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Svizzera. Assistenza al suicidio per malati psichici
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Articolo di Rosa a Marca
26 giugno 2007 0:00
 
In Svizzera l'assistenza al suicidio ai malati psichici non e' pregiudizialmente vietata, pero' dev'essere accompagnata dal certificato di uno psichiatra che accerti la capacita' d'intendere e di volere del paziente. Il problema e' che quasi nessun specialista e' disposto a farsi coinvolgere.
Il 25 giugno si apre a Basilea un processo contro uno psichiatra che ha aiutato alcuni malati psichici a togliersi la vita. La Procura gli imputa, tra l'altro, il fatto che uno di questi non fosse in grado di decidere. Se l'accusa venisse confermata, finirebbe in carcere. Nel delicato ambito dell'assistenza al suicidio, casi come questi suscitano un'attenzione particolare: aiutare a morire una persona con problemi psichici e' qualcosa di piu' complesso rispetto alla situazione dei malati somatici. Eppure alcuni giuristi, eticisti e medici lo ritengono un atto ammissibile, sebbene soltanto a certe condizioni. In piu', esiste una sentenza del Tribunale federale che va in quella direzione. Ma gli ostacoli restano enormi, soprattutto per le condizioni richieste sulla capacita' di giudizio dell'aspirante suicida.
All'inzio di quest'anno, il Tribunale federale ha pubblicato una sentenza, in cui spiegava che anche per un malato psichico grave desideroso di morire non si dovesse escludere la possibilita' di una ricetta per un anestetico letale. Si precisava, pero', che, per ottenerla, fosse indispensabile un'approfondita perizia psichiatrica. Ludwig A.Minelli, segretario generale dell'organizzazione d'assistenza al suicidio Dignitas, coinvolto nel caso in questione, sostiene che oggi in Svizzera non si trovano psichiatri disposti a rilasciare un attestato di quel genere, per lo piu' con la giustificazione che esula dalle loro competenze professionali. La necessita' di una perizia rende l'aiuto al suicidio dei malati psichici una "missione impossibile", dice Minelli. Percio' la sentenza del Tribunale federale dovra' proseguire il cammino verso la Corte europea dei diritti dell'uomo. In un caso attuale, la perizia e' stata rilasciata da uno psichiatra tedesco; un medico che collabora con Dignitas l'ha esaminata ed e' pronto a procurare il medicinale richiesto qualora il soggetto decida di togliersi la vita, ma gli ha suggerito di concedersi una "fase riflessiva" di due mesi, ha aggiunto Minelli.
Diversa la situazione dell'organizzazione Exit. Dopo una moratoria durata vari anni, dalla fine del 2004 non respinge piu' aprioristicamente le richieste d'assistenza al suicidio provenienti da malati psichici, e accetta di esaminarli. Heidi Vogt, direttrice di Exit, conferma le difficolta' di trovare uno psichiatra disposto a redigere un certificato. Attualmente Exit lavora con due psichiatri svizzeri a queste condizioni: ogni perizia dev'essere confermata da un'altra; ogni caso viene sottoposto alla commissione etica di Exit; se sussistono dubbi sulla capacita' d'intendere e di volere, Exit nega l'aiuto al suicidio. L'intero procedimento puo' durare parecchi mesi. Quest'anno c'e' stato un solo caso d'aiuto al suicidio di un malato psichico; nel 2006 nemmeno uno su 150 suicidi assistiti e nel 2005 due su un totale di 162.
Per imporre l'obbligo di una perizia da parte di uno specialista, il Tribunale federale si e' basato su un saggio dell'eticista Klaus Peter Rippe, elaborato per conto di Exit, e realizzato con la collaborazione di un medico, di uno psichiatra e di un giurista. Gli autori sono dell'avviso che a un malato psichico si possa garantire l'aiuto al suicidio, se il suo desiderio e' ribadito nel tempo, ponderato, frutto di una decisione autonoma. Inoltre, il desiderio di morire non dev'essere un conseguenza della malattia fisica. Poiche' e' proprio questo l'aspetto difficile da stabilire, la perizia psichiatrica e' necessaria e ineludibile. Essa ha inoltre la funzione di tutelare il medico che deve preparare la ricetta del farmaco mortale, spiega Rippe, giacche' al medico sospettato di scarsa diligenza verrebbe tolta la licenza professionale.
Nel mondo della psichiatria si levano voci critiche contro questo tipo di perizia. Gerhard Ebner, neodirettore delle cliniche psichiatriche universitarie di Basilea, in un articolo scientifico manifesta il timore di una "bardatura tecnocratica a un'esigenza umana profonda". In alternativa propone un "discorso etico" tra le persone piu' vicine all'aspirante suicida, inclusi i medici curanti e gli infermieri. In generale, pero', c'e' un fronte molto ampio contrario all'assistenza al suicidio per malati psichici. Il direttivo dell'Ordine dei medici svizzeri e' nettamente contrario anche dopo la sentenza del Tribunale federale. Questo il ragionamento: le sofferenze psichiche seguono parametri legislativi diversi da quelli che attengono alle sofferenze fisiche nel fine vita, scrivono lo psichiatra Rene Raggenbass e il giurista Hanspeter Kuhn dell'Ordine dei medici sulla rivista medica. Ancora, l'esperienza della crisi e del dolore dipende molto da "fattori soggettivi della personalita'" e sono determinati da tanti elementi, alcuni dei quali non sono stati ancora chiariti scientificamente; l'assistenza al suicidio non puo' soddisfare la complessita' della sofferenza psichica. E' questo il motivo per cui i pazienti psichici desiderosi di morire non rientrano nelle normativa che regola l'assistenza ai malati terminali, elaborata dall'Accademia elvetica delle scienze mediche a beneficio dei medici. Anche la Commissione etica governativa in ambito della medicina umana consiglia d'astenersi dall'aiutare i malati psichici a suicidarsi. Ad ogni modo non potra' avvenire in un'istituzione psichiatrica, considerato che il suo compito e' la cura delle malattie psichiche e relative conseguenze, inclusa l'inclinazione ad uccidersi.
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