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'Lo straordinario atto di resistenza' verso Trump della vescova episcopaliana di Washington
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Articolo di Annapaola Laldi
29 gennaio 2025 9:15
 
 Il 20 gennaio, giorno del suo insediamento, Trump si è recato con tutto il suo corteggio nella chiesa episcopaliana di St. Paul per la preghiera inaugurale della sua seconda presidenza. Ad officiare il rito la vescova Mariann Edgar Budde, la quale, guardando il presidente dritto negli occhi, ha concluso il suo sermone  invitandolo, in modo pacato e fermo, ad “avere misericordia per tutte le persone che, ora che si è insediato, hanno paura”. In particolare, si legge sul “Fatto quotidiano” “per i figli che temono di essere separati dai loro genitori, sprovvisti di documenti” e “per gay, lesbiche e bambini transgender” che si trovano sia nelle famiglie repubblicane sia in quelle democratiche o indipendenti, “alcuni dei quali temono per le loro vite”.
Anche il “Corriere della Sera” scrive in modo analogo, ma, accanto al richiamo verso la realtà delle persone LGBTQ+ mette ancora più a fuoco le parole spese dalla vescova Budde per ricordare a Trump che  “la stragrande maggioranza degli immigrati non sono criminali”, proseguendo così: “Le chiedo di avere pietà, signor presidente, delle persone, i cui figli temono che i loro genitori vengano portati via, e di aiutare coloro che fuggono da zone di guerra e persecuzioni nelle loro stesse terre a cercare compassione e accoglienza qui”. A questo punto il giornalista osserva che sono “parole che fanno eco a quelle pronunciate da papa Francesco”.
Ho trovato molto interessante la considerazione successiva del quotidiano milanese (il grassetto è nell’originale):
Il tono usato da Budde è pacato, fermo, quasi indulgente. Come se si stesse rivolgendo a un fedele che si è smarrito in un luogo solenne quale è la cattedrale di Washington. Le sue parole non hanno il sapore di un monito, ma di un consiglio per ritrovare la strada giusta". Il “New York Times” lo ha definito «uno straordinario atto di resistenza».
 
Naturalmente né Trump né i suoi accoliti hanno mostrato di gradire le parole della vescova Budde. “Il fatto” riferisce che Trump ha definito “sgradevole” il tono  della funzione, mentre “Corsera” riferisce il commento reso noto dal presidente più tardi, in cui ha affermato che Budde “ha portato la sua chiesa nel mondo della politica in un modo molto scortese”, aggiungendo che “aveva un tono sgradevole e per nulla intelligente”.
Al contrario, sui social, la guida spirituale è stata ricoperta da una valanga di commenti di stima, per avere ricordato al capo della Casa Bianca e ai suoi cosa sia il vero spirito cristiano, per avere parlato chiaro davanti al presidente, per non essersi fatta intimidire.
Tuttavia, il dovere di cronaca e quello di indicare il bieco livello di intolleranza dei seguaci di Trump  esige di ricordare che essi si sono scagliati contro di lei fino al punto raggiunto da un deputato, secondo cui la vescova, nonostante sia cittadina statunitense, “dovrebbe essere aggiunta alla lista di deportazione per le sue accuse al presidente”.
E sì, siamo precipitati in una nuova edizione di quei tempi bui, di cui parlava Bertolt Brecht negli anni Trenta del secolo scorso. Una nuova edizione, però, asppunto, di cui dobbiamo trovare ancora le parole giuste per esprimerla, giacché i termini di "fascismo" o "nazifascismo" non sono adeguati, dato che qui oggi siamo di fronte al potere di persone ultraricche che vogliono schiavizzare il mondo, e per le quali ogni critica diventa reato di lesa maestà. E che questo avvenga negli Stati Uniti d'America che finora sono stati la patria della libertà e dell'accoglienza di etnie diverse con le loro proprie lingue e religioni, ... questa è una cosa molto spiazzante, di più, molto allarmante.
 
 
 
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