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Svizzera. L'eroina fa bene ai tossicodipendenti
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Articolo di Vincenzo Donvito
27 ottobre 2001 11:11
 
La rivista medica "The Lancet" ha pubblicato uno studio dell'Istituto per le Indagini sui Tossicodipendenti, di Zurigo, in cui si arriva alle conclusioni che i tossicodipendenti cronici hanno la possibilita' di salvaguardare la loro precaria salute e, nello stesso tempo evitare di diventare delinquenti per il procacciamento dei soldi necessari all'acquisto della droga, se si sottomettono al trattamento di eroina per via endovenosa. Lo studio ha seguito l'evolversi di diverse terapie applicate a 1969 tossicodipendenti tra gennaio 1994 e dicembre 2000. In dodici mesi piu' del 70% ha seguito una terapia che includeva una dose quotidiana di eroina per via endovenosa; tra il 60% di quelli che avevano continuato la terapia per conto loro, poiche' gli esperti avevano valutato che fossero in grado di farlo, il 37% aveva completato la sua lotta alla droga con l'ausilio del metadone. Il 22% aveva seguito un trattamento controllato di astinenza. Il 9% era stato riammesso piu' di una volta in seguito ad una ricaduta. Meno di un centinaio del gruppo iniziale aveva abbandonato l'esperimento per mancanza di impegno personale, e un 15% era stato invitato a lasciarlo sempre per questa ragione oltreche' che per motivi legati allo studio stesso. Il 30% se ne era andato entro quattro mesi, perche' non si sentiva in grado di seguire le regole imposte. La maggiorparte di coloro che avevano terminato il trattamento era in grado di iniziarne un altro di mantenimento o, meglio, era entrata in una fase di astinenza con basso controllo.
Il risultato -sostengono gli scienziati che hanno condotto l'esperimento- e' stato un beneficio per la societa', poiche' i tossicodipendenti stanno meglio in salute e delinquono meno, anche se hanno bisogno ancora di altri tipi di aiuto. Sono risultati di fronte ai quali, dal punto di vista medico, c'e' poco da aggiungere, perche' sono la conferma che la politica di riduzione del danno, quando messa in atto con i rigori della scienza e senza alcun pregiudizio ideologico, ha i suoi meriti. Probabilmente la strada e' questa, del resto sono anni che la Svizzera e' diventata un punto di riferimento in materia, e tutte le politiche di approccio sereno, medico e non-ideologico, si stanno muovendo in questo senso. Ricordiamo solo la Germania che di recente ha approvato una legge federale in materia, dopo che gia' da anni vari laender stanno sperimentando in tal senso, cosi' come varie comunita' autonome della Spagna e alcune amministrazioni britanniche.
Per noi italiani e' sintomatico che questo studio sia pubblicato nei giorni in cui il vicepresidente del Consiglio dei ministri indica la nuova politica del Governo in materia, facendo terra bruciata di esperienze del genere. Nello stesso tempo quasi tutto il Governo fa fede di divieto in materia dal palco di San Patrignano, dove, cosi' come ha fatto sapere il suo conduttore Andrea Muccioli, si deve riaffermare il valore assoluto delle terapie di recupero a base di rieducazione comunitaria, piuttosto che di approccio sanitario/scientifico.
Una sintomatologia che usiamo per un invito alla riflessione: stiamo parlando di vite umane di malati, non di merce umana per l'affermazione di un primato ideologico. Per questo, riuscire a guardare oltre il proprio cervello, cercando di capire e raccogliere la positivita' di certi esperimenti come quello riportato oggi dalla rivista "The Lancet", e' importante, per tutti. Anche perche', dopo l'aspetto medico, come ha sottolineato lo studio svizzero, leviamo alla delinquenza dei buoni operai.
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