
Il primo ministro a Verona, in occasione di Vinitay, per decantare la qualità dei prodotti made in Italy, alla presenza di responsabili della rete di istituti agrari, ha esternato che
queste scuole superiori sono i licei del made in Italy, ché non c’è niente di più legato alla nostra cultura di quello che gli istituti agrari sono in grado di far studiare, tramandare e portare avanti, la possibilità di portare avanti il legame tra nostra cultura e nostra identità (1).
Non sappiamo se la presidente si sia fatta prendere la mano dal contesto, ma è sicuramente una visione del mondo e della scuola che salta a piè pari tutta la cultura italiana, trasferendola solo nell’aspetto produttivo agricolo. Arte e letteratura diventano secondari? Speriamo che la nostra presidente non abbia voluto dire questo.
Però ha riportato al centro dell’attenzione un problema importante della formazione negli istituti superiori: quando a 14 anni si sceglie un un istituto tecnico/professionale piuttosto che un liceo, siamo sicuri che a scegliere non siano i genitori e che i ragazzi siano consapevoli che si stanno indirizzando per il resto della loro vita lavorativa e culturale? Hanno a quell’età i ragazzi un patrimonio di conoscenze e di maturità che consenta loro una scelta del genere? Siamo sicuri che per un ragazzo di quell’età sia più importante scegliere il made in Italy agricolo e non quello di Dante Alighieri?
Ovviamente abbiamo dei dubbi, confortati anche dal fatto che, dopo tanti anni che la scuola italiana è cambiata introducendo gli istituti superiori tecnici e professionali, non ci sembra che ci sia una buona formazione individuale, anzi.
Nel nostro caso, non è chiaro quanto la propaganda specifica, nonché la necessità di creare forza lavoro per i lavori ritenuti importanti per la nostra economia, abbia avuto la meglio sul reale desiderio di informare e formare individui che scelgano con consapevolezza.
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