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Nuovo reato europeo? L'inutilita' delle istituzioni comunitarie e le necessita' di una nuova politica
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Articolo di Vincenzo Donvito
10 agosto 2001 16:00
 
"La droga e' un fenomeno che incide in vario modo sul tessuto sociale, economico ed organizzativo della nostra societa' e che minaccia, direttamente o indirettamente, la salute e la sicurezza collettiva ed individuale, nonche' la qualita' della vita dei cittadini. La droga costituisce una delle maggiori preoccupazioni dei cittadini europei." Questo e' l'incipit dell'introduzione alla relazione sulla proposta di "decisione quadro del Consiglio riguardante la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni applicabili in materia di traffico illecito di stupefacenti". Cioe' la Commissione di Bruxelles ha deciso di metter mano all'enorme differenza che oggi vige nelle varie legislazioni nazionali in materia di droghe illegali ... e non poteva farlo che con il suo metodo e, soprattutto, con le sue proposizioni che, per quanto riguarda il contesto giuridico "si conviene che le citate disposizioni non comportano l'obbligo di adottare pene minime per lo Stato membro il cui ordinamento giuridico non le prevede". Che sta a significare che loro redigono queste norme, ma che in sostanza ognuno puo' continuare a fare come crede, perche' la sovranita' nazionale, com'e' noto, non e' stata ancora abolita pur nel cosiddetto avanzato processo di integrazione europea che, gia' dall'anno prossimo, ci vedra', per esempio, con due monete nelle tasche. Ma l'economia e' l'economia, e l'organizzazione dello Stato, le liberta' civili e, soprattutto, la certezza del diritto sono cose che il contesto comunitario tratta come un optional rispetto a tutte le Carte, Dichiarazioni, Statuti e affini a cui non si stancano mai di fare riferimento ad ogni pie' sospinto. Per coronare questa impostazione, nello specifico la Commissione ha deciso di occuparsi di cio' su cui tutti sono d'accordo, cioe' l'armonizzazione della punibilita' dei traffici illeciti, quando gli stessi sono a fini di lucro. La constatazione di partenza, che avvalora questo impegno, e' quantomeno disarmante: "nella maggior parte degli Stati membri il tossicodipendente che vende stupefacenti e', in linea di principio, considerato dalla legge alla stregua di un trafficante allo stesso titolo che qualsiasi altro venditore di stupefacenti. Tuttavia, nella pratica di tutti i Paesi, il rivenditore tossicodipendente e' punito con minore severita' se ha posto in essere il traffico a causa della sua condizione di dipendenza". E per seguire questa presa d'atto della differenza tra la giustizia scritta e quella applicata "la Commissione propone di escludere dal campo di applicazione della presente decisione quadro l'utilizzatore semplice che produce, acquista e/o detiene illegalmente stupefacenti per uso personale, e l'utilizzatore che procura stupefacenti ad altri senza fine di lucro (ad esempio qualcuno che cede stupefacenti a persone vicine senza realizzare guadagni)". Se qualcuno aveva sperato che l'Unione europea potesse servire a superare quelle che sono le attuali contraddizioni, e' bene che si ricreda: il compito di Bruxelles e' razionalizzare l'esistente. Per cui se tutte le leggi di tutti i Paesi fanno acqua (un po' meno ovviamente, quella olandese, spagnola e portoghese), continueranno ad esser tali, e se la repressione poliziesca del fenomeno continua ad essere l'unica risposta, con i risultati di accrescere i problemi che si vorrebbe risolvere, ecco che Bruxelles da' una mano in questo senso, contribuendo a razionalizzare la dannosita' di cio' che e' gia' dannoso. Entro il 2003 dovremmo avere queste nuove regole comuni (che ognuno puo' serenamente non rispettare ..), per continuare ad affrontare un fenomeno cosi' come non ha senso continuare (l'esempio del Canada con la recente legge sulla legalizzazione della cannabis terapeutica e' d'uopo). E il non-sense dell'Europa di Bruxelles e Strasburgo. Una conferma, invece, che le istituzioni che in questi anni abbiamo creato per affrontare i problemi che, in quanto tali, sono transnazionali (il parallelo con l'Onu di Pino Arlacchi e' conseguenzialmente spontaneo), non servono. Anzi. Per cui bisogna cercarne delle nuove. Nello scorso numero di "Notiziario Droghe" avevamo auspicato un approccio del problema a partire dal prossimo vertice canadese del G8, che' in quella sede lo stesso Canada, a quasi un anno di distanza dall'approvazione della sua nuova legge (e quindi con una serie di valutazioni sul campo degli effetti), ponesse il problema di un diverso approccio mondiale al fenomeno. Un'ipotesi che, visto l'andazzo di coloro che paghiamo per stare e fare a Bruxelles, diventa quantomeno doverosa.
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