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SETTEMBRE, AUTUNNO. QUALCHE VARIAZIONE POETICA SUL TEMA
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Articolo di Annapaola Laldi
15 settembre 2002 0:00
 


Telefono, il primo di settembre, a un amico a cui devo consegnare un lavoro alla fine del mese. "Quando lo mandi?", mi chiede. "Entro la fine del mese, come d'accordo", gli rispondo. "Alla fine del mese...", un attimo di perplessita', "Oh, si', e' gia' settembre!". E poi continua: "Settembre, andiamo. E' tempo di migrare -non conosco verso piu' triste sull'autunno", conclude dopo una breve pausa.

Gia'. "Settembre, andiamo. E' tempo di migrare". E' l'attacco della poesia "I pastori" di Gabriele d'Annunzio, che, in verita', a me non aveva mai dato l'impressione di una tristezza cosi' assoluta come, invece, evidentemente, ha suscitato nel mio amico. Sono sempre scivolata subito ai versi successivi, alla nostalgia dell'Abruzzo che il poeta identifica con i "suoi" pastori e semmai mi sono immedesimata nella riluttanza dei pastori a lasciare i pascoli montani quando, finita l'estate, devono scendere in pianura.
E' pur vero, pero', ripensandoci, che anch'io, a volte, mi sono colta a ricordare, ai primi di questo mese, quel verso come l'espressione di una condizione felice che si conclude al richiamo ineludibile di una realta' che, in certo qual modo, tarpa le ali. Come se, con la vastita' e la liberta' suggerita dai giorni estivi, cominci a venire meno anche la sensazione di poter cambiare, di poter spaziare a nostra volta, con la nostra vita, la' dove non avevamo mai osato finora -ne', in realta', forse abbiamo osato neppure adesso. Cosi', il mondo -esterno, ma soprattutto interno- si riconfigura in una dimensione piu' limitata, quella usuale, con in piu', semmai, l'amaro di aver mancato un'altra occasione.
Il ritorno a questa interiore dimensione limitata puo' ben essere raffigurato nello scendere a valle dei pastori; anche se il poeta non lo dice esplicitamente, e' un fatto che l'orizzonte, a chi scende da una montagna, si fa piu' ristretto. E forse, quell'"Adriatico selvaggio/che verde e' come i pascoli dei monti" puo' suggerire, sempre implicitamente, anche l'aprirsi di un'altra vastita' d'orizzonte, che, pur non essendo identica allo spaziare della vista dalla vetta dell'Appennino, lo ricorda, tuttavia, in qualche modo.
La cosa migliore, comunque, e' offrire alla lettura la poesia stessa, affinche' essa possa parlare direttamente.

I Pastori ( Gabriele d'Annunzio )

Settembre, andiamo. E' tempo di migrare.
Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all'Adriatico selvaggio
che verde e' come i pascoli dei monti.

Han bevuto profondamente ai fonti
Alpestri, che sapor d'acqua natia
Rimanga ne'cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d'avellano.

E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
Conosce il tremolar della marina!

Ora lungh'esso il litoral cammina
La greggia. Senza mutamento e' l'aria.
Il sole imbionda si' la viva lana
Che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquio, calpestio, dolci romori.

Ah, perche' non son io co' miei pastori?



E subito, sulla scia di questa poesia, mi si presentano alla memoria altre due poesie; una di Vincenzo Cardarelli, "Autunno" , e una del poeta tedesco Rainer Maria Rilke ("Herbsttag", cioe' "Giorno d'autunno") .

Sono, anche queste, delle poesie in cui la stagione rispecchia l'esistenza personale; non solo, probabilmente, e non tanto come espressione del passaggio dalla gioventu' alla vecchiaia, quanto, piuttosto, mi sembra, come il passaggio da una condizione di ricchezza di potenzialita' a una di abbandono, forse di rassegnazione -che si puo' sperimentare ad ogni eta'.

Il "Giorno d'autunno" di Rainer Maria Rilke coglie l'autunno all'inizio, quando e' ancora possibile, sperabile, una maturazione per gli ultimi frutti rimasti sulle piante; la consapevolezza che la vastita' dell'estate e' passata, consapevolezza presente nell'allungarsi delle ombre, nel liberarsi dei venti, rende affannosa la corsa alla maturazione degli ultimi frutti rimasti sulle piante, che peraltro non dipende da loro, ma da quel "Signore" invocato all'inizio. E quest'ansia puo' essere anche un'immagine dell'esperienza umana: ci sono dei momenti in cui ci sembra che l'essenziale che non e' stato fatto finora non ci sara' piu' dato di realizzarlo, e cosi', adesso, la vita trascorrera', forse neppure priva di occupazioni interessanti, ma comunque saldamente racchiusa in una sfera limitata in cui l'unico movimento e' quello impresso dall'inquietudine.

In "Autunno" , invece, Vincenzo Cardarelli coglie la stagione in una fase piu' avanzata, quando la terra e' gia' "nuda e triste". La sua poesia, in certo qual modo, e' speculare a quella di Rilke. Mentre nel poeta tedesco vi e' come un protrarsi ansioso dell'estate nell'autunno, qui, invece, l'autunno era gia' contenuto "nel vento d'agosto,/nelle piogge di settembre/torrenziali e piangenti". Lo slancio della vita, verrebbe da dire, gia' trova un'incrinatura proprio nel colmo della sua espressione.

Un'ultima osservazione riguarda la battuta iniziale di queste poesie, che e' sempre concisa e subito arrestata da una forte pausa.
("Settembre, andiamo. E' tempo di migrare." -d'Annunzio-; "Signore: e' tempo. Immensa fu l'estate." -Rilke-; "Autunno. Gia' lo sentimmo venire/...." -Cardarelli-).
Quella sosta che ci tocca fare, appena iniziato a leggere, e' gia' un intenso messaggio.


Giorno d'autunno ( Rainer Maria Rilke -la traduzione e' mia)

Signore: e' tempo. Immensa fu l'estate.
L'ombra tua posa sulle meridiane.
E sulle campagne lascia i venti andar.

Ordina agli ultimi frutti di essere maturi,
altri due giorni dagli piu' meridionali,
a maturare incalzali e dentro spingi
l'ultima dolcezza nel denso intenso vino.

Chi non ha casa ora, non se la costruisce piu'.
Chi ora e' solo, a lungo solo restera',
vegliera', leggera', lunghe lettere scrivera'
e per i viali su e giu'
inquieto, al mulinar delle foglie vaghera'.



Autunno ( Vincenzo Cardarelli )

Autunno. Gia' lo sentimmo venire
Nel vento d'agosto,
nelle pioggie di settembre
torrenziali e piangenti,
e un brivido percorse la terra
che ora, nuda e triste,
accoglie un sole smarrito.
Ora passa e declina,
in quest'autunno che incede
con lentezza indicibile,
il miglior tempo della nostra vita
e lungamente ci dice addio.



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