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 MONDO - MONDO - Mondo. L'unione fa la forza
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Articolo di Cinzia Colosimo
26 giugno 2003 19:00
 
"L'unione fa la forza", recita il proverbio. E l'unione funziona quando un tot di persone decide di fare qualcosa insieme. Di mettere insieme idee, progetti, conoscenze, soldi al fine di ottenere un risultato che, da soli, non si sarebbe mai ottenuto. Un po' come succede nella globalizzazione. Le persone mischiano razze, culture storie e istruzioni diverse, creando una bella miscela che a volte funziona e a volte no. Nel campo della ricerca scientifica questa miscela e' indispensabile. Il mondo della scienza e' un continuo divenire, che non puo' focalizzarsi solo su un problema alla volta, e che tantomeno, puo' contare solo su un ricercatore alla volta.
Puo' sembrare un principio scontato, ma nella realta' delle cose e' ben difficile realizzarlo. Ci sono ostacoli di natura politica, economica, culturale; non tutti i Paesi sono in grado di offrire il loro apporto alla ricerca, e quelli che sono in grado di farlo, tendono spesso a chiudersi nel loro microcosmo con la paura che qualcun altro possa "rubare" le loro scoperte.
Quando pero' si riescono a creare dei coordinamenti organizzati e aggiornati, le conseguenze sono ben visibili. Il Brasile e l'India ad esempio tempo fa firmarono un accordo per la ricerca sulle biotecnologie e gli ogm; Svezia e Usa, Singapore e Gran Bretagna, mondi culturalmente distanti anni luce che, grazie alle vie di comunicazione e allo stesso fenomeno della globalizzazione, sono riusciti ad ottenere risultati notevoli. Ma i singoli esempi non bastano. E non basta neanche la buona volonta' di qualche istituto di ricerca, o di un singolo Governo.
Soprattutto per quanto riguarda la ricerca sulle cellule staminali. In questo nuovo settore le conoscenze sono ancora scarse, ma ancor piu' scarso e' il materiale sul quale lavorare. Cio' che realmente occorre e' un serio progetto di cooperazione internazionale. Sulla scia dell'Human Genome Project ad esempio.
Secondo Roger Pedersen, professore di medicina rigenerativa e direttore del Centre for Stem Cell Biology and Medicine presso l'University of Cambridge, sono essenzialmente 4 i punti che dovrebbero stare alla base della ricerca scientifica sulle staminali:

1- Le tecniche e i materiali devono essere il piu' possibile standardizzati. Se i parametri che lo scienziato di Pechino usa per lavorare sono gli stessi del ricercatore svedese, la comparazione e l'assimilazione delle nuove nozioni con quelle gia' acquisite, saranno molto piu' semplici e costruttive.
2- Qualsiasi sforzo, ricerca, lavoro, deve essere di complemento per gli altri. Un progetto non deve mai essere fine a se stesso, ma deve poter contribuire ad altri lavori gia' avviati. Anche se in ambiti diversi, una nuova scoperta e' un tassello importante, mai da sottovalutare. Nel campo della cooperazione internazionale e' possibile ad esempio valutare quali sono le malattie piu' facili da sconfiggere, per poi suddividere il lavoro con dei gruppi specializzati, in un dare-avere di informazioni e conoscenze preziose.
3- E' necessario imparare il valore della rapidita'. Nella scienza, come nella tecnica, le scoperte spesso si accavallano, si sovrappongono e lasciano poco tempo alle elucubrazioni fini a se stesse. Per una ricerca organizzata globalmente e' indispensabile saper stare al passo con i ritmi e i bisogni degli altri scienziati. Per soddisfare tali bisogni sono necessarie nuove tecnologie per la coltivazione e l'estrazione di linee cellulari, nonche' per la conservazione e l'esportazione.
4- La trasparenza delle scoperte deve guidare l'intera cooperazione internazionale. Se l'attuazione di un programma ha come fine il bene pubblico, e' controproducente avere un atteggiamento protezionista nei confronti delle scoperte, delle risorse umane, o delle nuove tecnologie. Nessun Paese da solo e' in grado di fornire risposte complete o soluzioni perfette, semplicemente perche' il piano d'azione e' troppo grande. Un progetto internazionale e' necessario.

Gli istituti di ricerca stanno iniziando a riconoscerlo. Nella prima settimana di giugno si e' tenuto il primo Meeting Internazionale per la Ricerca sulle Cellule Staminali, organizzato dal UK Medical Research Council, dove finalmente e' stato fatto il punto della situazione per quanto riguarda le problematiche logistiche e pratiche, tralasciando, seppur in parte, gli aspetti etici della ricerca, che troppo spesso frenano e spostano l'attenzione dai problemi reali. Quali sono quindi i problemi reali? Il materiale innanzitutto. La scarsita' di linee cellulari disponibili e' una grossa carenza che colpisce indistintamente tutti. Gli scienziati sono costretti a farsi spedire le staminali da posti lontani migliaia di chilometri, con i rischi e i costi che questo comporta. Tutto perche' magari, nel loro Paese di origine, e' vietato lavorare sugli embrioni, o perche' forse il Governo predilige la via del procrastinare all'infinito. E qui scatterebbe il ruolo della cooperazione internazionale. Un archivio comune di materiale biologico, ma anche di informazioni e di ricerche, sarebbe la soluzione ottimale, la fonte comune a cui gli scienziati potrebbero attingere. Ma cooperazione significa anche aggiornamento continuo. Quindi meeting a scadenza regolare, che permetterebbero di conoscere i nuovi protagonisti, i problemi inaspettati, le situazioni legislative dei vari Paesi.
Il fine ultimo di questi progetti, sostanzialmente, riflette il fine ultimo della scienza. Che non e' solo trovare cure per le malattie, ma la piu' profonda aspirazione di trovare la risposta ai meccanismi della vita umana.
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