testata ADUC
QUANDO LA COSCIENZA SI SVEGLIA
Scarica e stampa il PDF
Articolo di Annapaola Laldi
1 giugno 2002 0:00
 

Nel numero di "Famiglia cristiana" del 5 maggio 2002, nella rubrica "Colloqui col padre", e' ospitata la lettera di una signora che si presenta come dipendente di una importante azienda di credito, nella quale sta svolgendo la mansione di consulente finanziario. A quello che si capisce deve contattare i clienti della banca per offrire loro "tutti quei prodotti finanziari CHE FANNO GUADAGNARE SOLO LA BANCA". Ha un budget da raggiungere e piu' volte al giorno le viene chiesto un rendiconto della sua attivita' e dei suoi successi.
La domanda che si pone pubblicamente e' questa: "COM'E' POSSIBILE COMPORTARSI DA BUONA LAVORATRICE, FORNENDO AL DATORE DI LAVORO IL GIUSTO CORRISPETTIVO PER LO STIPENDIO, SENZA CONTEMPORANEAMENTE SCONTRARSI CON LA PROPRIA COSCIENZA CRISTIANA?".
E aggiunge: "E' giusto continuare a vendere agli ignari clienti le solite 'mele marce'? MI SENTO VERAMENTE A DISAGIO".
Cio' che si aspetta dal direttore della rivista e dai lettori e' un parere, "ma", conclude, "non consigliatemi di chiedere all'azienda di cambiarmi mansione, in quanto la richiesta non verrebbe sicuramente accolta, e in piu' non risolverebbe i miei scrupoli morali".

Trovo la lettera interessante perche' mette a fuoco cio' che accade quando la propria coscienza si sveglia. Certe cose, che fino a quel momento sembravano normali e ovvie, magari persino meritorie, mostrano il loro lato oscuro. E allora dentro di noi s'insedia il disagio di cui parla l'autrice della lettera.
Lavoro con serieta', e questo mio impegno e' considerato da me e dagli altri una cosa positiva, l'assolvimento di un dovere verso me stessa, la mia famiglia e la societa'; per questo motivo mi sento a posto, sono stimata e stimo me stessa, reputandomi una persona onesta, e, a un tratto, m'accorgo, acquisto coscienza, che questo lavoro consiste nell'ingannare -poco o molto che sia- il prossimo; quindi, anche nel provocargli dei danni di cui non posso neppure valutare la portata.
Il conflitto interiore e' inevitabile. E non solo per chi si definisce "cristiano", ma proprio per tutti.
Anzi, viene da chiedersi se esista davvero una coscienza "cristiana", e quindi poi una coscienza, "ebraica", "buddhista", "laica" e via aggettivando e frammentando, o non esista piuttosto, in tutta semplicita', UNA SOLA E UNICA COSCIENZA- quella UMANA.

