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In Svezia un sieropositivo puo' essere condannato perche' non ha informato il proprio partner
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Articolo di Marie Piquemal
22 luglio 2010 10:32
 
Intervista a Deborah Glejser, portavoce dell'associazione “Groupe Sida Genève” che si batte contro la criminalizzazione della trasmissione del virus dell'Aids.

Nei giorni in cui si e' tenuta a Vienna la 18ma conferenza internazionale sull'Aids, Deborah Glejser ha ricordato i numerosi Paesi che limitano l'accesso sul loro territorio alle persone sieropositive, cosi' come altri Paesi si sono dotati di leggi che incriminano la trasmissione del virus.
D – Quanti Paesi hanno approvato leggi penali specifiche che reputano un reato la trasmissione dell'Hiv?
R – Una cinquantina. Ma l'aspetto piu' inquietante e' che il numero e' in crescita. In dieci anni, venti Paesi africani hanno approvato leggi che criminalizzano la trasmissione del virus. E' enorme. Con nostra sorpresa abbiamo da poco scoperto un rapporto dell'Amministrazione di Barak Obama che prevede la soppressione negli Usa di tutte le leggi che criminalizzano la trasmissione del virus. E' una eccellente notizia, un forte segnale che puo' invertire la tendenza.
D – Cosa prevedono quelle leggi? Quali pene?
R – Piu' che altro pene detentive. I giudici considerano spesso la trasmissione dell'Aids come una condanna a morte. Ma i modi di applicazione variano da Paese a Paese. In Svizzera, per esempio, un sieropositivo che ha un rapporto sessuale senza preservativo puo' essere condannato al carcere anche se non c'e' stato contagio. In Svezia si va ancora oltre: si puo' essere perseguiti anche se si usano delle protezioni. Il semplice fatto di non aver informato il proprio partner e' un delitto.
La legge e' anche particolarmente severa in Canada e in alcuni Stati degli Usa dove si condanna ai lavori forzati. E questo pone reali problemi, essenzialmente in ambito di rispetto dei piu' elementari diritti umani. Alcune persone si ritrovano condannate anche se non sapevano di essere sieropositive.
D – Punire la trasmissione del virus consente di ridurre il numero di contaminazioni?
R – No, tutti sanno che questo non e' efficace. L'Organizzazione mondiale della Salita' (Oms) e l'UnAids si sono pronunciati in diverse occasioni contro queste misure repressive, inefficaci e nello stesso tempo controproduttive. La condanna a chi trasmette il virus sposta tutto il peso della prevenzione sulle spalle delle persone sieropositive invece di fare appello alla responsabilita' di ognuno, il solo mezzo di circoscrivere l'epidemia.
In quanto ai Paesi poveri, come il Mozambico che ha approvato una legge repressiva, sarebbe piu' giudizioso indirizzare le risorse sulla prevenzione dell'Aids piuttosto che sui processi.
D - Al di la' di questi problemi di criminalizzazione, alcuni Paesi rifiutano ancora l'ingresso sul loro territorio alle persone sieropositive..
R – Secondo l'ultimo rapporto dell'UnAids, sono 66 i Paesi che mantengono restrizioni in questo senso. Alcuni Paesi esigono un test di depistaggio prima di concedere un visto. Altri impongono un esame all'arrivo o si accontentano di una autodichiarazione. In tutti i casi, queste restrizioni non hanno una giustificazione da un punto di vista della sanita' pubblica. E' un fatto normale e comprensibile, per esempio, che un Paese rifiuti l'ingresso ad una persona che ha la tubercolosi. Ma l'Aids non e' una malattia contagiosa.
D – Nessuna legge internazionale vieta queste restrizioni?
R – No, il solo mezzo e' la pressione internazionale. E funziona. Di recente, ed e' stata una grande vittoria, gli Usa e la Cina hanno levato i loro divieti. In Cina ha chiaramente avuto un ruolo la vetrina mondiale che si e' aperta su quel Paese con le Olimpiadi.
L'abolizione dei divieti negli Usa e' una passo avanti molto importante. C'e' ancora paura e un portatore del virus che deve recarsi in quel Paese per lavoro non poteva farlo, dovendosi giustificare verso il proprio datore di lavoro. Ultima vittoria e' la Namibia, che ha levato il divieto solo quindici giorni fa.

(traduzione dal quotidiano Liberation del 22 luglio 2010)

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