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Servizio pubblico Rai in estate. La pandemia come notizia e basta, ci sta facendo male, alla testa e al fisico
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Comunicato di Vincenzo Donvito
16 luglio 2020 15:15
 
  Con il pagamento dell’imposta per il possesso di un apparecchio tv paghiamo il cosiddetto (1) canone. Il ritorno è una gigantesca macchina giornalistica, “la più grande industria culturale del paese” come talvolta la Rai stessa ama specificarsi. E bisogna riconoscere che molte delle trasmissioni che vengono fatte hanno un loro spessore, una loro qualità e una loro professionalità. Che comunque nulla dovrebbero avere a che fare col fatto che sono un servizio pubblico pagato da un’imposta e dallo loro presenza sul mercato pubblicitario (2) al pari dei loro concorrenti. Ma è così. Ne prendiamo atto e continuiamo a chiedere che questa industria sia privatizzata (3): voce nel deserto delle istituzioni dove, a parte una decina di deputati, tutti, dal governo all’opposizione, concordano che la Rai debba continuare ad essere com’è, e tutti hanno in qualche modo una loro presenza che li ricompensa dall’accettare questa situazione.

Noi contribuenti e utenti, però siamo un po’ diversi. Le nostre esigenze vanno oltre l’assecondamento di chi è al potere. Non ci basta il fatto che comunque il Paese abbia un servizio pubblico, ma pretendiamo che quei 10 euro che ci vengono prelevati in automatico con ogni bolletta elettrica per pagare questa “grande industria” rispondano a dei criteri di pubblica utilità. Certo, c’è anche una commissione di vigilanza di nomina parlamentare (quindi legata alle nostre espressioni elettorali) che dovrebbe per l’appunto vigilare su quello che viene proposto e tutti gli annessi e connessi. Ma sembra che, a parte qualche sobbalzo in occasioni particolari, la vigilanza di questa commissione si limiti alla verifica (e talvolta al richiamo) che tutto sia come dovrebbe essere, principe la logica e la pratica della spartizione della gestione ed esecuzione tra tutte le forze politiche che sono rappresentate nelle nostre istituzioni.

Questa estate ha qualcosa di particolare rispetto alle estate degli anni passati: siamo in emergenza sanitaria. Tanti non vanno in vacanza o ci vanno in forma ridotta. E altrettanti tanti hanno meno soldi e lavoro rispetto a prima. E la stanzialità nelle proprie dimore è decisamente cresciuta rispetto a qualunque riferimento del passato.
Ci si aspetterebbe che altrettanta attenzione e iniziativa sia presa da parte dello Stato con la Rai, anche in considerazione che l’amministrazione nazionale e locale sono molto impegnate nel dare una mano a tutti a farsi meno male (nel bene e/o nel male è quello che comunque accade).

Lo Stato che disciplina le emergenze si è dimenticato della Rai
Ma lo Stato sembra che si sia dimenticato della Rai. Forse perché la Rai è uno Stato nello Stato e le regole sono un po’ diverse e non necessariamente concatenate. Possibile. Ma tutti i dipendenti della nostra “grande impresa culturale” crediamo abbiano gli stessi stipendi di prima. Non crediamo siano stati soggetti, come molti altri operatori di uguali settori dell’informazione non di Stato, a licenziamenti, ridimensionamenti, ricalcolo dei vantaggi e degli utili e disutili. Insomma: la Rai è, economicamente, a pieno ritmo se stessa: gli introiti da canone continuano (non ci sono provvedimenti dell’Autorità energetica Arera o Agcom che li abbia sospesi) e gli introiti da pubblicità, almeno vedendo i vari canali, sembra ci siano… anzi forse sono anche di più, perché stando in tanti chiusi in casa più di prima, vediamo di più la tv e quindi anche la Rai, e la pubblicità ci sembra anche di più (forse prima non ci facevamo caso più di tanto…).

Rai piena di repliche
E allora, visto che il mondo e l’Italia e la nostra economia e la nostra socialità è cambiata, perché la Rai è uguale a quella dell’anno scorso, cioè: uguale a quella dell’estate scorsa, piena di repliche… quasi a manifestare una sua stanca presenza per contribuenti e utenti distratti da cose più socializzanti all’esterno delle loro abitazioni?… socializzazione che è molto minore per i noti motivi sanitari; socializzazione che sarebbe meglio fosse ancora minore rispetto a quella che è ora, e che sembra sia molto pericolosa per la nostra stabilità pandemica… certo con una Rai che ci rifila trasmissione di nostalgia del passato pur se condotte da presentatori sulla cresta del momento, o serie di film a episodi già visti e rivisti… la voglia di uscire di casa ed andare a mescolarsi ai tanti incoscienti che si assiepano all’ingresso di un bar, diventa stimolante.

La Rai vive in un modo e in un mondo diverso?
Perché la Rai non prende in considerazione le raccomandazioni che ci arrivano da parte di tutte le autorità dello Stato? Perché gli operatori della Rai devono essere in vacanza in questo momento e non hanno modificato la loro organizzazione del lavoro in virtù dell’emergenza pandemica e rispondere, così, alla funzione di servizio pubblico di informazione e intrattenimento?
Forse alla Rai vivono in modo diverso, come se fossero un azienda privata e quindi fanno quello che vogliono?

C’è qualcosa che non ci torna. E che ci porta a dire che se oggi il pericolo pandemico è ancora presente e suscettibile di un qualche ritorno più pericoloso, la responsabilità è anche della Rai.
O forse non è questa la funzione di un servizio pubblico? Servizio pubblico i cui dirigenti ed operatori si assumono gli onori, ma di fronte agli oneri sembra che siano una azienda privata dedita solo al raggiungimento del suo budget e alla soddisfazione dei suoi azionisti?
Visto che gli azionisti del servizio pubblico siamo noi che paghiamo l’imposta/canone, lo scriviamo in maniera precisa: non ci piace, non siamo soddisfatti e ci state anche facendo male.

note
1 – malamente detto, visto che le parole hanno un significato e chiamare canone un’imposta è una truffa, legale e riconosciuta tale da leggi e autorità di controllo dello Stato.
2 - in aperta distorsione delle regole base della concorrenza (le sue rivali non hanno imposte/canoni, ma solo pubblicità, il cui mercato se lo devono contendere con la Rai).
3 – qui il nostro canale web specifico in materia
 
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