Colpisce la quantità di persone che quest’anno usufruisce di servizi caritatevoli.A Roma e Milano, e non solo, abbiamo visto code molto lunghe, stanzoni con centinaia di persone per il cosiddetto pranzo di Natale. A parte i poveri “classici” che vanno a mangiare come alternativa al ciondolare e distendersi lungo la strade e sotto i portici, la maggior parte sono persone che hanno un qualche sussidio economico (al massimo poco più oltre 500 euro) ma colgono l’occasione per “risparmiare” e vanno a queste mense, non tutte - purtroppo per loro - con servizio quotidiano e oltre le feste natalizie.
Il governo ha fatto alcune iniziative per venire incontro a queste situazioni: essenzialmente il reddito di inclusione, il trimestre anti inflazione, condendo il tutto con una propaganda triste basata, per esempio, sul dire che i poveri mangiano meglio dei ricchi (ministro Agricoltura). Ma ha dimenticato alcune promesse elettorali tipo la pensione minima di 1.000 euro per tutti e il reddito alle casalinghe. E non ha affrontato il problema principale di tutti questi cittadini: la casa. Nulla di nuovo, visto che anche i governi precedenti, a parte piccole iniziative impercettibili (diverse a livello comunale), hanno sempre girato intorno al problema. La manovra finanziaria che sarà approvata nei prossimi giorni ha anche politiche sulla casa, ma non riguardano le persone che vanno a mangiare alle mense dei poveri.
Complicato occuparsi di questa fascia di popolazione al di là degli sporadici e intermittenti aiuti come quelli di sopra? Dipende dai punti di vista.
Stiamo parlando di 5,6 milioni di individui a fronte di una popolazione di quasi 60 milioni, poco più del 5%.
Chi governa, e non solo, deve decidere se questo 5% rappresenta un problema umano e di sicurezza che compromette il benessere del restante 95% della popolazione e di conseguenza intervenire.
In genere la politica affronta il problema con provvedimenti sempre insufficienti, fidando sul fatto che la carità individuale e le associazioni caritatevoli (molte religiose) suppliscono a questa sua mancanza anche se solo in termini di sopravvivenza di questi individui. Si è creato una sorta di alibi che aiuta ognuno ad essere se stesso: lo Stato a non fare più di tanto altrimenti provocherebbe l’ira dell’altro 95%, i privati che appagano le proprie spinte umanitarie, altruiste e religiose. Un alibi che oggi è diventato equilibrio.
Senza entrare in demagogie tipo “abbiamo sconfitto la povertà”, crediamo sia opportuno che chi ci governa e ci amministra, visto anche che i poveri sono in crescita, affronti di petto la situazione basandosi sul fatto che ogni povero in più è una sconfitta per qualunque politica produttivistica e di ordine pubblico… visto anche che la povertà, non solo fa crescere le file davanti alle mense, ma è foriera di mano d’opera per la delinquenza.
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