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Unione Europea – Stati Uniti d’Europa. Ungheria, Polonia. La realtà. E poi?
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Articolo di Vincenzo Donvito
25 settembre 2018 13:47
 
 Dopo il voto in Parlamento Europeo con cui è stata chiesta l’apertura di una procedura d’infrazione all’Ungheria per il suo deficit di democrazia, si sta marciando verso una nuova Europa, più democratica, più diretta nelle sue decisioni, più presente nei settori di crisi (immigrazione e difesa, per esempio)? Un’Europa che superi il livello comunitario stabilito tanti anni fa (e tutt’ora non realizzato in toto) e che avvii un meccanismo di autoriforma in senso federale? Domande che fotografano le speranze di chi, dopo la costruzione di un’Europa che grazie alle merci riesce a ragionare pacificamente e non con le armi come nei secoli passati, vorrebbe passare ad una fase costituente. Ma che deve affrontare le crescenti difficoltà culturali e sociali di chi, in virtù di un preteso fallimento per il nostro benessere dei diritti dell’uomo (1), invoca il nazionalismo (nella sua versione rimodernata di sovranismo) e il richiamo all’appartenenza etnica, di popolo piuttosto che all’essere come scelta: quello che fa la differenza tra la libertà come concessione e la libertà come scelta. Dove “concessione” presume l’esistenza di qualcuno che, più libero del singolo (foss’anche un idea a cui appartenere), elargisce.
Non è una novità questo tipo di confronto, anche se i termini sono diversi da quelli a cui storicamente siamo abituati e, almeno per il momento, chi non si adegua alla concessione non viene eliminato (fisicamente o meno).
Dopo l’Ungheria, su cui sviluppi del prosieguo della sua appartenenza all’Unione bisogna attendere gli sviluppi, cerchiamo di capire cosa accade in Polonia. Entrambi i Paesi hanno una caratteristica comune: crescono molto al loro interno rispetto alla media dell’Ue. A nostro avviso questo accade perché il loro essere Stati membri lo utilizzano solo per prendere i vantaggi dell’Unione, senza contribuire alle politiche che creano queste possibilità con politiche credibili e realistiche. Ungheria e Polonia stanno solo predando l’esistente, creandosi intorno terra bruciata e fregandosene del fatto che questa terra bruciata, a breve, può solo minare e far esplodere le loro roccaforti.
Il governo polacco mantiene un rapporto molto teso con Bruxelles a causa di molte delle sue controverse iniziative. Queste sono le tre principali:
Riforma della giustizia ordinaria. Il disegno di legge approvato grazie al partito di maggioranza che governa il Paese, Legge e Giustizia (PiS, il cui leader è Jaroslaw Kaczynski), adottato nel luglio 2017 dal presidente Andrzej Duda, dà al ministro della Giustizia il potere di nominare e revocare i presidenti dei tribunali della giustizia ordinaria.
Riforma della Corte Suprema. Nel luglio 2018 è entrata in vigore la nuova legge promossa anche dal PiS, che ha ridotto l'età pensionabile dei magistrati dell'Alta corte di giustizia polacca da 70 a 65 anni. In pratica ha significato il ritiro anticipato di venti giudici, tra cui il presidente della Corte Suprema, Malgorzata Gersdorf, che insieme con altri giudici e vari sostenitori, nonostante avesse un’età fuori dei parametri della nuova legge, era andato a lavorare per protestare contro quello che giudicava come una separazione antidemocratica dei poteri in Polonia. Bruxelles ha sostenuto le critiche al governo polacco dei magistrati della Corte Suprema ed ha reagito con l'apertura di un fascicolo su Varsavia in cui ha chiesto di annullare le riforme della giustizia ordinaria e della Corte suprema. In un primo momento, l'ultimatum dato da Bruxelles a Varsavia si è concluso in agosto, ma le autorità europee hanno prorogato il termine per portare avanti nuove azioni fino a settembre. E proprio questo lunedì 24 settembre la Commissione ha chiesto alla Corte di Giustizia dell’Unione europea (Curia) misure cautelari in merito: che sia bloccata l’applicazione di questa nuova legge fino a che non ci sarà una pronuncia definitiva della Corte di Lussemburgo.
Quote di ospitalità per i rifugiati. La Commissione europea ha aperto un fascicolo nel giugno 2017 contro Polonia, Ungheria e Repubblica ceca perché questi Paesi hanno rifiutato di accettare i rifugiati. E’ stata quindi aperta una procedura di infrazione contro questi Paesi perché hanno rifiutato di accettare parte dei 160.000 richiedenti asilo. Alcuni mesi dopo, alla fine del 2017, la Commissione ha deciso di portare questi Paesi davanti alla Corte di giustizia dell'UE.

1 - https://avvertenze.aduc.it/statiunitideuropa/capire+cio+che+accade+europa+italia+principi_28459.php
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