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Mascolinità tossica. Una conferenza internazionale a Stoccolma
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Articolo di Redazione
17 maggio 2018 18:11
 
 “Non si nasce uomini, lo si diventa”, E’ con queste parole, parafrasando Simone de Beauvoir, che Nathan Hamelberg della ONG svedese «Män för jämställdhet» (Uomini per l’uguaglianza) lancia la video produzione per la «machofabriken» (la macho fabbrica). Il nome della iniziativa, proposta nelle scuole svedesi, e’ ingannevole:non si tratta di creare dei maschi, in quanto tali, ma di lottare contro le norme e gli stereotipi di genere. Sullo schermo, un uomo in mutande si vede sopra un tapis roulant. Prende i mattoni che arrivano verso di lui per costruire un muro che l’imprigioni. Su ognuno di questi, una parola: “aggressivo”, “competitivo”, “decisionista”, “forte”, “sportivo”, “sudato”…
Nella sala, lo scorso 16 maggio, dei rappresentanti istituzionali, funzionari e attivisti, riunitisi a Stoccolma nell’ambito della Conferenza internazionale sugli uomini e l’uguaglianza delle possibilita’ (ICMEO). In programma: come coinvolgere ragazzi e uomini nella lotta per l’uguaglianza tra i sessi, ma anche la trasformazione di norme di genere, in particolare della mascolinita’.
Le donne, non le uniche vittime
La materia e’ delicata. Il movimento #metoo ha certamente “rotto il silenzio dell’impunita’” e “contestata la nozione fondamentale di cio’ che vuol dire essere uomo”, dice Lopa Banerjee, del programma “Un Women”. Ma complica molto le cose, ricorda Ben Hurst, dell’associazione britannica “Good lad initiative”: Molti giovani uomini sono sulla difensiva, hanno l’impressione che li si giudichi, e non e’ un buon punto di partenza per la discussione”.
Pertanto, le donne non sono le sole vittime di questa mascolinita’ cosiddetta “tossica”, definita tale alla nascita da norme e pregiudizi, che chiedono che un uomo “abbia sempre il controllo della situazione, non abbia mai bisogno di aiuto, ne’ di amici fidati, e che ami piu’ il sesso che le donne”, dice Gary Barker, presidente della ONG Promundo in Usa e co-fondatore dell’organizzazione “Men engage”, che mette insieme 700 associazioni in 80 Paesi.
Uno studio svedese ha mostrato che i ragazzi che rispondono a questo tipo di caratteristiche, hanno quattro volte in piu’ la possibilita’ di essere violenti. Un altro indica che i ragazzi esposti alla violenza durante la crescita, corrono 2,5/3 volte in piu’ il rischio di essere violenti contro le donne quando diventano adulti. “E’ la dimostrazione che non e’ sufficiente sbarazzarsi delle Harvey Weinstein, ma bisogna fae della prevenzione”, dice Baker.
E ricorda: il 70% dei suicidi nel mondo sono da parte di uomini: essi rappresentano in Usa due terzi delle vittime di overdose di oppiacei, “non perche’ i loro corpi sono meno resistenti rispetto a quelli delle donne, ma perche’ essi soffrono nell’essere soli, perche’ quando non si attengono ad una certa visione della mascolinita’, si isolano”; la loro speranza di vita e’ sei anni di meno rispetto a quella delle donne.
Una cinquantina di gruppi di discussione
Le ragioni per agire. Comunque, diversi giovani non si riconoscono in questa mascolinita’, dice Ben Hurst: “Essi si sentono alieni rispetto alle norme di genere e alle responsabilita’ che pesano sulle loro spalle”. In Svezia, #metoo ha aperto i rubinetti. Dall’autunno del 2017, una cinquantina di gruppi di discussione per uomini sono stati creati.
“Il problema e’ che noi siamo molto bravi ad indirizzarci verso gli uomini progressisti, che sono portati ad ascoltare i nostri messaggi, ma abbiamo non poche difficolta’ a discutere con coloro che si sentono minacciati da cio’ che noi diciamo”, nota Baker. In Usa, la sua ONG ha quindi scelto di porre la questione della salute mentale degli uomini, piuttosto che discutere della necessita’ di ridefinire le norme della mascolinita’.
Nello stesso modo, nella comune di Botkyrka, a sud-ovest di Stoccolma, la municipalita’ ha organizzato un programma che affronta la questione della violenza nella scuola. In pratica, si tratta di lottare contro gli stereotipi. Gli insegnanti delle scuole, a livello volontario seguono dei corsi di formazione tutti i mesi, e poi organizzano dei corsi in classe coi loro alunni, che sono incoraggiati ad agire e a non restare “spettatori” di fronte agli atti di bullismo inflitti ad un compagno, in virtu’ per esempio della sua differenza.
Sopprimere le norme
Gli alunni della primaria guardano un film: un ragazzo, con vestiti amorevoli e piccoli pony, diventa bersaglio di tutte le beffe e cattiveria dei bambini della sua scuola, dei loro genitori, degli insegnanti: suo padre non capisce; i suoi genitori litigano fra di loro in modo sempre piu’ violento, fino a quando il padre si veste come il figlio per andarlo a cercare alla scuola. Mantha Kasagianni, coordinatrice del progetto, riconosce che alcuni insegnanti sono scettici: “Noi parliamo a lungo con essi e alcuni scelgono di non far piu’ vedere il film alla loro classe, ma quando si rendono conto della qualita’ delle discussioni che questo film scatena, finiscono spesso per cambiare idea”.
Alla sola idea che vogliamo "trasformare gli uomini in donne", evocato spesso da coloro che si oppongono ad una discussione sulla mascolinita’, Gary Baker ride: “Non credo che sia mai accaduto!”. E aggiunge: “Si vuole che gli uomini si facciano carico della meta’ delle faccende domestiche. Questo non comporta di provare a sedurre una donna o di provare ad avere con lei una relazione sessuale. Ma la mia mascolinita’ non e’ minacciata se e’ la donna che propone, mi tiene la porta o paga al ristorante”-
Importante e’ che ognuno possa diventare cio’ che vuole essere, aggiunge Ben Hurst: “Ci si accusa di voler fare qualcosa del tipo che tutto il mondo sia allo stesso modo. Se si sopprimono le norme, le persone potranno essere diverse”.

(articolo di Anne-Françoise Hivert, inviata speciale a Stoccolma, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 17/05/2018)
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