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Coronavirus, economia e finanza: perché sono ottimista
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Editoriale di Alessandro Pedone
18 marzo 2020 11:03
 
  Si legge e si ascolta un gran pessimismo in giro legato alla dichiarata pandemia globale.
Non intendo minimizzare la portata di questo evento.
Possiamo a buon diritto utilizzare un termine sovente abusato per descrivere questa situazione: è un fatto storico. Questo evento ha la stessa portata che ebbero le “Torri Gemelle” o il “fallimento di Lehman”. Sono eventi che impattano significativamente nella psiche collettiva ed inducono cambiamenti strutturali nelle società.
Questo evento, che probabilmente sarà ricordato come il “Coronavirus” (1) porterà dei cambiamenti strutturali nell’economia e nella finanza e questi cambiamenti a lungo termine potranno essere positivi, forse anche molto positivi, ovviamente se saranno gestiti nei modi più opportuni.

Effetti a breve termine 
Non voglio entrare nel merito tecnico scientifico sulla reale pericolosità del COVID-19 né su quali sarebbero le misure più efficaci per contrastarlo. Non è il mio campo ed in genere ritengo che sia preferibile cercare di informarsi presso le persone che hanno studiato una specifica materia, magari confrontando pareri diversi (sempre però di persone del settore). Per parte mia, cerco di non parlare di cose delle quali non sento di aver approfondito a sufficienza. 
Al momento, la risposta prevalente delle autorità pubbliche a questo problema è stata la cosiddetta strada del “contenimento”, la quale prevede un blocco di molte attività economiche per un periodo non precisabile, che potrebbe essere nell’ordine di qualche settimana. 
E’ del tutto evidente che se misure simili a quelle intraprese dall’Italia (e che stanno prendendo in Spagna, Francia, in parte Germania) dovessero estendersi alla grande maggioranza delle nazioni economicamente significative, a partire dagli USA, gli effetti di breve termine nell’economia di questi provvedimenti saranno semplicemente devastanti. 
Direi che è banale prevedere che la caduta del PIL del terzo trimestre per l’Italia sarà la più grande mai registrata, escludendo probabilmente gli eventi bellici. La stessa cosa accadrebbe in tutte le altre nazioni.
Il primo, enorme, elemento di incertezza è la durata di questo evento.
Troveremo, a breve, qualche soluzione farmacologica che impedisca, ad esempio, alle persone affette da questo virus di andare in rianimazione? 
Sappiamo che il problema principale del COVID-19 non è il suo tasso di mortalità, non siamo davanti ad un caso paragonabile, ad esempio al virus Ebola (EVD) il quale ha tassi di mortalità superiori al 50%. 
Si tratta più di un problema organizzativo delle strutture sanitarie più che di un problema legato alla pericolosità del virus in sé.

Effetti a lungo termine
Non sappiamo quando usciremo dalla fase di emergenza ma è un fatto che ne usciremo. A quel punto ci sarà da fare i conti con gli effetti a lungo termine. 
Ovvio che questi effetti saranno tanto più pesanti quanto più sarà prolungata la fase di emergenza e quanto peggio l’avremo gestita in termini di aspettative (cioè quanto i governi avranno fatto spaventare gli operatori economici non dandogli immediate speranze di supporto). 
Ciò che mi rende positivo rispetto alle conseguenze a lungo termine è il fatto che questo evento ci trova in una situazione culturale profondamente diversa rispetto al periodo 2008-2012 nel quale imperava un cultura economica che - per ultra-semplificare - potremmo chiamare “neo-liberista” (2). Con questo termine mi riferisco ad una cultura economica che ritiene che il mercato possa e debba trovare da solo un suo equilibrio, che il debito pubblico sia il principale nemico da combattere, che l’inflazione sia peggiore delle disoccupazione, che lo Stato dovrebbe occuparsi il meno possibile dell’economia, quindi dovrebbe avere lo scopo fondamentale di ridurre la sua spesa e di conseguenza le tasse. 
I danni a lungo termine, specialmente in Europa, del periodo 2008-2012 (e per l’Italia praticamente fino ad oggi) non sono stati causati dagli eventi in sé, ma da questa cultura che - finalmente - ha praticamente esaurito la sua forza propulsiva, almeno a livello di élite culturali. Se qualcuno desiderasse un po’ approfondire questo tema può leggere quello che scrivevo meno di un anno fa in questo articolo: “La finanza salverà il mondo? Le ragioni dell’ottimismo”.  
A livello di intellettuali di secondo e terz’ordine (qualche professore, qualche giornalista, qualche blogger/scrittore) ed ancora di più fra quella fetta di popolazione che si ritiene informata ed ovviamente opera nella società (in finanza, molto numerosi) la maggioranza ha ancora riferimenti culturali che appartengono ai precedenti decenni.

