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Stati Uniti d'Europa. L’Italia prima per evasione dell’Iva
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Articolo di Redazione
9 dicembre 2022 8:48
 
Il costo annuo per il nostro Paese è di 26,2 miliardi. «Non possono certo dire che pure questo è colpa nostra», avrebbe detto Giorgia Meloni. Gentiloni ha spiegato: «Le finanze pubbliche hanno bisogno di solide entrate fiscali». Bruxelles ha proposto una serie di provvedimenti, tra cui una piattaforma per le operazioni transfrontaliere. Il giudizio sulla manovra italiana arriverà la prossima settimana: nel mirino resta la norma sull’obbligo del Pos

Non possono certo dire che pure questo è colpa nostra». Sarebbe stato questo il commento della premier Giorgia Meloni – secondo quanto riportato oggi in un retroscena della Stampa – davanti al report della Commissione Europea sull’evasione dell’Iva in Europa, che vede l’Italia al primo posto nel Vecchio Continente con un costo annuo di 26,2 miliardi. In termini assoluti si tratta del peggior dato tra i Paesi dell’Ue, dove il conto dell’Iva non riscossa è di 93 miliardi l’anno. In termini percentuali, vuol dire che in Italia oltre un quinto dell’Iva dovuta non viene pagata. Soltanto Romania e Malta hanno performance peggiori. La Grecia invece è migliorata e ha superato l’Italia, scendendo sotto il 20%.

Il report di Bruxelles e le critiche alla manovra
Il report è stato presentato da Paolo Gentiloni, commissario all’economia a Bruxelles. I dati annuali diffusi da palazzo Berlaymont dicono che l’Italia resta prima tra i Ventisette per l’evasione in termini assoluti. È seguita dalla Francia, dove le perdite valgono 14 miliardi di euro. E dalla Germania, che registra una mancata riscossione di 11,1 miliardi. L’Italia è anche terza per il divario tra gettito previsto e riscosso con il 20,8 per cento. Dietro solamente a Malta (24,1%) e Romania (35,7%).

Questi numeri assumono un significato particolare alla luce delle recenti proposte del governo, che nella legge di bilancio ha deciso di eliminare le sanzioni per i commercianti che si rifiutano di accettare pagamenti con carta sotto i 60 euro. «In tempi difficili come questi», ha sottolineato Gentiloni, «le finanze pubbliche hanno bisogno di solide entrate fiscali, sia per sostenere i servizi pubblici, sia per sostenere gli investimenti». Gentiloni non ha voluto sbilanciarsi sulle misure contenute nella manovra, ma ha ribadito che «i princìpi sono abbastanza evidenti: per noi la fatturazione elettronica e la lotta all’evasione sono le grandi priorità».

«Gentiloni sa benissimo che se il sistema fiscale non funziona la responsabilità è dei governi precedenti, noi siamo appena arrivati», racconta una fonte alla Stampa. E infatti, Palazzo Chigi e il Tesoro contano di prendere in mano la situazione e portare in Parlamento, tra gennaio e febbraio, una nuova delega fiscale. La tesi del vice ministro Maurizio Leo, il tributarista di Fratelli d’Italia a cui Meloni e Giorgetti hanno delegato tutta la partita fiscale, è che la repressione non basta per far pagare le imposte. La riforma nel cassetto punta a rivedere Irpef, Ires e anche Iva. Le imprese non devono essere più vessate, ha spiegato Leo, «occorre cambiare la logica dell’accertamento, favorendo il rapporto tra amministrazione finanziaria e contribuenti». L’obiettivo è dialogare con le imprese, introdurre una “cooperative compliance” con le grandi aziende e un concordato preventivo biennale con le piccole e medie imprese, scrivendo accordi a tavolino con gli imprenditori sulle tasse da pagare negli anni successivi. E la fatturazione elettronica è uno strumento che favorirà questo processo, proprio come chiede la Commissione europea.

