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Quando Pio entrò a Roma il XX settembre 1870
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Articolo di Annapaola Laldi
22 settembre 2021 9:00
 
Ho sempre amato la data del XX settembre forse perché sono nata in una casa situata in una “piazza XX Settembre”!
Ma di certo e specialmente, perché essa ha sancito la fine del potere temporale dei papi che si dicevano “vicari di Cristo” e non si vergognavano di governare il loro Stato come i peggiori tiranni della terra – pena di morte inclusa -, praticando proprio l’esatto contrario della misericordia predicata e agita da Gesù di Nazaret.
Così, queste mie noterelle vogliono essere un omaggio a questo evento epocale, di cui proprio noi, qui in Italia, poco ci curiamo, ignorando quale maturazione civile e anche spirituale esso può ancora offrirci.
 
Ma veniamo al titolo – “quando Pio  entrò a Roma il XX settembre 1870”. “O come!?” - diranno i miei 5 lettori- “ma Pio era a Roma, eccome se c’era!”.
E qui  s’incontra un piccolo equivoco che si chiarisce subito.
Il “Pio” di cui si parla qui non è l’ultimo papa-re, bensì un bel cagnone da pastore dal pelo bianco che entrò in Roma da Porta Pia proprio il XX settembre 1870 tirando un carretto pieno di … Bibbie, al seguito del suo padrone Enrico Luraschi che lo aveva comprato nel 1868 proprio per trasportare con meno sforzo più libri, e anche probabilmente per tenere “a debita distanza i malintenzionati che, a quei tempi, oltre a insultare i colportori a male parole, spesso passavano a vie di fatto aggredendoli a sassate, a botte, a volte a mano armata […]” (p. 10).
Già, perché Enrico Luraschi era uno dei colportori (diffusori di Bibbie) protestanti ingaggiati dalla Società Biblica Britannica e Forestiera per far conoscere al popolo la Bibbia in italiano, cosa severamente proibita  dalla Chiesa cattolica, che esigeva che il Vangelo si ascoltasse solo alla messa e in latino, lingua incomprensibile alla massa del popolo.
Seguendo la documentata narrazione di Mario Cignoni dal titolo Il cane con le Bibbie a Porta Pia nel 1870, si ricostruisce la storia di questo cane e del suo padrone, che all’inizio sembrava parecchio ingarbugliata.

Il nome del cane si riferisce, ovviamente, al papa allora regnante che aveva ordinato, in quel periodo, la condanna a morte di due patrioti, Monti e Tognetti, facendoli ghigliottinare il 24 novembre 1868. Enrico Luraschi, colpito da questa inaudita crudeltà, si dice si fosse espresso così: “Che cos’era il Papa se non un prete vendicativo, anche se si proclamava Dio in terra? Era una belva crudele e feroce per la quale il nome di Pio suonava ironico, satirico! Ho posto al mio cane al livello del papa, anzi, sopra di lui, e l’ho chiamato Pio” (p.11).
Enrico Luraschi, che era di Udine e aveva prestato servizio nell’esercito austriaco per passare poi con gli italiani, era entrato nella Chiesa valdese nel 1865 e aveva deciso di dedicarsi alla diffusione della Bibbia, soprattutto fra i soldati. Così, quando le truppe italiane si avvicinarono a Roma, egli le seguì da vicino, facendo forse una vita più grama del solito - rifugi di fortuna, magari in stalle o grotte per passare la notte e ripararsi dal maltempo, alimentazione scarsa, spesso dipendente dalla gentilezza dei contadini e paesani. Luraschi, con il suo Pio, si trovò vicino a un reparto dell’esercito, da cui partì la batteria di artiglieria pesante al comando di Giacomo Segre, il capitano che il 20 settembre, alle 5:20 del mattino, sparò la prima cannonata contro le mura vicine a Porta Pia, incurante, essendo ebreo, della scomunica lanciata dal papa contro il primo che avesse ordinato il fuoco.
Dopo la carica dei bersaglieri e il passaggio del grosso dell’esercito, anche Luraschi col suo barroccino tirato da questo cagnone passò per Porta Pia. La cosa, osservata da testimoni oculari, divenne subito una specie di leggenda, per districare la quale ci sono voluti diversi anni e molti studi oltre a un po’ di fortuna.
Una volta entrato nella città eterna, Luraschi cominciò a propagandare la Bibbia al centro di Roma e proseguì per diversi giorni tra Pantheon, Colosseo e  Fori Imperiali, finché la Società Biblica aprì un deposito in via del Corso e proprio Luraschi fu incaricato di gestirlo per diversi anni.
Che in questo deposito-negozio ci fosse anche un cane “amabile” lo attesta un corrispondente mandato da Londra. E che Pio fosse amabile lo conferma anche un testimone che, da ragazzo, frequentava la chiesa a Ponte Sant’Angelo, dove predicava il nonno: sdraiato sotto il pulpito faceva bella mostra di sé questo cane molto grosso (in alcuni racconti era diventato un San Bernardo) e molto buono che si faceva accarezzare volentieri dai bambini.
Purtroppo la sua fine pare fosse ben triste e ingiusta per un animale così buono e benemerito. Anche se non si sono ancora trovate conferme, si dice che, per metterne alla prova la forza, fu appaiato a un cavallo per tirare un grosso carico, rimanendo strozzato.
Mi piace concludere con le parole dello storico Giorgio Spini “La Bibbia in italiano entrò in Roma liberata dal potere temporale su un carretto trainato da un cane nelle vie polverose della città. Fu un episodio piccolissimo, ma nel clima del tempo poteva assumere il significato di un simbolo, addirittura”  [da: Studi sull'evangelismo italiano tra Otto e Novecento, Claudiana, Torino 1984, p. 87]
Un “episodio piccolissimo” che è giusto ricordare, perché anche la grande Storia si compone di tante piccole storie, che è bene menzionare per rendere il dovuto onore a chi le ha vissute, portando il proprio, magari inconsapevole, contributo alla Storia cosiddetta grande.

 
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