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L’Italia amministrata come un condomìnio? Il caso Ovattoni da Prato
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Comunicato di Vincenzo Donvito
18 ottobre 2018 11:33
 
  Avete presente quelle riunioni di condominio dove c’e’ quel condòmino (mediamente antipatico) che invoca provvedimenti restrittivi per impedire che si possa passare col cane (che non evacua e non abbaia) negli spazi comuni? Oppure che chiede all’amministratore di intervenire perché, quando esci da casa la mattina alle sei, le tue scarpe cigolano? Storie di ordinaria umanità che, nel caso del vivere insieme in un palazzo, si manifestano in tutta la loro stupidità, irrazionalità, cattiveria, inciviltà. Frutto di una mentalità e di un approccio al viver comune tutto basato sul proprio tornaconto fine a se stesso, senza un minimo di disponibilità al sacrificare (ammesso che si possa contraddistinguere con un verbo del genere, ché ci sembra eccessivo) un po’ di se stessi per il buon vivere comune. Dal condomìnio alla scuola, per esempio: col proprio figliolo che è sempre bravo e il professore non capisce nulla. E poi quando si guida un automobile: gli altri sono incapaci e limitano la nostra libertà di spostamento.
Insomma, crediamo di aver spiegato il concetto.
Che c’è venuto in mente leggendo di Patrizia Ovattoni, da Prato, al secolo segretaria provinciale della Leganord, assurta alle cronache mediatiche perché, contestando il piano del suo Comune per le piste ciclabili, ha detto (e ribadito anche in una trasmissione radiofonica nazionale) che, siccome i veri lavoratori e i veri genitori che portano i figli a scuola vanno in macchina, queste infrastrutture sono “un disegno ideale per richiedenti asilo ed immigrati che di solito vanno a piedi o in bicicletta, piuttosto che un progetto volto a migliorare le condizioni di vita della nostra collettività”.
Mettiamo in parallelo la cultura civica – e non solo - del condòmino di cui sopra e quella della signora Ovattoni, con l’aggravante per quest’ultima che, a differenza del condòmino che crede di difendere la sua intima felicità (quella che oggi abitualmente si contrabbanda con la parola privacy), la segretaria leghista dovrebbe difendere anche la felicità degli amministrati. Un contesto in cui la cosa pubblica dovrebbe essere amministrata come in un rapporto tra condòmini, come un condomìnio. E’ così? Ci si consenta di dubitarne, visto che le politiche e le decisioni amministrative sono un po’ più complesse e dovrebbero avere le caratteristiche di pubblica utilità, includendo anche coloro che vengono valutati come cattivi. Ora, a parte le castronerie della signora Ovattoni su chi e come si muove in città (1), quand’anche le sue opinioni fossero realtà, gli immigrati con dovrebbero muoversi bene e portare bene i figli a scuola? Si’, lo sappiamo che dalle sue parole traspare la voglia di mandar via a calci tutti coloro che non le piacciono e che, non potendolo fisicamente fare, cerca di levargli il terreno da sotto i piedi anche per le più elementari funzioni vitali (come i dispetti del fratellino maggiore a quello minore), ma per l’appunto non si amministra una città come un condomìnio.
Poveracci noi, poveracci i pratesi e poveraccia la signora Ovattoni (2). Forse il nostro Paese merita di più che non essere amministrato come un condomìnio, soprattutto con il confronto culturale e civico tipico dei condomìni (3).

1 – la segretaria leghista, su pressione dei capi del suo partito, ha fatto le scuse ai ciclisti, ma non agli immigrati
2 – a proposito del cognome della signora: è vero o è quello di un personaggio del comico Paolo Hendel?
3 – non ce ne vogliano i vari condòmini e amministratori di condomìnio, abbiamo solo generalizzato una realtà che non si può negare.
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