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TASSE E COMMERCIO ONLINE
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Comunicato 
3 giugno 2000 0:00
 


L'INIZIATIVA DELLA COMMISSIONE EUROPEA SERVIRA' A FAR PAGARE AI CONSUMATORI ITALIANI OLTRE IL 30% IN PIU' DI QUANTO PAGANO I CONSUMATORI USA. E A SNATURARE LA POTENZIALITA' DI MERCATO E DI LIBERTA' DI INTERNET, STIMOLANDO MERCATO CLANDESTINO E TRANSAZIONI ILLEGALI.

Firenze, 3 Giugno 2000. La Commissione Europea ha preparato un progetto di direttiva per regolamentare fiscalmente l'E-commerce verso i Paesi extra-europei. Si prevede il pagamento dell'Iva per i prodotti acquistati da venditori extra-comunitari che abbiano un fatturato superiore a 200 milioni di lire (per quelli sotto questa soglia e' prevista l'esenzione), e lo sgravio della stessa imposta per i venditori di Paesi Ue che vendono fuori dei confini comunitari. Per gli operatori stranieri che vogliono vendere in Paesi Ue, sara' obbligo stabilire una sede o una rappresentanza legale in questi Paesi.
Interviene il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito.
L'assassinio di Internet procede spedito!
La normativa di riferimento, in cui si definisce il concetto di territorio di applicazione, per l'Italia sarebbe il decreto 633/72: concepito nel 1972 -ripetiamo: millenovecentosettantadue, quando Internet era solo la rete della Cia americana, e che nessuno, se non gli addetti ai "lavori della Cia" stessa, conosceva.
In Usa, intanto, e' di alcune settimane fa l'approvazione -da parte del Congresso- di una legge di totale detassazione per l'E-commerce interno, riprendendo un altro voto di novembre 1999, in cui fu approvata una proposta del presidente Clinton di non tassare mai questo commercio.
E gli accordi di moratoria in materia, presi anche dall'Italia in sede Wto (l'organizzazione mondiale del commercio), a cosa servono? Sono accordi che scadono alla fine di questo anno …. e' questa la nostra continuita' e la nostra risposta?
Chi paga, ovviamente, e' il consumatore finale, che non scarica Iva, ma si ritrova, nel caso italiano, un buon 20% in piu' sul prodotto che ha deciso di acquistare via Internet, a meno che non si rivolge ad una dittarella sconosciuta, che si presuppone fatturi meno di 200 milioni di lire (trovarne uno in Usa -che e' il mercato principale dell'E-commerce- sara' un'impresa), a cui affidare il proprio numero di carta di credito, incrociando le dita e sperando che il proprio dio gliela mandi buona. Ma non e' solo il 20%, perche' comunque sussistono i diritti doganali per l'importazione di un prodotto extra-comunitario, di circa il 10%. E ancora: le spese dell'azienda che dovra' avere una sede o un corrispondente sul nostro territorio, da chi saranno pagate? Ovviamente dal consumatore. Per cui il sovrapprezzo -a perdere- del consumatore e' ben oltre il 30%.
E' evidente che con questa direttiva si snatura la potenzialita' di mercato e di liberta' di Internet, stimolando mercato clandestino e transazioni "illegali". Obbligando, alla fine, ad acquistare solo nel proprio Paese, con i prezzi gonfiati di tasse per uno Stato sempre piu' lontano.
Ci rendiamo conto che per ora si tratta solo di un progetto di direttiva che deve essere ancora approvata, e si deve ancora stabilire come gli Stati nazionali dovranno metterla in pratica. Ma, i passaggi successivi, e i soggetti che ne saranno coinvolti, non fanno ben sperare. Basta solo ricordare la proposta di "portale di Stato" venuta da parte del Governo, seguita a ruota da quella delle Camere di Commercio per dare spazi gratis di Internet alle aziende: alla faccia di concorrenza e mercato.
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