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6 GENNAIO E BORSA
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Comunicato 
5 gennaio 2000 0:00
 


I SERVIZI A DISPOSIZIONE DEGLI UTENTI SONO ANCORA LIMITATI E I RISULTATI SARANNO DROGATI. AL RISPARMIATORE ITALIANO E' PRECLUSO IL CONTROLLO E IL GIOCO DEI PROPRI RISPARMI IN BORSA.

Firenze, 5 Gennaio 2000. Dopo il finto boom della Borsa di Milano lo scorso 8 dicembre, ci si appresta ad altrettanta performance per domani 6 gennaio.
Interviene il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito.
Il clima e' decisamente diverso rispetto a quello dell'8 dicembre scorso, quando euforie e novita' (tipo Enel) ancora non avevano mostrato tutte le loro "problematiche" e si decanto' -grazie alle banche chiuse e alle trattative "riservate" solo ai piu' esperti del mercato- il miracolo (finto) italiano rispetto ad un andamento europeo tutto in ribasso, ma la lezione non e' stata ancora ben capita.
Infatti per domani i servizi a disposizione degli utenti che intendono controllare e intervenire sul mercato borsistico, sono ancora limitati. In particolare, fatte alcune eccezioni che giustamente vengono ben pubblicizzate, gli sportelli bancari saranno chiusi; e nonostante i tanti clamori dell'informazione sui canali alternativi per intervenire (Internet in Italia, per esempio, e' ancora un bambino che non fa i primi passi), la realta' e' che all'utente italiano e' precluso il controllo e il gioco dei propri risparmi in Borsa.
Per questo i dati che leggeremo domani a chiusura della Borsa italiana, dovranno essere presi con le pinzette: non risponderanno al mercato perche' tutti gli attori non avranno potuto parteciparvi. E se questo potra' far felice qualcuno che urlera' alla "tenuta" italiana, sappiamo gia' in partenza che il dato sara' drogato.
Ma, al di la' delle soddisfazioni finte o vere che siano, resta il macigno piu' importante: le banche e i nostri amministratori non hanno voluto rimuovere gli ostacoli -culturali e politico/sindacali- che consentano al mercato italiano di essere sullo stesso nastro di partenza di quello degli altri Paesi nel mondo: gli interessi delle corporazioni sindacali e bancarie hanno ancora avuto il sopravvento sui servizi e la loro qualita' e continuita'.
Alla base di questa situazione anomala, c'e' un'impostazione bizzarra che crede di raggiungere il miracolo economico (come, per esempio, negli Usa in questo momento) lavorando meno e restringendo i tempi di fruizione dei servizi prodotti. Una bizzarria che ben si sposa con il cercare di far diventare le aziende di Stato (l'esempio dell'Enel e' sempre valido) tra i migliori protagonisti del mercato borsistico.



NUOVO GESTORE TELEFONIA MOBILE IN ITALIA
STATO VORACE CON IL BENEPLACITO DELLA COMMISSIONE EUROPEA.
CI STIAMO AVVIANDO VERSO UN DUOPOLIO: SUCCEDERA' COME PER LA BENZINA

Firenze, 5 Gennaio 2000. La Commissione europea ha dato il lasciapassare perche' la joint venture Blu- composta da British Telecom e la Societa' Autostrade spa- operi sul mercato italiano della telefonia mobile. "Nessuna delle societa' che controllano Blu e' stata finora attiva su questo mercato"- ha detto la Commissione; concludendo che questa operazione non creera' una posizione dominante di mercato.
Interviene il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito.
Il concetto di posizione dominante e' abbastanza vario: finora eravamo abituati alle interpretazioni che ne dava l'Antitrust italiana, ed ora aggiungiamo anche quella della Commissione europea. E' proprio vero quello che ci ha insegnato Albert Einstein: il concetto di relativita' e' quello dominante; anche se credevamo che fosse relativo alla scienza, non al Diritto.
Quindi Autostrade spa -il cui capitale e' controllato dal ministero italiano del Tesoro e la cui privatizzazione riguarda solo quote minoritarie del suo capitale- per la Commissione non ha agito sul mercato della telefonia: se e' vero per la societa' in se', non si puo' dire altrettanto per il suo proprietario (Tin e Wind, per esempio, sono forse societa' senza capitale pubblico?). Questo alla Commissione non basta per capire che il solito proprietario ha una posizione dominante, non tanto perche' c'e' gia' su questo mercato, ma perche' la sua potenziale affermazione non nasce dal sapere vendersi bene, ma dalla resistenza sul mercato grazie al foraggiamento di capitale pubblico (cioe' dei contribuenti obbligati e impotenti di fronte a simili scelte) che gli viene dato pur a dispetto delle sue possibili incapacita'.
Ci sembra che le aperture del mercato italiano al processo di liberalizzazione -e quindi di miglioramento della qualita' e dei costi per gli uenti- stia proprio prendendo una brutta piega, con lo Stato che -con vari vestiti- si ritrovera' a dettare le regole del gioco per se stesso e, di conseguenza, ad obbligare gli altri non-statali a sottostare alle sue regole.
Un gioco che abbiamo gia' visto nel mercato cosiddetto liberalizzato della benzina, dove AgipIp (ministero del Tesoro) gioca a carte in due con l'Unione Petrolifera, ma dove e' lei che fa le regole … con i risultati di prezzi che sono sotto gli occhi di tutti.
Non ci sembra di essere catastrofici per immaginare che altrettanto sta per succedere per il mercato della telefonia, con la nascita di un duopolio intersocietario: a quando l'Unione Petrolifera del settore?
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