei ruoli, consentirebbe di riportare gran parte della produzione legislativa nel suo alveo naturale, garantendo, al tempo stesso, tempi certi per le votazioni.

Auspico infine che tutto il Parlamento sappia mettere in campo, in collaborazione col Governo, un impegno straordinario e urgentissimo per rispondere al grido di dolore che giunge da tante famiglie e da tante imprese che si dibattono sotto i colpi dell’inflazione e dell’impennata dei costi dell’energia, che vedono un futuro nero, che temono che diseguaglianze e ingiustizie si dilatino ulteriormente, anziché ridursi. In questo senso avremo sempre a nostro fianco l’UE con i suoi valori e la concreta solidarietà di cui si è mostrata capace negli ultimi anni di grave crisi sanitaria e sociale.. Non c’è un momento da perdere. Dalle istituzioni deve venire il segnale chiaro che nessuno verrà lasciato solo, prima che la paura e la rabbia possano raggiungere livelli di guardia e tracimare. 
Senatrici e senatori, cari colleghi, buon lavoro!"

 
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