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C’e turismo e turismo. Dal caso Maldive…
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Articolo di Vincenzo Donvito
7 febbraio 2018 10:01
 
 Ma come si fa ad andare alle Maldive quando e’ in atto una sorta di colpo di Stato, e quando il presidente, siccome non gli piace una sentenza della Alta Corte del suo Stato, occupa militarmente la loro sede e ne arresta alcuni componenti? Se si va sul sito della Farnesina che da’ consigli pratici ai viaggiatori (http://www.viaggiaresicuri.it/home.html) alla voce Maldive non riporta nulla se non le solite indicazioni per i tempi di cosiddetta pace. Se si leggono i media, apprendiamo di spensierati turisti italiani, su quello o quell’altro atollo, che fanno sapere che li’ di quel che accade nello Stato in cui sono, non c’e’ nessun riscontro. Certo, accade quasi tutto nella capitale Malè… ma forse se ci fosse un colpo di Stato a Roma, a Firenze o Venezia non se la riderebbero. E’ sicuro che, colpo di Stato o meno, nessuno da quelle parti ha intenzione di mandar via i turisti da alberghi in cui un residente si sognerebbe di fare a casa sua quello che li’ fanno i turisti; senza questi ultimi potrebbero mangiarsi solo le preghiere quotidiane della loro religione.
Oggi le Maldive. E se qualcuno va a fare il turista, per esempio, in Venezuela, o a Rio de Janeiro (carnevale imperante in questi giorni) dove un giorno si’ e l’altro pure qualcuno (e piu’ di qualcuno) viene fatto fuori dai narcos o simili in quella o quell’altra favela? L’elenco e’ lungo. E le argomentazioni da affrontare sono varie. Come sempre: dipende dai punti di vista. C’e’ quello degli intervistati disincantati che sono in questi giorni alle Maldive, cioe’ che sono li’ come potrebbero essere altrove: cio’ che conta e’ la spiaggia e il mare tropicale da sballo. C’e’ quello di chi -poco usuale, in verita’- i luoghi pericolosi se li va a cercare, altrimenti non sarebbe vacanza, avventura o meno che dir si voglia: se non c’e’ rischio non c’e’ gusto. Poi ci sono quelli che, per esempio, anche se non rifuggono le spiagge e la natura mozzafiato, si sentono a disagio se queste sono in un contesto civico insicuro e con mancanza di certezze dei diritti; che adorano le metropoli varie del mondo, ma che andandoci non possono non pensare alle possibili violenze che i cittadini residenti nelle stesse devono subire, e son li’ anche per meglio capire (Internet non basta, la fisicita’ dei luoghi ha una sua notevole importanza). Ad esempio: ma che ci provano i turisti ad andare a Dubai, a bere alcolici negli alberghi a loro destinati, che se un residente viene cuccato a fare altrettanto, come minimo gli tagliano una mano? Dubai, poi: luogo con tanti lavoratori, e anche famiglie al seguito, non disperati del terzo e quarto mondo ma “occidentali”, che ci vanno perche’ accettano di far finta di stare bene per alcuni anni e si portano a casa cifre mediamente impensabili se fossero rimasti nella loro Paese. Pecunia non olet? Sembra di si’. Per questi lavoratori, per chi accoglie i turisti e per questi ultimi che ci vanno.
E’ d’obbligo la domanda: ma, allora, cos’e’ il turismo? La risposta: tutto e niente. Svago e cultura (il nostro ministero in materia, per esempio, non a caso si chiama “Ministero dei beni e della attivita’ culturali” *). E c’e’ chi si diverte in un modo e chi in un altro. Anzi, a vedere come regge e spopola nel mercato una certa offerta, per la maggior parte delle persone, svago e cultura sono solo fini al proprio io individuale avulso dai contesti. Eppure il turismo e’ economia. Ci sono interi Paesi (le Maldive tra questi) che non muoiono di fame solo grazie al turismo. Altri Paesi (l’Italia fra questi) che non sanno gestire bene il binomio turismo/economia e che vivono solo di rendita del passato, sfruttando in modo infinitesimale le proprie gigantesche potenzialita’.

* ministero che alcuni fa, con tanto di referendum, gli italiani dissero che andava abolito… ma tant’e’, siamo quelli delle doppie verita’ e dei doppi diritti...
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