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ECCO PERCHE' INTERNET IN ITALIA E' ANCORA UNA REALTA' VIRTUALE.
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Editoriale 
15 maggio 2000 0:00
 
Internet in Italia e' ancora una realta' virtuale?
Crediamo di si', in modo particolare per il contesto economico/legislativo in cui questo nuovo sistema di comunicazione dovrebbe affermarsi. Un dato endemico con una tendenza al peggioramento.
Vediamo perche', con alcuni esempi su come si stanno muovendo alcuni settori da cui molto dipende per lo sviluppo di Internet.

L'informazione e il servizio pubblico.
Il ministero delle Comunicazioni si appresta a rinnovare proprio in questi giorni il contratto di servizio con la Rai, in base al quale 2.400 miliardi di lire dello Stato saranno versati nelle casse della societa' di Roberto Zaccaria, oltre a quanto gia' viene percepito con quella tassa sul possesso dell'apparecchio televisivo che continuano a chiamare "canone di abbonamento". Il contratto prevede che la Rai dedichi il 60% ad attivita' di servizio, che, essendo un "servizio pubblico", si presuppone debba essere di pubblica utilita'. Se non si e' nottambuli ed amanti della faziosita' che si trasforma in Tg, per l'utente medio (quello che vede la tv nelle ore di punta), questo servizio si svolge essenzialmente tra giochi piu' o meno demenziali e programmi d'intrattenimento concepiti e messi in opera per conquistarsi audience rispetto alla concorrenza privata. I programmi scientifici (nel senso ampio ed informativo del termine) sono i grandi assenti. Quindi lo Stato paga la sua informazione pubblica con l'unico scopo di mantenere un'azienda che fa concorrenza (sleale e abusando della sua posizione dominante) alle aziende private del settore, contribuendo al mantenimento della condizione di analfabetismo scientifico dei suoi amministrati.

La de-monopolizzazione dell'economia.
Nel 1992, l'attuale presidente del Consiglio dei ministri, Giuliano Amato, trasformo' l'Iri (l'azienda guida della politica italiana dei monopoli, che controlla anche la Rai) in societa' per azioni, avviandone la privatizzazione, tant'e' che il prossimo 30 giugno il suo consiglio di amministrazione sara' messo in liquidazione. In questi giorni, lo stesso cda, ha deciso di vendere la finanziaria del gruppo, Cofiri: il 20% e' andato alla Cassa Depositi e Prestiti (di totale proprieta' dello Stato, tramite il ministero del Tesoro), che ha anche messo un suo diritto di opzione sul restante 80%. Questo e' uno dei tanti tasselli di come in Italia si stiano rispettando gli impegni di privatizzazione presi in sede comunitaria, e per smentire la storiella che sia quasi un fatto ineluttabile e intrinseco al costume e alla dottrina economica italiana, ma tutto legato al procrastinarsi del potere di alcuni uomini guida, valga il fatto -proprio per l'esempio che abbiamo fatto- che tutto cio' avviene sempre sotto il "regno" del professor Giuliano Amato, gia' presidente dell'Antitrust e pluriministro di quel Tesoro a cui lo Stato passa le sue aziende aggiungendogli nel nome il post-fisso "spa".

L'euforia di Internet nel mondo
Vorremmo ricordare cosa sta succedendo agli ormai famosi titoli di Borsa legati alle aziende di E-commerce. In primis i crolli del Nasdaq, ma la lista di aziende simili entrate in sofferenza, sarebbe lunga. Questo per significare che il grande entusiasmo in materia non puo' essere legato solo al mezzo, ma bisogna anche essere bravi e, soprattutto, non scambiare il reale per il virtuale. Altrimenti si fa come il sito di due svedesi, www.boo.com che, partito con investimenti stratosferici, vendendo generi di abbigliamento e sportivi di fascia alta, era riuscito a rastrellare finanziamenti per 109 milioni di dollari, ma, tra lancio e pubblicita' hanno gia' speso meta' del capitale e 70 dipendenti sono stati licenziati. Perche'? Una cosa banale: chi comprerebbe un capo d'abbigliamento senza provarlo, e magari toccare il tessuto?

Internet-Italia
In questo contesto economico e informativo, con le prime vittime del troppo entusiasmo (che e' bene ricordare prima che ce ne siano altrettante anche in Italia), c'e Internet-Italia, con il recente (e inapplicabile) decreto legge che limita la registrazione dei domini e il commercio degli stessi, con l'ordine dei giornalisti che -dimentico del fatto che chi scrive non debba necessariamente essere da lui ordinato- vuole porre questo suo ordine in ogni angolo della Rete, con il Fisco che estende in Rete tutte le assurdita' della sua tassazione non-virtuale (mentre in Usa il Congresso defiscalizza tutte le transazioni in Internet per i prossimi cinque anni).

Le informazioni sul fenomeno Internet
Le informazioni che circolano in Italia sullo sviluppo di Internet, piuttosto che cifre e statistiche che aiutino a capire, governare, programmare e incrementare il fenomeno, sembra siano la gara a chi la spara piu' grossa. I tre maggiori fornitori di accesso alla rete, dichiarano complessivamente quasi 9 milioni di abbonati, ma sono ignoti i criteri di calcolo (soprattutto: quanto si collegano, e quanti di questi -visto il dilagare del free-Internet- hanno piu' abbonamenti con diversi provider, o piu' abbonamenti con diversi nomi?). Da qualche parte abbiamo letto che per la fine dell'anno, si prevedono 13 milioni di navigatori; ma se si stima che le famiglie che accedono ad un computer (a casa o in ufficio) sono circa 3 milioni, vuol dire che ogni famiglia avra' accesso a 4,3 computer ..... la saturazione?
Se volessimo fare un'analisi approfondita e articolata del fenomeno, con dati raccolti con un minimo di ufficialita', e' impossibile. Nel sito dell'Istat sembra che Internet non esista tra gli oggetti da rilevare, e le grandi aziende d'indagine di mercato, per il momento, non ci sembra che si siano azzardate in materia.

Cosa sta succedendo?
Purtroppo quello che sembrava gia' scritto nel libro dell'economia e dei Governi italiani. Lo sintetizziamo con una sola -popolare- parola: "casino".
Una classica situazione in cui gli avversari di sempre delle liberta' economiche si prodigano nelle analisi "contro il liberismo selvaggio", pur in assenza di un minimo sentore di quel liberismo che, comunque fosse, per questi avversari sarebbe sempre "selvaggio".
Lo Stato, in un mix omogeneizzato di potere esecutivo e legislativo, non mostra alcuna intenzione di modernizzarsi nelle esclusive funzioni di garante delle regole e del gioco, ma -come il piu' arretrato pachiderma di old-economy- si sta buttando con tutta la sua stazza in questo nuovo gioco economico. Con il risultato che ne blocca lo sviluppo: uno sguardo veloce sui protagonisti di queste nuove economie -tranne rare eccezioni- vede lo Stato sempre presente, con societa' controllate in toto o attraverso il potere di golden share. E questo Stato, sta cercando di fare le regole per se' e per i suoi concorrenti: bel concetto e bella pratica di democrazia economica.
Non ci sembra, quindi, un'esagerazione l'uso della parola "casino".
(Vincenzo Donvito)

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