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Risparmi, gli italiani sono spaventati e poco informati
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Articolo di Redazione
27 gennaio 2023 15:13
 
 L’80% degli italiani ritiene complessa la gestione delle finanze personali anzitutto a causa del contesto incerto, della crescita dei prezzi e della bassa cultura finanziaria. Sebbene in lieve crescita, le conoscenze finanziarie non sono ancora sufficientemente diffuse né rispetto ai concetti di base (ad esempio, la nozione di diversificazione degli investimenti è compresa solo dal 50% degli intervistati) né rispetto agli strumenti (la quota di risposte corrette a domande su conto corrente, azioni, obbligazioni e fondi comuni di investimento rimane al di sotto del 60%) né rispetto alle dimensioni del rischio finanziario (in particolare, la percentuale di intervistati che ha familiarità con le nozioni di rischio di credito, di mercato e di liquidità oscilla tra il 20% e il 49%).

È quanto emerge dall’8° Rapporto Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane che analizza conoscenze, attitudini e comportamenti di un campione di 1.436 individui, di cui l’80% uomini. Un punto di attenzione è la conoscenza del concetto di inflazione: sembra comprenderne gli effetti il 65% del campione (anche se emergono divari significativi tra fasce di età, aree di residenza e fasce di reddito). L’indagine 2022 ha inoltre valutato per la prima volta la familiarità degli investitori italiani rispetto a conoscenze e competenze digitali relative all’utilizzo sicuro della rete e conoscenze di attività digitali e servizi di investimento resi attraverso piattaforme online rilevando, ad esempio, con riferimento al trading online che il 29% dei soggetti non è in grado di identificare correttamente gli obblighi del gestore della piattaforma nei confronti dell’investitore che intenda operare online.
Ciononostante, la quota di intervistati che accedono alla rete per scambiare cripto-valute e negoziare online appare in crescita (rispettivamente dal 2% all’8% e dall’8% all’11%), così come l’interesse potenziale, che si associa, tra le altre cose, alla prospettiva di guadagni facili e alla propensione a sopravvalutare le proprie conoscenze in materia. Gli investitori sembrano sempre più consapevoli della necessità di innalzare le proprie conoscenze e competenze, visto che nel 66% dei casi (+10 punti percentuali rispetto al 2021) si dichiarano disposti ad approfondire temi utili per le scelte finanziarie più importanti.

A tal fine, il riferimento indicato più di frequente sono gli intermediari (34% dei casi, in calo di 8 punti percentuali rispetto al 2021), che il 32% dei rispondenti ritiene dovrebbero adoperarsi anche per accrescere le conoscenze finanziarie dei cittadini, oltre alle istituzioni pubbliche (segnalate nel 30% dei casi) e alla scuola (26%). Margini di miglioramento permangono anche rispetto all’attitudine verso i temi legati alla finanza personale, che l’indagine coglie rilevando l’inclinazione all’ansia finanziaria, la percezione di auto-efficacia e la difficoltà avvertita rispetto alla pianificazione di lungo periodo.

È diminuita infatti la percentuale di intervistati che pianificano e definiscono un bilancio familiare (12% dei casi a fronte del 16% nell’anno precedente), mentre è aumentata la quota di investitori che risparmiano in modo occasionale (44% a fronte di 37% nel 2021). Peggiora lievemente anche l’attitudine complessiva all’investimento in ragione della diminuzione delle conoscenze digitali e dell’aumento del ricorso alla consulenza informale, entrambi riferibili agli investitori con minore esperienza di investimento.

Gli investitori che si avvalgono dei consigli di un professionista non sempre mostrano piena consapevolezza delle caratteristiche del servizio sebbene gli individui assistiti da un professionista detengono un portafoglio più diversificato rispetto alla parte restante del campione, per il quale le attività più diffuse rimangono i certificati di deposito e i buoni fruttiferi postali (50% delle famiglie), seguiti dai fondi comuni (29%) e titoli di Stato italiani (18%). La domanda di consulenza si associa anche a un maggior possesso di investimenti sostenibili, che nel complesso è riferibile solo all’11% degli intervistati (17% nel sotto-campione degli investitori assistiti da un professionista).

Il dato si associa a una conoscenza molto bassa delle nozioni di base in materia di finanza sostenibile e a un interesse diffuso, che in prospettiva potrebbe tradursi in un aumento significativo di tali investimenti: nel giro di due anni, infatti, si dichiara propenso a investire di più in prodotti sostenibili il 57% degli intervistati (74% tra gli interessati e 93% tra coloro che già li posseggono). Proprio la mancanza di conoscenze è il maggiore deterrente a scegliere investimenti sostenibili, seguito dalla percezione di rischi elevati (l’87% degli intervistati li giudica opzioni più rischiose di quelle “tradizionali”), performance finanziarie basse (l’86% dei rispondenti li considera opzioni più costose), mancanza di informazioni utili e chiare e il timore del greenwashing.

Il Rapporto si conclude con un approfondimento sulle differenze di genere basato su un campione esteso che include anche le donne del nucleo famigliare co-decisori finanziari (2.085 individui). Tra le donne sono più diffusi l’avversione al rischio, l’avversione alle perdite e la tendenza a sottostimare le proprie conoscenze e competenze (underconfidence). Le donne si connotano anche per minori conoscenze in materia di prodotti finanziari, sostenibilità e servizi di investimento digitalizzati. Nelle scelte di investimento, infine, ricorrono più di frequente al supporto del consulente e mostrano un interesse meno diffuso verso la finanza digitalizzata.

(Riparte l'Italia - Think Tank quotidiano del 27/01/2023)
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