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DIVIETI PER MUCCA PAZZA
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Comunicato 
5 maggio 2000 0:00
 


LA COMUNITA' EUROPEA USA METODI POLITICI DI PREVENZIONE, LI' DOVE BASTEREBBERO QUELLI SCIENTIFICI. E CRESCE IL PERICOLO CHE AUTORITA' SANITARIE E CONSUMATORI NON SAPRANNO PIU' COME E DOVE INDIVIDUARE IL RISCHIO.

Firenze, 5 Maggio 2000. Il prossimo 10 maggio il Comitato veterinario europeo esaminera' un progetto di proposta della Commissione europea su alcuni divieti per prevenire il contagio umano da morbo della mucca pazza. Questi divieti dovrebbero entrare in vigore gia' il prossimo primo luglio.
Interviene il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito.
C'e' qualcosa che non torna, perche' da una parte la Commissione dichiara che il pericolo e' sotto controllo, dall'altro si comporta come se cio' non fosse, dando scontate certezze che non sono tali.
Lo scorso 1 agosto e' stato levato l'embargo alla carne britannica, con l'opposizione di Francia e Germania, dove quest'ultima alla fine ha ceduto solo per pressioni politiche, perche' non e' venuta meno neanche una di quelle motivazioni che l'avevano indotta a non condividere la decisione della Commissione. La Francia, invece, e' andata avanti, con precise ricerche e valutazioni, fino all'allarme lanciato dal ministro dell'Agricoltura: non e' certo che i metodi preventivi usati fino ad oggi siano centrati, perche' l'epidemia continua ad avanzare.
Nelle scorse settimane abbiamo avuto il caso napoletano di una donna (non la prima in zona) ricoverata in gravi condizioni con sospetta infezione da morbo della mucca pazza.
Una situazione tutt'altro che tranquilla, dove il nostro ministero della Sanita' e il Governo, si sono distinti per assenza e mera registrazione delle decisioni comunitarie.
Ed eccoci ai prossimi divieti, dove si chiedera' di eliminare -al momento della macellazione di ovini e caprini di ogni eta'- cranio, cervello, occhi, midollo spinale e intestino tenue. Mentre ci sara' disco verde totale per i bovini di eta' non superiore ai dodici mesi.
Noi ci domandiamo come fara' il consumatore a sapere se quello che sta mangiando risponda a queste caratteristiche, visto che comunque si tratta di animali provenienti anche da zone a rischio -gia' economicamente stressate per il lungo embargo- dove, come ci hanno dimostrato in passato, non si va tanto per il sottile in tema di prevenzione.
Crediamo che si stia per aprire una telenovela come quella dei prodotti transgenici, con quel mitico 1% non dichiarato in etichettatura e la stessa che riguarda solo la composizione dei prodotti finali.
Si sta scegliendo una strada sbagliata, perche' -per il consumatore- perdere il filo che conduce agli animali piu' o meno infetti e/o macellati come dovrebbero esserlo, sara' molto semplice, e soprattutto restera' ignoto a chi ci deve garantire la sanita' del cibo.
Abbiamo l'impressione che si stia utilizzando un metodo politico (che deve accontentare le necessita' economiche dei Paesi allevatori) li' dove sarebbe sufficiente solo quello scientifico, cioe' l'isolamento delle zone dove il fenomeno si e' e si sta sviluppando, proprio come -a loro modo- stanno cercando di fare i francesi.
In assenza di certezze, converrebbe molto di piu' incentivare gli allevatori delle zone coinvolte perche' convertano la loro attivita', che non rischiare sulla salute anche di un solo consumatore.
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