Nella società in generale, quindi, si tende a pensare che il problema principale per affrontare le conseguenze economiche a lungo termine nell’economia sarà che “mancheranno i soldi”. Gli Stati dovranno indebitarsi e Stati come l’Italia, che hanno già un debito pubblico “enorme” (nel vecchio pensiero), si troveranno con problemi impossibili da affrontare. 

L’idea di fondo è che l’economia (e quindi la finanza) abbia qualche forma di “legge” non modificabile dall’uomo. Si parla, ad esempio, di “legge della domanda e dell’offerta” ed altre cosiddette “leggi economiche”, come se stessimo studiando il moto degli astri o delle particelle elementari.  

In realtà non esiste nessuna “legge economica”, esistono le regole che l’uomo si crea e che determinano i comportamenti collettivi. I soldi non possono mancare per la semplice ragione che il denaro non è qualcosa che esiste in natura, ma un’invenzione umana.
Il Coronavirus non è un meteorite che si è abbattuto su un quarto delle terre emerse ed ha distrutto popolazione, imprese, infrastrutture. Le nostre capacità rimangono sostanzialmente intatte. Il numero di morti, per fortuna, è percentualmente irrilevante (fra un po’ di tempo sarà interessante prendere nota della variazione del numero dei morti complessivi, credo che avremo delle sorprese) e quasi esclusivamente concentrate nella fascia delle popolazione economicamente inattiva (sia chiaro che non sto affermando che queste non meritino tutta la nostra attenzione, l’uomo viene molto prima dell’economia!)

In sostanza, le conseguenze a lungo termine sull’economia del Coronavirus dipenderanno da come le autorità pubbliche (governi e banche centrali) gestiranno gli stimoli diretti nell’economia reale. E la mia sensazione è che questa volta faranno, molto, ma molto prima e meglio di quanto - specialmente in Europa - abbiano fatto con la crisi del 2008 che in Europa si è protratta ed acuita nel 2011/12.

Cosa dovremmo fare?
L’ultima crisi è stata superata con misure straordinarie di politica monetaria. Ridotto il concetto in estrema sintesi: le banche centrali hanno immesso una quantità esagerata di denaro nel sistema finanziario. 
E’ ormai lampante che queste misure non sono più sufficienti.
Quello che i governi dovranno fare è mettere soldi direttamente in mano alle imprese ed alle persone. 
Ci sono molti modi tecnici nei quali questo potrebbe essere fatto sia dalle banche centrali che dai governi e non è questa la sede per affrontare i dettagli. 
A titolo di esempio, le banche centrali potrebbero istituire una contabilità bancaria separata per tutte le banche nella quale confluirebbero una serie di operazioni di stimolo economico reale (ad esempio le rate non pagate dei mutui per chi ha perso il lavoro) le cui perdite sarebbero automaticamente coperte dalla liquidità delle banche centrali.
Il dato di fondo è che questa volta i soldi dovranno finire nelle mani dei cittadini ed imprese e non alle istituzioni finanziarie per comprare titoli.
Se questo scenario si realizzerà  ovviamente, genererà inflazione. 
La gestione dell’inflazione, affinché salga ma non vada fuori controllo, sarà il tema dei prossimi anni. Abbandoneremo la fase dei tassi zero o negativi ed inizieremo ad affrontare il problema dell’inflazione. 

