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A tre anni dalla legge sul fine vita, i limiti del "lasciar morire"
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Articolo di Cécile Prieur
20 aprile 2008 0:00
 
Una ragazza di vent'anni indotta da quasi dieci anni in coma neurovegetativo senza alcuna speranza di guarigione, e i cui genitori chiedono che "la si lasci partire"; un uomo affetto da sclerosi laterale amiotrofica, ingabbiato in un corpo atrofizzato, che rivendica la morte...
Da quando e' entrata in vigore la legge Leonetti sul fine vita, nel 2005, il Centro d'etica clinica dell'ospedale Cochin di Parigi si e' confrontato con una mezza dozzina di situazioni estreme: tutti casi in cui e' stata discussa l'ipotesi di cessare l'alimentazione e l'idratazione in risposta alla richiesta di morte anticipata. Il centro e' una struttura unica in Francia, che chiarisce col personale medico e i famigliari i dilemmi medici. In assenza di possibilita' legale dell'aiuto attivo a morire, e' questa forma del "lasciar morire", ancora molto poco conosciuta dal personale curante, che la legge autorizza."Ora, se viene mal applicata, la prassi e' potenzialmente fonte di derive etiche", rileva la direttrice del centro, la dottoressa Véronique Fournier. Vietando qualsiasi forma d'accanimento terapeutico, la legge Leonetti ha messo i medici al riparo da procedimenti giudiziari qualora decidano di sospendere certi trettamenti, anche se cio' puo' causare la morte del paziente. Nella quasi totalita' dei casi, la legge facilita la decisione, quando famiglie e sanitari sono concordi che occorra cessare ogni escalation medica. Restano le persone che non sono in fin di vita e non dipendono, come unico trattamento, soltanto dall'alimentazione artificiale attraverso la sonda. E' il caso del giovane Herve Pierra, che era in situazione di coma neurovegetativo. Ha impiegato sei giorni a morire dopo il ritiro del sondino, in condizioni estremamente difficili. Sarebbe stata la stessa cosa per Vincent Humbert, il giovane tetraplegico che ha preteso il diritto di morire, se gli fosse stata applicata la legge Leonetti.
I responsabili del Centro d'etica clinica constatano che molte equipe curanti si rifiutano d'applicare questa forma di "lasciar morire". Inoltre, quando il personale medico accetta di sospendere l'alimentazione e l'idratazione, non sono rare le cattive esecuzioni per mancanza di conoscenze."Alcuni si lanciano senza veramente preoccuparsi di sapere come fare affinche' la cosa avvenga nel modo piu' dignitoso e umano possibile", prosegue Veronique Fournier. In certi casi, si possono determinare situazioni molto delicate. A seconda che siano giovani o no, in buono o cattivo stato generale, in coma da molto tempo o affetti da malattia incurabile, i pazienti non reagiscono allo stesso modo alla sospensione della sonda e dei sedativi. Il personale curante si trova spesso disorientato, deve adeguarsi a reazioni talvolta impressionanti, non immaginate. L'agonia puo' durare numerosi giorni, una circostanza mal sopportata dai famigliari. Al quinto e sesto giorno d'agonia, Herve Pierra era scosso da convulsioni cosi' violente da farlo saltare dal letto."Esiste un fossato notevole tra cio' che avvertono i sanitari e le famiglie", testimonia la dottoressa Fournier. "Per i medici, cessare i trattamenti vuol dire scegliere che la medicina si ritiri e la natura si riprenda i suoi diritti; l'agonia e' in qualche modo "normale", il setaccio naturale tra la vita e la morte. Per le famiglie, che s'apettano che l'anima sia liberata dal corpo da una partenza medicalizzata e rapida, questa tappa puo' rivelarsi insopportabile". Per la direttrice Fournier, il quesito posto dalle morti lente, che durano diversi giorni, riguarda lo statuto dell'agonia nella nostra societa'. Mentre nei secoli precedenti l'agonia era socializzata, e i moribondi erano circondati dai loro cari fino all'ultimo respiro, la societa' attuale ne fa economia a causa della medicalizzazione del fine vita. Il 70% dei francesi muore all'ospedale. "Bisogna re-imparare a considerarla come un momento essenziale della fine della vita?", s'interroga la dottoressa Fournier. "E' un soggetto concreto: mi sembra che tramite la questione dell'eutanasia, la societa' chieda ai medici di saltare questo passaggio, pretendendo dalla medicina una morte dolce".
Un chiarimento e' tanto piu' necessario quanto piu' i silenzi della legge Leonetti possono indurre a derive etiche. "Se la legge ha esplicitamente rifiutato le pratiche eutanasiche, esse possono comunque aver luogo sotto la sua copertura", afferma la signora Fournier. La cessazione dell'alimentazione e dell'idratazione puo' essere decisa con l'intenzione di "far morire" anziche' "lasciar morire". "Questa situazione non mi sembra buona, non perche' bisognerebbe disapprovare l'eutanasia in se', ma perche' non e' cosa sana che non venga considerata", analizza Veronique Fournier.

Le Monde
(trad. di Rosa a Marca)
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