testata ADUC
LE STAGIONI (PERENNI?) DEL NOSTRO SCONTENTO
Scarica e stampa il PDF
Articolo di Annapaola Laldi
1 maggio 2003 0:00
 
Mi telefona un amico: "Forse e' la volta buona che ci andiamo. Ci potresti dare qualche indicazione?". Il "ci" dove vorrebbe andare questo amico e' il Cammino di Santiago, l'antica via dei pellegrini che nel Medioevo era considerata e percorsa con la medesima devozione delle vie che portavano a Roma e a Gerusalemme. Da alcuni anni e' tornato in auge, non solo per motivi di fede, ma anche per il gusto di raggiungere una meta lontana solo camminando, dato che, caso unico almeno in Europa, e' attrezzato molto bene per l'accoglienza ai pellegrini ed e' possibile dormire e mangiare con una spesa ragionevole. Dovendo mettere d'accordo se stesso con altri due compagni di cammino, sono anni che questo amico ne parla. A me ando' meglio, cinque anni fa, semplicemente perche' dovetti mettere d'accordo solo me stessa -anche se non e' cosa di poco conto.
Gli do la mia disponibilita', e mi accorgo del piacere che mi fa poter parlare di questa passeggiata. Il solo ripensarci mi da' allegria. Non ho ne' fotografie ne' appunti di viaggio, eppure, basta un istante, ed ecco nitidi davanti agli occhi luoghi, persone, animali, stati d'animo, episodi ..

Una cosa che mi si paro' davanti in modo chiarissimo durante il Cammino fu l'inverosimile capacita' di scontentezza che alberga nell'animo: il mio, in primo luogo, ma anche quello, potei constatare, degli altri camminatori di diversa eta' e provenienza, uniti, peraltro, tutti quanti, da una vera e propria gioia nell'essere li' su quella strada. Ecco: gioia e noia, soddisfazione e disturbo come accoppiata paradossale. La vita e' tessuta in questo modo? Parrebbe di si'. Per lo meno e' la realta' che salta agli occhi, e come tale va osservata.
Me ne accorsi quasi subito. Devo dire che ho avuto un trattamento meteorologico da mille stelle: pochissima pioggia, cielo sereno, ma per lo piu' velato quel tanto perche' il sole non mi martellasse sulla testa, temperatura per lo piu' mite, insomma condizioni meravigliose. Eppure. Cominciavo a camminare col sole, rallegrandomi della bella giornata, ma dopo alcuni chilometri e un paio d'ore, cominciavo a sbuffare e a desiderare che una nuvola rendesse meno ardente l'aria. E magari andava proprio cosi'; un po' piu' tardi il cielo si copriva, ma.. anche il vento faceva la sua comparsa -forse era proprio lui a spingere le nuvole davanti al sole. Meno male, un po' di fresco. Ma, guarda un po', il vento continuava e rinforzava, entrando nelle ossa... Oh, tornasse un po' il sole!
Ma come, non ne avevo deprecato la presenza troppo ardente al massimo un'ora prima? Ebbene si'. Naturalmente, il sole tornava -oh, finalmente, che bello!-, e tutto ricominciava con il medesimo identico copione.
Lo stesso vale anche per la morfologia del percorso. Parto baldanzosa in salita: mondo, aspettami, che' arrivo a conquistarti! La salita continua, il sentiero si fa piu' erto lasciando scorgere un paesaggio sempre piu' vasto e di grandissimo respiro . ma e' il mio respiro che si fa piu' corto e ansimante. Oh, se ci fosse almeno un falsopiano. Poi, arriva il momento in cui non il falsopiano, ma l'altopiano, si snoda per decine e decine di chilometri. ed eccomi a implorare: una salitina, per favore! Il che, devo dire, e' proprio il segno di uno sbandamento mentale. Perche' dopo torneranno salite e discese piu' o meno impervie, e io mi ritrovero' ancora una volta ad anelare a un po' di falsopiano.

