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Onu/Italia/Laos. Pino Arlacchi e la sua politica dei diritti umani
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Articolo di Vincenzo Donvito
3 novembre 2001 21:45
 
Nella vicenda dei cinque radicali arrestati in Laos mentre manifestavano per la liberta' di espressione, e' entrata anche la droga. Ci ha pensato la famiglia di uno degli arrestati, Massimo Lensi (che e' anche un collaboratore di questo quotidiano), che in una lettera al Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ha chiesto che il recente finanziamento dell'Undcp concesso al Laos per la sua politica anti-droga sia condizionato al rispetto delle convenzioni internazionali che lo stesso Laos ha firmato in materia di diritti dei detenuti alla difesa, seguendo canoni di certezza del diritto.
La richiesta non e' rimasta per molto tempo inascoltata, tant'e' che il giorno stesso in cui e' stata formulata -oggi, con alcune anticipazioni di stampa di ieri sera- il direttore dell'Undcp, Pino Arlacchi ha detto: "chiedero' al segretario generale che le Nazioni Unite prendano posizione sulla vicenda".
Per quanto riguarda invece la richiesta di bloccare i progetti di riconversione delle coltivazioni di oppio, in corso in Laos, Arlacchi ha precisato di non avere alcuna autorita' in materia, in quanto l'Undcp e' soltanto l'agenzia esecutrice di progetti finanziati da Paesi donatori. "E' a questi Paesi che vanno rivolte le richieste di sospensione -ha detto Pino Arlacchi all'agenzia Ansa- e non alla mia agenzia".
Ma Il direttore dell'Uncdp ha ancora continuato: "e' bene ricordare (a proposito dei motivi che hanno indotto i cinque radicali a farsi arrestare in Laos -ndr) che noi combattiamo la stessa battaglia: le risorse da noi spese mirano a sostenere il rispetto dei diritti umani dei contadini poveri del Laos, per aiutarli ad uscire dal circuito della produzione di sostanze illecite, ed in definitiva sono risorse indirizzate anche a proteggere i diritti umani di nove milioni di consumatori di stupefacenti. Quello che facciamo in Laos e in tutte le parti del mondo dove operiamo, e' un'azione a difesa dei diritti umani dei soggetti deboli e poveri di questi Paesi. Non difendiamo nessun regime. Combattiamo la stessa battaglia ed e' bene che questo si sappia".
Non abbiamo modo di dubitare della buona fede dei principi enunciati dal direttore dell'Uncdp, ma ci domandiamo cosa ne penseranno quei contadini afghani che, aiutati dalla politica dei diritti umani di Pino Arlacchi, non avendo altre fonti di reddito dopo il divieto delle coltivazioni di oppio imposte dal Governo dei Taleban grazie ai contributi dell'Undcp, hanno ripreso a coltivarlo perche' quei soldi, probabilmente usati dai Taleban in altro modo, loro non li hanno visti. E cosa ne penseranno sempre quei contadini colombiani che, con l'uso della forza da parte dei terroristi della Farc, Eln e Auc, vengono costretti a lavorare nei campi di coca e papaveri da oppio, nonostante in quel Paese, oltre all'intervento umanitario dell'Undcp arrivano valanghe di aiuti militari e monetari con la politica Usa del Plan Colombia. E sempre per restare in ambito di contadini aiutati umanitariamente da Pino Arlacchi, ci chiediamo anche cosa penseranno quei contadini boliviani che, in assenza di colture alternative che possano soddisfare il loro minimo vitale, manifestano contro la loro condizione chiedendo che gli sia consentito un minimo di coltivazione di coca, e vengono falcidiati dai mitra dell'esercito boliviano che, non e' escluso, siano pagati anche con i soldi dell'Undcp.
Ci sembra cioe', che in questa "war on drugs" in rapporto con l'altra "daily war" (dove gli aspiranti al potere politico usano tutte le armi che le occasioni gli offrono), quelli che dovrebbero essere difesi sono invece quelli che ci rimettono. Da una parte perche' le colture alternative finanziate anche dai soldi dell'Undcp non riescono ad arrivare a soddisfare i loro bisogni; dall'altra perche' le politiche dell'Onu non debellano il fenomeno droga, ma favoriscono esclusivamente lo spostamento delle colture in zone "piu' sicure", lasciando la gestione nelle solite mani di una delinquenza organizzata che (i casi Bin Laden, Farc e Auc colombiane, sono solo i piu' eclatanti) si manifesta anche con pesanti tentativi di destabilizzazione di quel poco di ordine mondiale che abbiamo a disposizione: destabilizzazione che, ovviamente, va molto ben oltre i contadini laotiani, colombiani e boliviani che abbiamo citato.
C'e' qualcosa che non torna nel metodo, anche sotto la veste di politica dei diritti umani che Pino Arlacchi ha oggi presentato all'agenzia Ansa dal suo ufficio di Vienna. Ognuno gioca la sua partita, e ci sembra che quella del direttore dell'Undcp, non abbia niente di nuovo rispetto alla continua riaffermazione di un potere che, in materia, sta giocando solo a procrastinare se stesso, ora anche sulla pelle e sulla liberta' di quei cinque che sono nelle carceri del Laos. Ci auguriamo solo che Pino Arlacchi, siccome quando si occupa di droga "dove mette mano fa danno", non faccia succedere altrettanto per i radicali sequestrati a Vientane.
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