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Turchia, il sindaco di Instabul è la nuova stella politica
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Articolo di Redazione
2 maggio 2019 16:51
 
In Turchia la politica è sempre una competizione di simboli. Che sia il colore della cravatta o il modo di legare il foulard, che sia la foto di famiglia o la marca dell’automobile, ogni dettaglio dei politici è un messaggio. Con ciò essi contrassegnano i loro schieramenti e si rivolgono ai loro elettori.
Il nuovo sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu si è insediato affermando che questa “politica degli schieramenti” restringe l’orizzonte politico. Invece di contrassegnare il proprio schieramento, ha promesso una politica liberata dagli schieramenti. E’ proprio di questo che ha urgente bisogno la Turchia che in questi ultimi venticinque anni risulta profondamente divisa.
Il nuovo sindaco di istanbul, Ekrem Imamoglu, un imprenditore di 49 anni, è originario, come Erdogan, del Mar Nero. Come lui ha giocato, in gioventù, a calcio. Già il suo cognome “Figlio di Imam” è un segnale: proviene da una famiglia tradizionalista. Il padre aveva fondato a Trebisonda la sezione locale del partito di Turgut ?zal che, dopo il colpo di stato del 1980, era passato dalla carica di ministro dell’Economia a quella di presidente della Repubblica. Imamoglu studiò Economia aziendale all’Università di Istanbul. A 22 anni assunse la responsabilità dell’azienda di famiglia, a 25 si sposò.
Quando, dieci anni fa, decise di entrare in politica, la sua scelta cadde sul Partito popolare repubblicano (CHP) di ispirazione socialdemocratica. Sei anni dopo riconquistò la circoscrizione di Beylikdüzü, un distretto del comune metropolitano di Istanbul,strappandola allo AKP [partito di Erdogan].
Fu allora che lo conobbi. Mi aveva invitato a una manifestazione su Yasar Kemal. Io osservai il suo talento retorico, il suo stile pacato e la sua capacità di parlare a tutti i gruppi della popolazione. In una società divisa fra tradizione e modernità egli comunicava, con sua madre, che portava il foulard e una moglie, che si presentava moderna, di avere un legame con tuttti. Allorché, lo scorso dicembre, si ipotizzava su chi si sarebbe messo in corsa per diventare sindaco di Istanbul. il preisdente del CHP, Kemal Kiliçdaroglu, andò a bussare alla famiglia Imamoglu, chiese in certo qual modo non la mano della figlia, bensì quella del figlio.
Quando la candidatura di Imamoglu fu certa, erano in pochi a conoscere il suo nome. Egli doveva competere con quello che era stato il primo ministro. Sarà sconfitto di sicuro – pensavano tutti.
Ma Imamoglu ha condotto una campagna elettorale defna di nota. All‘inizio stupì la base dell‘AKP con una visita a Erdogan, che il suo partito, il CHP, definiva „illegittimo“. Imamoglu si sottrasse alla polemica, in modo gentile e sorridente comunicò unione e coesione e annunciò che sarebbe stato il sindaco di tutti. Dopo l‘attentato di Christchurch andò a pregare in una moschea. Sui social condivise foto di famiglia, in cui, intorno a un tavolo, si vedevano sedute tre generazioni. La sera delle elezioni fece vedere che egli può essere deciso e intransigente. Quando molti temevano che le urne elettorali avrebbero potuto essere rubate, assicurò ogni mezz‘ora: „Nessuna preoccupazione. Io sono qui. Stiamo difendendo i nostri voti“. Fino alle prime luci dell‘alba egli motivò la sua gente e alla fine ha vinto. Dopo un quarto di secolo ha ripreso la città che una volta aveva portato Erdogan al potere.
Nel discorso, che ha tenuto dopo la vittoria, ha salutato tutti i cittadini di Istanbul „Musulmani, Cristiani, Curdi, Aleviti, Armeni, Greci“. Domenica, alla manifestazione per la vittoria elettorale, c‘è stata musica classica europea, danze popolari e i corpi dei giannizzeri per rappresentare i diversi volti della Turchia. Il fatto che, dopo la sua sconfitta, Erdogan non abbia riconosciuto il risultato delle elezioni, ha fatto aumentare la popolarità di Imamoglu.
Oggi, la nuova stella, il cui nome, tre mesi fa, non conosceva ancora nessuno, viene trattata come il futuro candidato alla presidenza. Proprio come 25 anni fa Erdogan, che, da Istanbul, spinse la porta per entrare nel palazzo.

Articolo di Can Duendar su „Die Zeit“ n. 18/2019 del 25 Aprile 2019
 
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