Al momento non credo che l’evoluzione del pensiero culturale sarà tale da farci del tutto abbandonare il problema del debito pubblico. Una monetizzazione spinta del debito pubblico potrebbe avvenire solo qualora dovesse accadere qualche evento ad oggi imprevedibile, magari collegato a questa situazione. Al momento vedo più probabile, ad esempio, una modifica dello statuto della BCE per renderla più simile alla FED negli USA. Il debito pubblico formalmente rimarrebbe, ma di fatto non sarebbe più un problema. 

Conseguenze per la finanza
Gli ultimi 15 giorni sui mercati finanziari sono stato al cardiopalma. 
E’ sostanzialmente crollata la narrativa che ha tenuto i prezzi elevati per tutti questi anni. Le banche centrali non sono state più percepite come “onnipotenti”. Stiamo entrando in un’altra era finanziaria. 
Mentre lo viviamo, mediamente, non siamo in grado di comprenderlo pienamente ma questo periodo sui mercati finanziari influenzerà gli stessi per ancora molti anni. Qualunque sia l’evoluzione che prenderanno. Il contesto non sarà più come prima. 
In particolare, mi sembra molto difficile che la maggioranza delle obbligazioni corporate potranno tornare ai prezzi che abbiamo visto in passato. 
Nel breve termine è evidente che tutti i portafogli finanziari soffriranno tantissimo, ma nel lungo termine si stanno ricreando le condizioni per una crescita più sana del mercato.
Una maggiore attenzione ai rischi che si mettono in portafoglio.
Tutto questo non potrà che far bene, almeno a quegli investitori adulti che saranno in grado di apprendere la lezione. 
Quando scrivevo che sui mercati si vedevano più rischi che opportunità, la maggioranza di chi leggeva non capiva veramente. Non si vedevano i rischi in un mercato dominato dal pensiero di fondo che “tanto le banche centrali faranno qualcosa per evitare le discese”.
Adesso sul mercato ci sono tante più opportunità che rischi. 
Certo, ci potranno essere ancora discese, anche forti. I mercati azionari hanno spazi per scendere un altro 10%, sull’onda dell’emotività, magari anche un altro 20%. 
Così come quando scrivevo che c’erano più rischi che opportunità i mercato sono poi saliti di un altro 15%/20%. 
Ma così come quelle salite erano “fuochi di paglia”, qualora i mercati scendessero ancora da questi livelli, tali discese sarebbero in breve tempo recuperate non appena ci sarà un po’ di chiarezza su come supereremo questo problema, perché certamente lo supereremo. Come umanità abbiamo affrontato situazioni molto più problematiche di questa. 

In sintesi, sui mercati finanziari, questi sono prezzi che già oggi rappresentano una grande opportunità di acquisto. Come scriviamo ormai da molti anni, i portafogli finanziari si costruiscono a partire dagli obiettivi di vita collegati ad esigenze finanziarie, non dalla valutazione dei mercati, la quale entra in gioco in un secondo momento. 
I portafogli si costruiscono con strategie, le quali devono includere sia gli scenari ritenuti più probabili, sia quelli opposti ritenuti meno probabili e, in entrambi gli scenari, gli obiettivi fondamentali dovranno essere comunque raggiunti. 

Quindi non ha senso né precipitarsi a vendere, né precipitarsi a comprare. Ha tanto senso, invece, precipitarsi a comprendere cosa si ha realmente in portafoglio, in termini di rischi e di costi, e come intendiamo progettare le prossime mosse per approfittare di un mercato che - dopo tanti anni nei quali non c’era valore - sta esprimendo opportunità di acquisto.

NOTE
1 - In questo articolo uso il termine improprio “Coronavirus” come metonimia per identificare l’evento globale, così come diciamo “le Torri Gemelle” per riferirsi a quel fatto che tutti ricordiamo e tutto ciò che è accaduto in conseguenza del fatto stesso. Quando mi riferisco veramente al virus indico il termine COVID-19 
2 - “neo-liberista” è un termine che non apprezzo perché tende a dare una connotazione negativa anche al termine “liberista” che invece ha anche tanti aspetti positivi. Però è entrato ormai un po’ nel linguaggio comune e quando si comunica ad un pubblico generico non si può fare a meno di usare gli “strumenti linguistici” disponibili.
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