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Unconventional Success. A Fundamental Approach to Personal Investment
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Articolo di Corrado Festa
20 giugno 2017 11:13
 
Spesso quando si discute della scelta tra investimento attivo e passivo l'attenzione si concentra sulla possibilità che l'investimento attivo, di per sé, abbia successo, sul valutare quindi se possano esistere degli investitori (in pratica, dei gestori di fondi comuni di investimento) sufficientemente abili da ottenere nel lungo termine risultati migliori del mercato. Si trascura in questo modo la seconda condizione da soddisfare affinché la scelta dell'investimento attivo sia valida: che l'investitore individuale sia in grado di riconoscere tali investitori e possa beneficiare dei loro risultati.
A questo proposito è molto interessante considerare l'Autore del libro che oggi presento. David Swensen è il Chief Investment Officer per la fondazione dell'Università di Yale, sin dal 1985.
Le fondazioni universitarie negli Stati Uniti investono i propri capitali di dotazione, con l'obiettivo di assicurare le risorse finanziarie necessarie alla operatività ed allo sviluppo della propria università. Nei 22 anni che vanno dal 1985 al 2007, la fondazione di Yale ha ottenuto per i propri investimenti un rendimento annualizzato del 16%, contro il 12% e con una volatilità inferiore di un terzo rispetto all'indice S&P 500 e con un solo anno negativo (dello 0,20%, contro il 17,99% peggior risultato annuo dello S&P 500; chi vuole saperne di più sui risultati più recenti può trovarli qui). Risultati strabilianti che pongono Yale nell'uno per cento migliore tra gli investitori istituzionali, cosicché si parla di uno Yale model per le strategie di investimento, che consiste in una gestione fortemente attiva, che ricerca categorie di beni diversificate e non correlate.
Per dare un'idea migliore, questa è la asset allocation obiettivo di Yale per il 2017:
Asset Class Peso %
Hedge Fund 22,5%
Venture Capital 16,0%
Azioni Internazionali (non USA) 15,0%
Leveraged Buy-Out 15,0%
Immobiliare 12,5%
Bond e strumenti monetari 7,5%
Risorse Naturali (es. Legname) 7,5%
Azionario USA 4,0%
Totale 100%
Senza entrare nel merito delle strategie di investimento di Yale1, ci interessa solamente dare per accertato che Swensen è sicuramente un gestore attivo di grande successo, che ha dimostrato di ottenere in modo costante nel tempo risultati migliori del mercato.
Dopo un primo libro (Pioneering Portfolio Management, 2000) rivolto agli investitori istituzionali, Swensen scrive Unconventional Success, dedicato agli investitori individuali. Vediamo cosa raccomanda loro di fare.
Il portafoglio individuale deve essere composto da alcune classi di beni "core", che garantiscano:
  • Un orientamento a favore delle azioni, classe di beni che garantisce i maggiori rendimenti a lungo termine
  • Ampia diversificazione
  • Molto importante: un rendimento che derivi dalla pura esposizione al rischio di mercato e non condizionato a particolari abilità di gestori, ché sarebbe troppo aleatorio far dipendere i propri risultati dalla loro bravura.
Ecco quindi la sua ipotesi di asset allocation base per l'investitore individuale:
Classi di Beni Peso %
Azionario USA 30%
Azionario Mercati Maturi 15%
Azionari Mercati Emergenti 5%
Immobiliare 20%
Titoli di Stato USA (Treasury Bond) 15%
Titoli di Stato USA ind. Inflazione (TIPS) 15%
Totale 100%

