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 USA - USA - Usa. Analisi del veto di Bush
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Articolo di Pietro Yates Moretti
2 agosto 2006 21:09
 
Le dure reazioni, e non solo dei democratici, alla decisione di Bush di porre il veto alla legge che avrebbe allargato i finanziamenti federali alla ricerca con le cellule staminali embrionali, potrebbe apparire come una proverbiale vittoria di Pirro per il partito repubblicano. Con le elezioni del Senato a novembre, e con i democratici che in crescente confidenza cavalcano l'onda sempre piu' lunga della liberta' di ricerca, molti candidati repubblicani potrebbero essere danneggiati dal veto. Oltre a galvanizzare l'ala estrema del Partito Democratico, solitamente la piu' movimentista ed attiva durante le campagne elettorali, la decisione di Bush potrebbe spingere i moderati repubblicani a votare per candidati che tradizionalmente si sono schierati per la ricerca con le staminali. Su questo certamente contano gli strateghi democratici.
Ma la mossa di Bush, in realta', potrebbe non essere poi cosi' dannosa per il suo partito. E' ormai chiaro a chiunque che il tema della ricerca con le cellule staminali embrionali non e' riconducibile ai due schieramenti politici. In un Congresso dominato dai repubblicani, la legge su cui Bush ha posto il veto e' stata approvata alla Camera con oltre quaranta voti di scarto, ed al Senato con 63 voti favorevoli e soli 37 contrari. Inoltre, sono moltissimi i candidati repubblicani che sostengono la legittimita' di questa ricerca, neutralizzando cosi' un tema caldo a favore degli oppositori democratici.
La facile approvazione della legge al Congresso ha quindi dimostrato che Bush non necessariamente rappresenta tutto il Partito Repubblicano, e che il voto ai candidati senatori dovra' essere dato sul merito delle posizioni individuali e non quelle del leader nazionale. Il voto al Senato e' particolarmente indicativo: 63 sono da una parte la dimostrazione che i repubblicani non sono contrari alla ricerca tout court; dall'altra, i repubblicani si sono guardati bene dal raggiungere quei due terzi di voti (67, per la precisione) che avrebbero costituito una pubblica umiliazione del presidente (questo si' sarebbe stato un danno per il partito).
Allo stesso tempo il veto di Bush galvanizzera' l'ala piu' estrema del Partito Repubblicano, strumento molto piu' organizzato ed efficace della controparte democratica durante una campagna elettorale. Non solo. Dara' anche la possibilita' ai candidati repubblicani pro-ricerca di presentarsi come uomini politici particolarmente moderati ed aperti. Cosi' facendo non solo avranno la possibilita' di trattenere l'elettorato moderato repubblicano, ma andranno a pescare anche fra i moderati tradizionalmente democratici. E' il classico esempio della cinematografica routine "good cop-bad cop" (il gioco del buono e del cattivo poliziotto): accanto a Bush basta poco per presentarsi come moderato.
Questa routine potrebbe funzionare anche alle prossime elezioni presidenziali, che sono tradizionalmente una lotta all'ultimo voto degli elettori moderati. Allora i repubblicani nomineranno presumibilmente un candidato 'cautamente' favorevole alla ricerca con le cellule staminali embrionali che potra' cosi' vendersi come moderato. Bush questo lo sa gia', come sa gia' che prima o poi quel testo da lui respinto diverra' legge. Ma da uomo politico che ha ormai raggiunto l'apice della sua carriera e non dovendosi piu' candidare ad alcunche', puo' anche permettersi di sacrificare un po' del suo tasso di approvazione su una battaglia persa ed impopolare per garantire il successo del suo partito negli anni venturi.
Tutto cio' che deve fare Bush e' convincere l'elettorato che il suo veto e' frutto di convinzioni personali, e non di strategie elettorali per il suo partito. Solo cosi' la sua contrarieta' alla ricerca con le staminali embrionali potra' apparire come una posizione individuale del presidente e non dell'intero Partito Repubblicano. E pare che ci sia gia' riuscito. Se e' vero che 6 americani su 10 non hanno gradito il veto di Bush, sempre secondo lo stesso sondaggio la maggioranza degli elettori e' convinta che il presidente abbia agito per convinzioni personali e non per ottenere vantaggi politici.
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