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 MONDO - MONDO - Mondo. Ennesima lotta fra comitati etici, leggi e compagnie biotech
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Articolo di Cinzia Colosimo
26 giugno 2003 18:41
 
Ennesima lotta fra comitati etici, leggi e compagnie biotech. Questa volta i protagonisti sono molti, vengono dai Paesi cosiddetti "civilizzati", possiedono nozioni scientifiche di alto livello e grandi capacita' economiche. Un buon mix insomma.
L'11 giugno una compagnia biotech olandese, la Crucellha annunciato con un comunicato stampa, la sua intenzione di iniziare una serie di sperimentazioni con parti di feti umani, per mettere a punto un vaccino contro il virus del Nilo Occidentale (West Nile Disease), una forma di encefalite trasmessa dalle zanzare.
Inizialmente la Crucell aveva deciso di comprare delle cellule fetali da una compagnia australiana, la Parexel International Corp., in quanto, secondo un rapporto della Food and Drug Administration, la Nuova Zelanda e l'Australia sono Paesi nei quali il rischio della forma umana di BSE (Morbo di Creutzfeld-Jakob) era pari a zero. La BSE potenzialmente e' trasmissibile da madre a feto, per cui, avendo bisogno di materiale biologico il piu' possibile sano, la compagnia olandese si era direttamente rivolta verso questi due Paesi. Le reazioni pero' si sono rivelate ben diverse dal previsto.
In Nuova Zelanda, nella capitale Wellington, un comitato etico si e' riunito, per decidere se dare o meno l'approvazione al progetto, e per valutare alcuni degli aspetti pratici piu' evidenti, come l'uso, il consenso e il pagamento. "Questo tipo di ricerca e' nuova per la Nuova Zelanda, e anche se con dei precisi intenti di ricerca, richiede lo scrutinio di un apposito comitato etico", ha dichiarato John Coughlan, responsabile di un comitato regionale, che ha poi sottolineato come nel suo Paese non vi sia una specifica normativa per quanto riguarda l'uso di materiale fetale per la ricerca. Tanti dubbi, tante domande, e alla fine il comitato si e' espresso per un netto "no". I motivi sono appunto la mancanza di una legislazione chiara in materia e qualche perplessita' etica.
Per l'Australia pressappoco lo stesso discorso. Il comitato etico del Queen Elizabeth Hospital ha analizzato il progetto, ma secondo alcune indiscrezioni sembra che il gruppo abbia delle "serie riserve". Un componente del comitato, che non ha voluto far sapere il suo nome, ha dichiarato che abitualmente il consiglio tende ad esaminare il tipo di ricerca, i possibili benefici, i dettagli, il materiale e le persone coinvolte. La conclusione? "Il comitato non e' dell'idea di approvare questo progetto". Addirittura sembra che "nonostante ulteriori revisioni, la possibilita' che il consiglio approvi un procedimento del genere sembra molto molto lontana". Alcune delle problematiche sollevate riguardano innanzitutto il fattore "consenso informato". E' necessario infatti che la madre del feto abortito dia la sua disponibilita' nel permettere che il feto stesso venga destinato alla ricerca. Disponibilita' piu' che ovvia, dal momento che il materiale di feti abortiti, essendo biologicamente morto, in medicina viene equiparato ad un qualunque organo di adulti espiantato da cadaveri.
Il secondo problema riguarda il pagamento. "Quanto? A chi andra' il denaro? All'ospedale o alla famiglia? E che uso ne verra' fatto?" Tutte domande comprensibilissime e giuste, ma sostanzialmente poco utili, se non fuorvianti. Una decina di anni fa circa infatti, il National Health and Medical Reserach Council australiano, pubblico' una serie di linee guida sull'uso dei tessuti di feti abortiti. In uno dei punti era espressamente specificato che "nel trasferimento di materiale biologico fetale non sarebbe dovuto comparire il fattore commercio". Chiaro e comprensibile. Le due condizioni fondamentali per l'uso di tessuti fetali sono la non lucrabilita' e il consenso informato. Condizioni, che nel caso specifico della Crucell, erano presenti. La compagnia olandese infatti, avendo saputo della decisione del comitato australiano, ha dichiarato tramite la sua portavoce Louise Dolfing che lo scopo per il quale vogliono ottenere quel materiale, "e' per sviluppare vaccini che possono salvare vite umane", e che quindi, dato che la legislazione non lo permette, non pagheranno nessuno per ottenerlo.
Allora quali sono le ragioni di questo "no" senza alternative? I movimenti pro-life hanno una forte influenza in Australia, contano sull'appoggio di un largo target di persone, oltre che della classe clericale e cattolica. Quando sono venuti a sapere del progetto in corso, hanno subito gridato al "traffico di pezzi umani", al "mercato dei bambini", suscitando, a torto, lo sgomento e l'indignazione generale. E' estremamente probabile che i comitati etici abbiano subito forti pressioni da questi gruppi, e che alla fine, per il "quieto vivere", abbiano deciso per il "no". E come accade troppo spesso, chi ci rimette in prima persona, sono gli scienziati che si ritrovano con migliaia di ricerche da sviluppare e carenza di materiale biologico sul quale lavorare.
La Crucell per ora non ha rilasciato ancora nessun commento, ne' ha fatto sapere se intende proporre il progetto in altri Paesi e ad altre compagnie. Gira e rigira pero', i muri sui quali ci si scontra, sono sempre gli stessi. E sono muri che si nutrono di "detto-non-detto", di cavilli, di burocrazia, di emotivita', di quelle innumerevoli componenti irrazionali che hanno un irresponsabile potere decisionale.
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