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A proposito di bicameralismo all'italiana e dei costituzionalisti
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Articolo di Pietro Yates Moretti
1 aprile 2014 13:40
 
 Dopo la proposta del Governo di trasformare il Senato della Repubblica in Senato delle Autonomie non eletto direttamente a suffragio universale, è puntualmente giunto un appello "dei costituzionalisti" che la addita come una "svolta autoritaria". Tale appello ha ricevuto anche consistenza politica a seguito dell'adesione di un importante forza politica, il Movimento 5 Stelle, che ha sottoscritto l'appello schierandosi a difesa del bicameralismo perfetto o paritario in cui Camera e Senato hanno funzioni e poteri essenzialmente identici.

Ma davvero i costituzionalisti sono schierati sul versante della conservazione dell'attuale sistema bicamerale? Se così fosse, sarebbe difficile non tenerne conto. 

I libri di testo utilizzati nelle facoltà di giurisprudenza, su cui si formano i futuri professori di diritto, avvocati, giudici, sono infarciti di critiche alle forze politiche nella loro funzione di "legislatore". La critica più insistente in tema di diritto costituzionale è riassunta nella frequentissima espressione "inerzia del legislatore", ovvero l'incapacità delle forze politiche di dare attuazione a riforme, anche costituzionali, che dottrina e giurisprudenza invocano da decenni. Un'accusa che, ironia della sorte, non proviene da ambienti rivoluzionari, ma da un mondo (quello dei giuristi) tendenzialmente conservatore, argine di scienza contro i possibili stravolgimenti dei principi fondamentali dell'ordinamento giuridico da parte delle forze politiche prevalenti.

In merito al bicameralismo all'italiana (esiste solo in Italia) in cui Camera e Senato sono nella sostanza "doppioni", ecco un tipico esempio di cosa studia uno studente al primo anno di giurisprudenza per l'esame di diritto costituzionale. Quello che segue è tratto da Istituzione di diritto pubblico (Cedam, 2007) dei costituzionalisti Paolo Barile, Enzo Cheli e Stefano Grassi.

Prima un accenno alla storia del bicameralismo:
"Il Parlamento nasce assai prima della democrazia, nasce in Inghilterra, proprio nella forma del bicameralismo, nel XIV secolo. ... A poco a poco, l'importanza della Camera dei comuni cresce e correlativamente diminuisce quella della Camera dei Lords, la quale viene posta nel corrente secolo in condizioni di netta inferiorità rispetto alla prima. Alla fine del secolo XVIII, la vittoria del "Terzo Stato" nella rivoluzione francese porta all'abolizione del bicameralismo in Francia (1791); ma si tratta di un'abolizione che nello Stato liberale ha poca durata, perché viene ben presto abbandonata, ricrandosi accanto alla prima Camera una seconda Camera, anche talvolta elettiva, ma spesso di nomina governativa, come Camera cosiddetta "di riflessione" o di ripensamento. 
Nel frattempo, il bicameralismo era nato, su altri presupposti, nelle antiche colonie inglesi in America, dalle quali sorsero i nuovi Stati che si federarono fra loro (gli USA) e che perciò trovarono opportuno istituire, nell'ambito del potere federale, due Camere, l'una, la Camera dei rappresentanti, proporzionale alle popolazioni dei singoli Stati dell'Unione, e la seconda, il Senato, nella quale gli Stati sono in posizione di parità tra loro, perché sono rappresentati ciascuno da due senatori, qualunque sia la loro popolazione. Così il bicameralismo rimane in vita ... quasi esclusivamente a causa di questa nuova funzione, al tempo stesso equilibratrice e coordinatrice, che ha assunto negli Stati federali; e lo ritroviamo perciò ... in tutti gli Stati federali europei del primo e del secondo dopoguerra.
".

