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Tu che filtro usi per relazionarti con il tuo denaro?
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Articolo di Alessandro Pedone
22 marzo 2023 0:58
 
Oggi voglio condividere con voi un articolo un po’ speciale. Non sarà una trattazione approfondita di un argomento, ma una serie di domande. 
Spero che le mie domande possano stimolare il vostro pensiero e magari anche una discussione interessante nei commenti ai post dell’articolo. 

Costruttivismo e finanza
Ieri sera ho avuto il privilegio di partecipare ad una bellissima conferenza del dott. Stefano Bartoli, psicologo e psicoterapeuta di grande talento e carisma ed un fantastico comunicatore. 

Bartoli è uno dei principali “discepoli” di Giorgio Nardone: una istituzione nella psicologia italiana. Nardone è il continuatore dell’opera di Paul Watzlawick, il celebre psicologo e filosofo della Scuola di Palo Alto. 

Forse questi nomi non sono molto noti al pubblico generico, ma chi si occupa di comunicazione conosce bene i principi elaborati dalla Scuola di Palo Alto e da Watzlawick in particolare nel suo libro "Pragmatica della comunicazione umana". Nardone, Bartoli e la Milanesi hanno anche scritto un libro intitolato "Pragmatica della comunicazione digitale" che adatta le teorie di Watzlawick al mondo attuale. Quasi tutte le "tecniche" di comunicazione che si trovano in giro sono in realtà derivazioni dei concetti della Scuola di Palo Alto.

Watzlawick sosteneva che non esiste (o non è raggiungibile) una realtà "oggettiva". Parlava di "realtà inventata" per indicare che ogni persona "costruisce" la sua realtà usando gli strumenti (percettivi e concettuali) che ha a disposizione per percepire e interpretare ciò che percepisce. Questi strumenti possono essere chiamati, come ha fatto Bartoli nella conferenza, semplicemente: filtri.

Quando osserviamo qualcosa, come un quadro, non vediamo tutti la stessa cosa. La nostra percezione dipende dal filtro che usiamo, consciamente o inconsciamente. Per esempio, chi aspetta un figlio si accorge di quante donne incinte ci sono intorno a lui. Prima c’erano, ma non le vedeva. Oppure, chi sceglie una certa auto si rende vedo in giro solo altri che guidano lo stesso modello. Questo succede perché il nostro filtro seleziona ciò che ci interessa o ci riguarda.

Quello che pensiamo contribuisce, in modo significativo, a creare la realtà che ci rappresentiamo. La “nostra” realtà che abbiamo così creato, determina in modo significativo le azioni che attuiamo. Queste ultime, in un circolo virtuoso o vizioso, contribuiscono a plasmare la realtà che ci circonda.

Questa corrente di pensiero prende il nome di “costruttivismo” ed esiste in diverse versioni più o meno radicali che non è il caso qui di approfondire. 
E’ molto importante invece, per gli scopi di questo articolo, comprendere che l’utilità o la disutilità del tuo denaro dipende in modo significativo dal tipo di filtro che - consapevolmente o inconsapevolmente - applichi quando ti relazioni con esso. 

Che filtro usi?
Ti sei mai fermato a riflettere su come vedi il denaro? Quali filtri utilizzi? Quali sono le tue convinzioni e i tuoi valori riguardo al denaro che hai investito in banca? Come giudichi se il tuo investimento ha avuto un risultato positivo o negativo? E perché? 
Se il denaro ti crea ansia o indifferenza, sai spiegare a te stesso da cosa dipende? 
Queste domande hanno a che fare con i filtri che usiamo per interpretare la realtà. Come abbiamo visto, il costruttivismo sostiene che non esiste una realtà oggettiva, ma solo una costruzione personale e sociale basata sui nostri filtri. 
Nessun essere umano può vedere una realtà “oggettiva”. Tutti abbiamo filtri. In questo senso non siamo liberi perché tutte le nostre azioni dipendono dai filtri che abbiamo. Possiamo, però, cambiarli se ci accorgiamo che non ci aiutano a raggiungere i nostri obiettivi. 

Filtri disfunzionali e filtri funzionali
Un “filtro” molto comune, in finanza, è l’orizzonte temporale dentro il quale definiamo il guadagno o la perdita dei nostri investimenti. Molti guardano il rendiconto da inizio anno o nell’ultimo anno e sostengono che hanno perso o guadagnato una certa cifra. Sulla base di questa definizione (del tutto arbitraria) possono prendere decisioni o assumere  comportamenti, anche interiori, che non avrebbero assunto se avessero applicato altri filtri. 
Siamo proprio sicuri che utilizzare il rendimento teorico (ovvero ipotizzando di liquidare oggi l’intero quale sarebbe la differenza rispetto ad una data arbitraria) sia il modo più utile per valutare la gestione del nostro patrimonio finanziario?

Un modo molto utile per “costruire” (nel senso di Watzlawick) la nostra realtà finanziaria è quella di porci dei concreti obiettivi di vita collegati ad esigenze economiche e porre delle “etichette” mentali a porzioni del nostro patrimonio in funzione di questi obiettivi. 
Un concetto importante nella finanza comportamentale è quello dei conti mentali, ovvero delle categorie mentali che le persone usano per organizzare il proprio denaro e le proprie scelte economiche. Queste categorie non sono neutrali, ma influenzano il modo in cui valutiamo i costi e i benefici delle nostre decisioni, a volte in modo irrazionale, ma altre volte in modo utile.
Ad esempio, possiamo creare un conto mentale per il capitale destinato ai nostri figli quando saranno adulti e valutare il suo rendimento in base alla capacità di garantire loro una buona istruzione o una sicurezza economica. In questo modo saremo più propensi a investire in modo prudente e a lungo termine.
I conti mentali non sono sempre negativi o delle trappole cognitive, come troppo spesso una certa finanza comportamentale ha fatto credere. 
Possono essere utilizzati anche come strumenti utili per gestire meglio il nostro denaro e per motivarci a raggiungere i nostri obiettivi. L'importante è essere consapevoli di come li usiamo e di come influenzano le nostre decisioni.

 
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