Nel mirino di Bruxelles, però, resta ora la norma sull’obbligo di Pos che potrebbe segnare un passo indietro nella lotta all’evasione fiscale e che sembra in contrasto con gli obiettivi del Pnrr. Diverso il discorso sul tetto all’uso del contante, che il governo Meloni ha deciso di alzare a cinquemila euro. La misura sembra essere in linea con gli standard Ue, tanto che ieri il Consiglio ha dato il suo sostegno alla proposta della Commissione che prevede di fissare un tetto massimo a 10mila euro per i pagamenti in contanti.

La peculiarità italiana, però, dovuta proprio all’elevato tasso di evasione, rappresenta un fattore di preoccupazione. Gentiloni ha spiegato che la Commissione non intende lanciare alcun allarme sulla manovra (il giudizio arriverà la prossima settimana) e ha assicurato che da parte del governo italiano «c’è l’impegno a voler rispettare gli obiettivi e le scadenze del Pnrr in modo serio».

Ma intanto l’avvocato e professore di diritto tributario Franco Gallo dice in un’intervista alla Stampa che il governo Meloni sta rinunciando alla lotta all’evasione. Gallo racconta che il sottosegretario all’Economia Maurizio Leo è stato un suo allievo: «Quando ero ministro delle Finanze lui era un giovane molto bravo che ho preso con me. Mi ha aiutato e l’ho spinto ad andare avanti». Ma il ragionamento del sottosegretario sulla sanzione penale da cancellare per la dichiarazione infedele e l’omesso versamento «sinceramente non lo capisco», dice Gallo. «Con il penale c’è un tipo di dolo che va punito anche con l’arresto e la reclusione. Invece l’amministrativo è un’altra cosa. Si può anche pensare di voler applicare sanzioni meno punitive, lo si è fatto in passato. Ma sostenere che c’è una equiparazione tra la sanzione penale e quella amministrativa per cui l’una è alternativa all’altra mi sembra una fesseria. Basta aver fatto l’università per sapere che non è così».

Gallo critica anche lo stralcio delle cartelle esattoriali fino al 2015 e inferiori a mille euro: «È il solito vecchio discorso. L’amministrazione finanziaria non riesce a fare la lotta all’evasione. E allora dopo cinque, sei, sette anni ricorre a questo escamotage. Le cartelle vengono stralciate con la scusa che tanto sono pochi soldi e difficili da riscuotere». Ma con questa logica al contribuente conviene non pagare: «Intanto evade e poi aspetta il giorno in cui cancelleranno la punizione. La lotta all’evasione va fatta tutti i giorni, chi non paga deve essere subito colpito e punito».

Le proposte della Commissione Ue
E la piaga è ancor più grave se vista dalla prospettiva del Vecchio Continente impegnato a far fronte al caro energia. Per cercare di tamponare l’evasione di Iva non incassata, la Commissione ha proposto una serie di provvedimenti che potrebbero permettere di recuperare fino a 18 miliardi di euro a livello Ue. Circa un quarto dell’Iva che sfugge alle casse degli Stati Ue è legato a frodi per le operazioni transfrontaliere, per questo motivo l’esecutivo comunitario vuole introdurre un sistema per rendere obbligatoria la fatturazione elettronica per tutte le transazioni transfrontaliere, in modo da consentire una comunicazione dei dati «in tempo reale» anche attraverso una banca dati europea. Le imprese che vendono prodotti o servizi a consumatori in un altro Stato potranno registrarsi una sola volta ai fini dell’Iva in tutta l’Ue e adempiere ai loro obblighi attraverso un unico portale. C’è poi un’altra novità che riguarda le piattaforme che gestiscono il trasporto di persone e le strutture ricettive a breve termine, come Uber e Airbnb. In base alle nuove norme, le piattaforme saranno responsabili della riscossione e del versamento dell’Iva «quando i fornitori dei servizi non lo fanno, ad esempio perché sono una piccola impresa o un singolo fornitore».

(Linkiesta del 09/12/2022)

 
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