Possiamo notare come prima cosa che, come prevedibile, Swensen raccomanda di investire su categorie di beni rappresentate da titoli negoziabili su mercati regolamentati, dato che investimenti come il venture capital e le operazioni di leveraged buy-out non sono adatte all'investitore individuale.
Notiamo cos'altro non c'è: Swensen sconsiglia di investire in obbligazioni societarie. Non conviene cercare di ottenere "something for nothing", cioè andare a caccia di qualche extra-rendimento pensando che non costi nulla, perché questi titoli presentano in realtà diverse contro-indicazioni: minor liquidità, difficoltà nel valutare gli emittenti, clausole di rimborso anticipato, obiettivi confliggenti tra management aziendale ed obbligazionisti, una più alta sensibilità alle variazioni di tasso di interesse, che si manifesta proprio quando le obbligazioni sarebbero più utili come capitale liquidabile, cioè nei momenti di crisi.
Veniamo ora all'investimento azionario. Swensen mette in guardia contro l'andare a caccia della performance. Riguardate la tavola mostrata nell'Invito dedicato a A spasso per Wall Street: cercare di approfittare dei trend di borsa ha storicamente avuto effetti molto negativi e spesso disastrosi per il pubblico. Come la tavola mostra e come è stato analiticamente dimostrato, il rendimento medio annuo dei fondi di investimento non equivale al rendimento effettivamente conseguito dagli investitori. Questi, cercando di cogliere gli attimi favorevoli sul mercato, finiscono per comprare alto e vendere basso (a volte molto basso), ottenendo quindi risultati nettamente inferiori rispetto ad una semplice strategia di buy and hold.
Abbiamo quindi fin qui visto che un investitore attivo di successo quale l'Autore consiglia agli individui un approccio fondamentale, di investire cioè facendo leva sui rendimenti storicamente offerti dal mercato (azionario, includendo i titoli del settore immobiliare), utilizzando i titoli di stato per ottenere diversificazione e (nel caso dei TIPS) protezione dall'inflazione, escludendo quelle categorie di beni nelle quali individuare bravi gestori diviene condizione necessaria per il successo e con una strategia di portafoglio che si basa sul:
  • Definire chiaramente una asset allocation di lungo termine ed attenersi ad essa
  • Ribilanciare periodicamente i pesi delle diverse asset class (c.d. rebalancing)
  • Evitare tentazioni speculative quali il market timing oppure il cercare di sfruttare i trend di mercato
Rimane da ultima, per l'investimento azionario, la questione della scelta dei titoli su cui investire (security selection), ma "gli investitori individuali non possiedono né il tempo né le risorse per aver successo nella gestione attiva dei titoli quotati", quindi è bene che neanche tentino di scegliere i titoli sui quali investire.
Il market timing, l'andare a caccia della performance e il puntare su singole azioni sono tutte tattiche del tutto inadatte all'investitore individuale.
Possono forse far affidamento per questo sui fondi di investimento? Swensen dedica ben ottanta pagina del suo libro per mostrare ciò che dichiara nell'Introduzione, cioè che "l'industria dei fondi di investimento disattende le aspettative degli investitori individuali americani. Dati evidenti mostrano che una delusione quasi certa attende chi investe in un fondo di investimento sperando di ottenere risultati migliori del mercato. La causa di fondo del problema sta nel fatto che la responsabilità dei gestori di agire nell'interesse degli investitori confligge con i loro obiettivi di profitto".
Prendiamo un solo dato tra i tanti, uno studio condotto confrontando i risultati dei fondi attivi con il fondo indicizzato Vanguard 500:
Periodo % fondi attivi con risultati migliori Margine medio (attivo) Margine medio (passivo) Differenza rendimento medio complessiva
10 anni 9% 1,8% -4,8% -3,5%
15 anni 4% 0,6% -4,8% -4,2%
20 anni 14% 1,3% -3,2% -2,1%
Arnott et al., Journal of Portfolio Management 26, no 4 (2000) Journal of Portfolio Management 26, no 4 (2000). I dati non tengono conto del survivorship bias.

Il lettore trova nelle pagine del libro ampia evidenza statistica del fatto che l'investimento in fondi attivi non è conveniente, insieme ad un'analisi approfondita delle cause per tale fallimento. Tali cause sono sostanzialmente riconducibili ai costi e commissioni che gravano sui fondi attivi: Swensen in conclusione nota che nel 2002 la loro incidenza media complessiva poteva essere stimata al 2,35% del capitale gestito, livello molto vicino al deficit di performance pari al 2,1% annuo (su un periodo di 20 anni) mostrata nella Tabella precedente.
Ma non solo questo, ancora più scoraggiante è il fatto che, ammesso che l'investitore individuale riesca ad identificare le rare superstar, non è detto che i loro risultati successivi saranno ancora buoni. Identificare i gestori davvero vincenti è un compito incredibilmente difficile.
Nel libro tuttavia non si trovano solo valutazioni analitiche, va detto che l'Autore non si limita ai dati numerici ma entra nel dettaglio ed espone con ricchezza di argomenti, così da rendere più vivida la propria narrazione, molti casi di condotte non trasparenti da parte di istituti finanziari. In questo modo dà prova di vero impegno civico: un esponente di punta del mondo degli investimenti che rende disponibile al pubblico la propria conoscenza, senza certamente mirare ad ingraziarsi potenti istituzioni finanziarie. Riporto solo un breve passo: "Con un'offerta del 2002 Wells Investment Services raccolse 3 miliardi di dollari da investire in proprietà immobiliari di alta qualità …. La definizione più generosa della struttura delle commissioni di tale offerta va da oscena a deprecabile. Commissioni di vendita del 7%, commissioni di intermediazione del 2,5% e spese di organizzazione e raccolta del 3% degli importi lordi consumano nel loro insieme il 12,5% dei fondi degli investitori. Prima che un dollaro dei capitali degli investitori finanzi un acquisto immobiliare, Wells Investment Securities consuma un importo pari a 375 milioni di dollari su 3 miliardi raccolti ".
L'investimento passivo, tramite fondi oppure ETF, è la migliore scelta per l'investimento azionario individuale, perché consente di raggiungere l'obiettivo fondamentale (beneficiare del rendimento di mercato) senza incorrere nei costi e nelle trappole connesse con l'illusione di essere più bravi degli altri e di poter fare meglio del mercato.


Unconventional Success – A Fundamental Approach to Personal Investment
  • Autore: David F. Swensen
  • Editore: Free Press – Simon & Schuster
  • Anno: 2005
1 Sull'argomento: Mebane T. Faber, The Ivy Portfolio. How to invest like the Top Endowments and Avoid Bear Markets, John Wiley & Sons, 2011
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