In breve, le democrazie occidentali, eccetto l'Italia, ricadono in una delle seguenti categorie:
1. Paesi con una sola Camera, come ad esempio Finlandia, Danimarca, Grecia, Israele, Portogallo etc. Anche il Regno Unito potrebbe ascriversi a questa categoria, visto che la Camera dei Lord non conta praticamente niente e i suoi membri vengono nominati dall'autorità governativa.
2. Stati a bicameralismo "federale", dove la seconda camera -con poteri limitati o comunque differenziati- è espressione degli Stati federati. Vedi ad esempio il Bundesrat (consiglio federale) in Germania o in Austria, composto dai delegati dei governi dei vari Laender, quindi senza alcuna elezione diretta a suffragio universale.
3. altrove, il bicameralismo è imperfetto, ovvero la seconda camera ha funzione di "raffreddamento", e talvolta non è eletta a suffragio universale. In Francia, ad esempio, i membri del Senato vengono nominati dall'altra camera e da consiglieri locali.

Ma veniamo all'Italia, unica tra le democrazie occidentali che ha scelto il bicameralismo perfetto. Ecco il giudizio contenuto nel libro di testo di diritto costituzionale succitato:
"Il Parlamento italiano è composto di due Camere: la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica (art. 55 C.). L'Assemblea costituente, dopo qualche incertezza, si pronunciò a favore del bicameralismo (e anzi di un bicameralismo perfetto o uguale, come si suol chiamare, in cui cioè ciascuna delle Camere ha prerogative e poteri assolutamente identici all'altra) ma forse senza aver bene approfondito il problema, e comunque avendo deciso che il Senato dovesse essere eletto su base regionale. ...
Il risultato complessivo, caratterizzato dalla mancanza di una configurazione delle due Camere sufficientemente diversa e tale da rappresentare due profili complementari della realtà politica italiana, conduce a ritenere che oggi il nostro bicameralismo non abbia una vera giustificazione. In questa situazione, anche i vantaggi nei quali si era creduto si sono dimostrati illusori; la legislazione emanata non mostra davvero i segni di quella maggiore ponderazione e di quella migliore tecnica legislativa che dovevano essere frutto del doppio esame. In realtà, tutti i dibattiti attorno alle proposte di riforma costituzionale concernenti l'istituzione parlamentare hanno da tempo messo in luce il vero nodo del problema: il bicameralismo, basato su due Camere dotate di eguali poteri ed eguali prerogative, troverà ampia e definitiva giustificazione soltanto quando sarà attuato sulla base dell'ordinamento regionale, perché soltanto allora esso assumerà quella funzione equilibratrice e coordinatrice tipica degli Stati caratterizzati da un forte sistema di autonomie territoriali.
Purtroppo, il consenso delle forze politiche ad una trasformazione del Senato in Camera delle Regioni o delle autonomie sembra ancora molto lontano.".

Ovviamente, questo estratto non costituisce un endorsement degli autori alla specifica riforma proposta dal Governo in questi giorni per la trasformazione del Senato della Repubblica in Senato delle Autonomie. Proposta di riforma che peraltro non è così originale, in quanto tratta da studi, convegni, proposte e lavori parlamentari fatti negli ultimi decenni. Ma che il bicameralismo perfetto o paritario all'italiana sia da superare è cosa talmente necessaria e ovvia, che è ormai parte di ciò che viene insegnato nelle università italiane.

E' naturale che anche nel mondo del diritto e della politica vi siano posizioni più conservatrici, come quella fatta propria nell'appello succitato. Ed è bene che anche le voci della conservazione siano ascoltate nel merito e contribuiscano a migliorare le proposte di riforma del bicameralismo.
Ma una cosa è certa: a meno di voler sostenere che le università italiane sono strumento di indottrinamento di massa di stampo autoritario, o che gli altri Paesi europei e occidentali (tutti!) non dotati di bicameralismo perfetto non sono democratici, parlare di attentato alla democrazia e svolta autoritaria per una riforma di cui si discute dagli anni '60 del secolo scorso è semplicemente un esercizio di conservazione fine a se stessa. 
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