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Da ora: che fare? Continuare il lavorio delle formichine in un Paese perso... o quasi
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Articolo di Donatella Poretti
23 giugno 2005 20:27
 
Esattamente un anno fa avevamo manifestato tutte le nostre perplessita' sull'uso del referendum come strumento per modificare la legge 40. Inutile ripetere l'elenco delle difficolta' che erano facilmente prevedibili, dalla raccolta firme alla Corte Costituzionale, dalle campagne elettorali impraticabili dal punto di vista dell'informazione e della leglita' e da immaginabili date balneari per le votazioni fissate ad hoc per far mancare un quorum, gia' di suo impossibile visti i tanti referendum votati, vinti e traditi dal corpo parlamentare.
Inutile dire che una volta indetto il referendum l'avevamo sostenuto con tutte le nostre forze, di buono Si e' sicuramente vista una mobilitazione e un dibattito che nel Paese e' andato avanti per oltre un anno.
Alle preoccupazioni iniziali si sono aggiunte quelle di una offensiva della Chiesa cattolica romana senza eguali e per certi versi inaspettata, almeno in forme cosi' manifeste.
Di tutti i nostri timori sull'uso del referendum non avevamo previsto tuttavia quello maggiore, cioe' che qualcuno ne rivendicasse la vittoria. Credevamo, ingenuamente, che con una campagna sottotono si sarebbe fatto mancare il quorum, e poi tutti al mare. Mai, se non nelle ultime settimane, avremmo immaginato la scesa in campo delle truppe astensioniste dei laici credenti e dei fedeli della Cei, guidate e indirizzate direttamente dallo Stato del Vaticano e dalle ramificazioni in suolo italico.
Ad un anno di distanza occorre riconoscere con grave preoccupazione, che non solo non si sono vinti i referendum, ma si e' perso un importante appuntamento nella demolizione della legge 40 e a favore della costruzione della liberta' di ricerca scientifica. Se si fosse in un gioco dell'oca potremmo dire che dopo il lancio dei dadi e del referendum, siamo finiti nella casella "torna al via e stai fermo tre turni". Come dire, un vantaggio ulteriore agli altri giocatori di non poco conto.
Mentre riflettevo percio' sull'importanza di essersi gia' dati un primo appuntamento a Roma dal 17 al 19 giugno, con l'Assemblea dei Mille e con il "da ora: che fare?", per rivedersi e fissare nuovi obbiettivi e nuove strade da intraprendere, pensavo a cosa e' avvenuto nel resto del mondo in questo stesso anno 2004-2005. Mentre noi discettavamo se eliminare alcune proibizioni -quantomeno le piu' insopportabili della legge piu' restrittiva del nostro mondo- fuori si discuteva di quanto, quando e come uno Stato deve investire nella ricerca con le cellule staminali embrionali.
Una differenza davvero sostanziale. Noi, nella piu' rosea delle previsioni, avremmo eliminato ad esempio il divieto di fare ricerca con gli embrioni, cosa diversa dal prevedere un investimento in materia. Certo, era un primo passo necessario, si potra' replicare, ma che l'Italia sia un Paese perso su certe questioni sono molti gli esempi che lo stanno a testimoniare. Valga per tutti quello della pillola abortiva RU486. In Italia l'aborto e' legale, ma solo quello chirurgico e non quello farmacologico nonostante la legge 194 preveda l'aggiornamento delle tecniche. La casa produttrice non ha neppure mai chiesto l'autorizzazione ad entrare nel mercato italiano. Stessa cosa avrebbero pensato multinazionali e aziende del biotech. Con i tanti Paesi che favoriscono e supportano la ricerca, perche' investire in Italia, sede distaccata del Vaticano.
Tutto questo mentre la California decide di investire 3 miliardi di dollari nella medicina rigenerativa e nelle staminali embrionali. A ruota la in-seguono altri Stati, dal New Jersey al Michigan, dal Massachusetts al Connecticut, passando per lo Stato di Washington. Mentre il cancelliere Gerard Schroeder dice che la legge tedesca deve essere ammorbidita, che occorre dare una chance alla chance. Mentre la Francia con le pruderie della deroga dei cinque anni per fare ricerca sugli embrioni, inizia a mettere in piedi un sistema di agenzie e regolamentazioni. Mentre la Gran Bretagna per bocca del premier Tony Blair dichiara di voler essere la capitale delle staminali.
Mentre, mentre, mentre... in Italia pensiamo che sono presi tutti da un grado variabile di follia eugenetica, da smania creatrice dell'uomo che fabbrica l'uomo su misura. La vita va rispettata fin dal suo avvio e chi e' malato aspetti cure dall'estero o prepari le valigie. Nel dubbio che l'embrione sia qualcuno e non qualcosa, e' meglio confinarlo nel "cimitero di ghiaccio" e lasciarlo morire in santa pace. Tre embrioni da impiantare, ma non da congelare. Tanto poi l'aborto naturale puo' rimetter a posto le cose. La diagnosi preimpianto no, tanto dopo puo' esser fatta quella prenatale e ricorrere alla 194.
E ora? Occorre rimettersi al lavoro subito, da formichine. Gli avvocati verifichino la possibilita' dei ricorsi su casi eclatanti della legge 40 in contrasto con la salute della donna e dell'embrione. I medici e gli operatori non espatrino e non si adeguino a come rendere ancora fattibile la fecondazione assistita, si adoperino nel lavoro di lobbing per modificare lo status quo. E perche' no, si rendano pronti a possibili disobbedienze civili, od obiezioni di coscienza a fronte di una legge che li costringe ad agire contro la salute della donna. I ricercatori trovino i finanziamenti e acquistino staminali embrionali, avviino collaborazioni con chi le usa all'estero. I parlamentari non vadano in vacanza, e si preparino per le prossime elezioni a raccogliere il consenso di chi, nonostante tutto, e' andato a votare.
Per parte nostra proseguiremo nell'opera certosina di tenere le antenne aperte e di guardare cosa succede in Italia e nel resto del mondo sulle cellule staminali. Pronti ad aggiornare sulle ricerche e sulle politiche.
Ora, tutti insieme dovremmo dimostrare che quella maggioranza che si era detta contraria alla legge esiste ancora, e non si e' persa nel 75% di non votanti e di indifferenti a vario titolo.

Post Scriptum
C'e' sempre un aspetto positivo e avere visto i miei amici Severino Mingroni (clicca qui) o Piero Welby ( clicca qui) andare a votare, dare una lezione di educazione civica ai rappresentanti delle nostre istituzioni, quelli silenti e quelli che predicavano l'astensione e il non voto come esercizio massimo della democrazia, farebbe dire, ne valeva la pena!
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