Ma anche cio' che mi viene incontro dall'esterno, nella parte centrale del Cammino, ripropone e sottolinea l'aspetto della scontentezza a ogni costo. Questa volta in fattezze politiche.

Fra le regioni che il Cammino attraversa vi e' quella che ha nome "Castilla y Leon", che, come suggerisce il nome, e' composta dalla Castiglia e dal Leon che, a quanto sembra, devono avere caratteristiche e aspirazioni diverse. Soprattutto il Leon.
"Castilla puta - Leon solo". Anche con il mio scarso spagnolo, non mi ci volle molto per capire, primo, che ero entrata nel Leon, secondo che, essendo la Castiglia una signora, diciamo cosi', chiacchierata, il signor Leon non voleva averci niente, ma proprio niente a che fare. Appunto: meglio solo che male accompagnato.
Queste dichiarazioni, o altre dello stesso tenore, erano spruzzate sui numerosi cippi con l'insegna del Cammino (la conchiglia jacopea) disposti sulla pista creata appositamente per i pellegrini, che si snoda per circa 30 dei 90 chilometri che separano Sahagun da Leon (la citta'). E analoghe scritte le vidi qua e la', sui muri di paesi e citta' della zona.
Ma non e' tutto.
Superata la citta' di Leon di circa 100 chilometri, ma ancora nella regione dello stesso nome, si arriva a Villafranca del Bierzo, dove maturano ottime ciliegie, alle quali ho debitamente fatto onore, senza particolari divisioni dell'animo, devo ammettere.
E che cosa scopro? Sui muri campeggiano scritte cosi': "Bierzo solo - No Leon". Ma guarda. Il signor Leon, in veste di oppresso un 140 chilometri prima, adesso lo ritrovo in veste di oppressore. Beh, cosi' va il mondo.
Ma le sorprese non finiscono. Dopo che uno strappo di 31 chilometri, la meta' dei quali di salita su un sentiero montano mozzafiato -in tutti i sensi-, mi ha portato nella regione limitrofa della Galizia, ecco che l'indomani, scendendo dalla magica montagna del Cebreiro, altre scritte mi si parano davanti agli occhi. E' il grido di dolore del Bierzo inserito nella Galizia che, indovina un po', anela non all'indipendenza, ma al ricongiungimento con la patria negata: il Leon!
E qui un sorriso e' d'obbligo. Non per dileggio, e' ovvio, non per una inesistente superiorita', ma proprio perche' questo aspetto di perenne agitazione e di palese contraddizione della nostra umanità, ha un che di tenero, pur con tutta la sua capacita' di provocare anche enormi tragedie.

Ma poi, basta camminare per un altro centinaio di chilometri, mettercene sopra un'altra novantina (questa volta in autobus), e siamo soli in faccia all'oceano che ti lascia godere della sua riva finche' la nuova alta marea bruscamente ti convince a una veloce ritirata piu' in alto, sugli scogli, a considerare che sei davvero alla fine della terra, in qualunque modo questo concetto le persone vogliano articolarlo. Finis terrae, Finisterre, Fixterra: se sappiamo che la terra e' finita, vale la pena arrabbiarsi, magari scontrarsi per imporre di dirlo in un modo anziche' in un altro?


NOTA

Dato che in questa scrittura (non so perche') gli accenti non sono ammessi (infatti quelli sulle sillabi finali della nostra lingua diventano -oh, cosa orribile- apostrofi), faccio presente che la grafia corretta di "Leon" vuole l'accento sulla sillaba "on".

A chi sia venuta curiosita' del Cammino di Santiago, segnalo due libri usciti abbastanza di recente:
- "Guida al Cammino di Santiago de Compostela", pubblicata da Terre di Mezzo, 125 pagine, ¤13,50;
- "Il cammino di Santiago de Compostela" con 100 foto in bianco e nero di Maurizio Toraro. Testi di Miriam Giovanzana, direttore di "Terre di Mezzo", Berti Editrice, 104 pagine ¤24,70
Pubblicato in:
 
 
ARTICOLI IN EVIDENZA
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS