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Vivere da sopravvissuti del cancro
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Articolo di Redazione
3 maggio 2012 19:13
 
Molte persone guarite da un tumore possono vivere ancora per decenni, però la qualità della loro vita è poco conosciuta. Nel loro congresso annuale gli oncologi tedeschi hanno parlato proprio di questo.

Stando alle stime dell'Istituto Robert-Koch di Berlino, quest'anno in Germania s'ammaleranno di cancro 486.000 persone (1.331 al giorno), ma grazie a cure efficaci, molte di loro potranno vivere ancora per anni o decenni.
I 2,1 milioni di individui la cui diagnosi di cancro risale a oltre dieci anni fa sono definiti i "sopravvissuti di lungo corso". Ma sono guariti davvero oppure soffrono degli effetti della malattia più di quanto si voglia ammettere? Il congresso degli oncologi che si è tenuto a Wiesbaden nei giorni scorsi ha cercato di rispondere a questa domanda.
Georgia Schilling del Centro tumori della clinica universitaria di Hamburg-Eppendorf: "Il 53% dei sopravvissuti di lungo corso riferisce di problemi alla salute e il 49% di problemi non sanitari. Dopo cinque anni dalla guarigione, molti di loro non si sentono ancora liberati dal tumore". L'oncologa cita una serie di effetti di lunga durata. Intanto, certe sostanze della chemioterapia danneggiano cuore, polmoni, reni, sistema ormonale, il tratto gastrointestinale -sicché col tempo qualche organo può risentirne. In quanto alle nuove terapie biologiche, giacché devono essere eseguite per vari anni, almeno in parte, di fatto si trasformano in cure croniche; oltre tutto sono praticate solo da qualche anno e dunque si sa ancora poco dei risvolti. Anche le radiazioni o l'intervento chirurgico possono portare a disturbi in là nel tempo.
L'elenco delle conseguenze prosegue con casi di menopausa precoce, osteoporosi, stanchezza cronica, dolori alle ossa, dolore fantasma, infertilità. Oppure si presenta un secondo tumore, collegabile ai trattamenti del primo o ricondotto all'età che avanza. Da non trascurare poi gli aspetti psicosociali, come il continuo timore di una ricaduta che può inibire la capacità di lavorare, oppure la riduzione della memoria, della concentrazione, la difficoltà d'apprendimento.
Insomma, si può guarire dal cancro ma essere incapaci di progettare il proprio futuro.

Mancano linee guida
"Credo che il mio medico di famiglia non sappia proprio dove mettere mano". E' la frase di una paziente curata nove anni fa per un tumore alle ossa e che soffre degli effetti ritardati. La signora Schilling l'ha citata come esempio di una realtà diffusa. Il sistema sanitario non è preparato, ha incalzato Peter Borchmann della clinica universitaria di Colonia. Non ci sono le strutture adeguate negli ospedali e negli ambulatori, ma mancano soprattutto direttive di trattamento specialistiche e ben definite, personale abilitato, materiale informativo specifico e strutturato.
Nel 2006 l'Associazione oncologica statunitense pubblicò From cancer patient to cancer survivor, un compendio di consigli per l'assistenza post-terapeutica; da allora sono stati elaborati programmi specifici, Cancer-Survivorship, volti non solo a individuare per tempo gli effetti delle terapie, ma a informare compiutamente le persone toccate dal problema.
Anche il Centro tumori Hubertus-Wald di Amburgo ha elaborato un programma pilota d'impostazione simile.

L'aiuto possibile
Dieter Hoelzel del Registro Tumori di Monaco ha spiegato l'insensatezza dei programmi post-intervento di routine e indifferenziati degli anni ottanta, consistenti in esami radiologici e chimici per scoprire un eventuale nuovo tumore anche in assenza di sintomi -per lo più inutili. Un programma per i sopravvissuti del cancro deve porsi ben altre domande, sostiene l'epidemiologo. "Quale aiuto è possibile?". "Che aiuti riceve il paziente e da chi?" "Quali priorità occorre darsi?". Ma anche: "Quali sono le conseguenze a lungo termine di cui soffrono maggiormente e più a lungo i sopravvissuti?" Questi dati dovrebbero essere rilevati e coordinati in reti regionali e valutati dai vari livelli d'assistenza. Le informazioni potrebbero poi servire a elaborare programmi di assistenza post-terapeutica e nella formazione dei medici.

(tratto da un articolo di Hildegard Kaulen su Frankfurter Allgemeine Zeitung del 20-04-2012. Traduzione di Rosa a Marca)
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