Ho cercato sul dizionario curato da De Mauro per la Paravia la parola " coscienza " e ho trovato i significati che elenco: 1. "consapevolezza di se' e del mondo esterno"; 2."situazione in cui l'anima e' in rapporto con se stessa ed e' in grado di conoscersi e giudicarsi in modo diretto e infallibile"; 3. "consapevolezza del valore morale delle proprie azioni"; 4. "l'insieme delle norme e dei principi etici o semplicemente la sensibilita' morale che influenza le scelte e l'agire umano".
Mi pare che, comunque la si voglia intendere, la coscienza sia un patrimonio inalienabile di ciascun individuo, proprio in quanto essere umano.
In altri termini, e per restare all'esempio che assilla la signora della lettera, far credere a qualcuno una cosa che non e', come la si presenta e' un fatto che -non si sa come e perche'- stride dentro di noi, comunque ci vogliamo poi definire. Piu' o meno velatamente SAPPIAMO di aver offeso, danneggiato quella persona. C'e' poco da fare; e' cosi'.
Semmai, possiamo notare che le aggettivazioni sono servite nella storia per frammentare l'unicita' della coscienza. Cosi', il campo di applicazione della presa di coscienza lo possiamo trovare ristretto ai membri del proprio clan o del proprio popolo, o a quelli del proprio credo religioso o politico, creando in questo modo, all'esterno, una zona franca, nella quale il rispetto preteso verso gli appartenenti di quel determinato gruppo viene sospeso o negato verso tutti gli altri, i diversi per lingua, colore della pelle, religione e via dicendo, considerati spesso come neppure appartenenti al genere umano. Per i Greci, i "Barbari" (cioe' i non-greci), non erano "esseri umani" a pieno titolo, come, venendo a tempi piu' vicini a noi, gli Ebrei non sono stati considerati veramente "esseri umani" dai nazifascisti. Anche nella storia delle religioni (cristianesimo compreso), cosi' come in quella delle ideologie, ci sono state delimitazioni analoghe nei confronti dei cosiddetti eretici. E mi fermo qui per consentire a chi legge la possibilita' di verificare personalmente se e in che misura questo gioco pericoloso continui ancora adesso.
Ma questa frammentazione della coscienza e', appunto, un gioco, una finzione che oggigiorno e' sempre piu' messa in crisi, almeno in questa parte del mondo, dalle conoscenze scientifiche e dalla vastita' e velocita' dell'informazione. E cosi', cio' che duemila e piu' anni fa veniva proclamato da pochi -pensiamo anche a certi filosofi antichi che gia' intuivano l'unicita' del genere umano e la necessita' del rispetto e della compassione, e non solo, come e' ovvio, a Buddha e Gesu' di Nazareth-, adesso siamo quasi obbligati a vedercelo davanti tutti quanti -volenti o nolenti. Che poi questa coscienza, che si disvela e ci dice che stiamo facendo una cosa che non va -in assoluto-, ci risulti ingombrante, e' un altro discorso. Ma e' cosi'. Punto e basta.
Cosa fare di fronte alla presa di coscienza che si sta imponendo e' un fatto squisitamente individuale, perche' solo quella persona puo' avere in mano gli elementi utili per trovare la risposta alla sua domanda. E' un po' come quando siamo al volante di una macchina. Competenti per la guida, in quel momento, siamo soltanto noi, e sappiamo bene quanto siano indebiti i consigli e pericolosi i sussulti del passeggero al fianco, non foss'altro perche' l'angolo visuale e' diverso dal nostro.
Una cosa pero' e' certa. Una volta messa in movimento, la consapevolezza non si lascia piu' tacitare, e forse la cosa peggiore e' cercare di ignorarla o di seppellirla sotto una caterva di autogiustificazioni. Meglio, probabilmente, vivere con la chiarezza del disagio, accettare di sentirsi "non a posto" non "perbene", e andare avanti con l'umilta' che cio' necessariamente comporta, sostituendo il procedere a tentoni a quella sicurezza (o sicumera?) che, anche senza accorgercene, avevamo forse messo a base della nostra vita. Una base, pero', evidentemente fasulla che, in realta', ci impediva di vivere per bene. E se fosse cosi', il disagio della coscienza che si desta, non sarebbe, allora, un bel dono della vita?

Di quanto sia pericoloso, anche a livello fisico, ignorare i segnali che provengono dal destarsi della coscienza ne da' testimonianza Helga Koenigsdorf, scrittrice e scienziata della Germania est, citata da E. Moltmann-Wendel nel libro "Il mio corpo sono io" (Queriniana, Brescia 1996, p. 21-22).
In un'intervista rilasciata a un settimanale tedesco all'indomani della riunificazione delle due Germanie, questa donna dichiara: "La mia intelligenza si era addormentata. Quando salivo i gradi della scala gerarchica del potere, non tanto in alto, ma comunque a un livello in cui le messinscena diventavano evidenti, in cui mi era consentito di dire soltanto cio' che era stabilito - come ho sofferto solo per questo avvilimento! -, a un livello in cui si parlava degli esseri umani con un linguaggio funzionale, un bel giorno la mia mano si blocco', cosi' che alle riunioni non potevo piu' scrivere niente. Il mio corpo era piu' desto della mia intelligenza. Oppose un rifiuto".

Quando una soglia di coscienza e' stata superata, ma la mente non puo' o non vuole prendere sul serio i segnali relativi, e' allora il corpo che si fa carico dell'incombenza? E' quanto afferma questa testimonianza, e del resto la medicina psicosomatica ci dice qualcosa di analogo.
Anche ai nostri disturbi fisici dovremmo, allora, prestare un'attenzione diversa, meno seccata per il presunto tradimento del corpo e piu' incline a considerare questo corpo ricolmo di una sua propria saggezza?

Ma allora, quante sono le cose che non sappiamo di prima mano? Quante sono le cose che non potremo mai sapere se non ci mettiamo da noi di fronte a noi stessi, osservando con coraggio, pazienza e attenzione cio' che ci sta accadendo?
Pubblicato in:
 
 
ARTICOLI IN EVIDENZA
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS