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E’ iniziato il crollo dei mercati finanziari? Nessuno lo sa, ma…
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Editoriale di Alessandro Pedone
7 febbraio 2018 8:19
 
 
La quasi totalità dei prodotti finanziari venduti oggi si basa su modelli teorici assolutamente datati ed inadeguati. 
La cosa drammatica è che anche tutta la legislazione, e la stessa vigilanza delle autorità di controllo, sono basate su queste teorie obsolete.
La realtà è che nel momento in cui i mercati azionari dovessero attraversare una fase di discesa nell’ordine del 40-60% (magari in 18-24 mesi) e contemporaneamente i tassi dovessero salire dell’1-2% tutti i portafogli finanziari gestiti secondo i modelli tradizionali sarebbero massacrati.



Lunedi' 5 febbraio Wall Street ha vissuto una giornata di volatilità eccezionale, se non di panico. In un solo giorno il mercato ha perso più del 4% dopo aver perso anche di più in giornata.
Ecco la domanda che tutti si pongono: “è l’inizio del crollo?”
La verità è che nessuno può dirlo, ma possiamo fare una serie di considerazioni il cui punto di caduta potrà essere molto importante anche per il singolo investitore, il quale – lo diciamo subito – mediamente dovrebbe essere molto preoccupato, e magari… dopo essersi preoccupato, iniziare ad occupasi di più del suo portafoglio per preoccuparsene meno in futuro…
Non sappiamo se quella di ieri sarà la giornata di inizio del crollo dei mercati, ma è facile ipotizzare che il prossimo crollo, quando accadrà, sarà peggiore di quelli precedenti.
Qui non si tratta di “prevedere” l’andamento dei mercati.
Chi ci legge da tempo sa che noi ripetiamo fino alla nausea che i mercati finanziari sono imprevedibili. Intendiamo con questo dire che non possiamo sapere se, in un determinato arco di tempo, saliranno o scenderanno. Questo dipende da un numero enorme di fattori interni ed esterni ai mercati la cui interazione è sostanzialmente incalcolabile, anche perché un certo numero di questi fattori è sconosciuto.
Ciò che conosciamo bene, però, sono i meccanismi interni al mercato che funzionano da acceleratori della direzione (trend) di fondo.
Questi fattori interni ai mercati sono diventati decisamente più potenti (e quindi peggiori) rispetto alle ultime crisi. Gli algoritmi che negoziano automaticamente i titoli, ad esempio, sono aumentati in modo decisamente preoccupante. La quantità di investimenti effettuati con denaro preso in prestito è molto superiore rispetto a quella delle precedenti crisi.
I livelli di eccesso delle valutazioni dei titoli, in particolare negli Stati Uniti è superiore rispetto alle due grandi discese della bolla delle dot-com e dei subprime.
Un elemento che potrebbe rendere la prossima grande crisi del mercato azionario decisamente peggiore delle precedenti, è il fatto che il mercato obbligazionario non potrà, ragionevolmente, fare da “ancora di salvezza”. Uno scenario nel quale crollano sia i prezzi delle azioni che quelle delle obbligazioni a causa dell’innalzamento dei tassi d’interesse (cosa che sta avvenendo negli USA in questi giorni) è un’ipotesi che non si può certo escludere.

Quale strategia c’è alla base del proprio portafoglio finanziario?
Il punto, quindi, non è pensare di prevedere oggi se questa di oggi sia o meno l’inizio di una grande correzione di medio termine. E’ impossibile prevederlo. Il punto è dotarsi di una strategia operativa che non sia quella classica di comporre un portafoglio diversificato e aspettare l’”orizzonte temporale” prefissato.
La quasi totalità dei prodotti finanziari venduti oggi si basa su modelli teorici assolutamente datati ed inadeguati. Le varie gestioni patrimoniali, fondi bilanciati, polizze unit-linked con pre-selezione dei fondi, ma anche qualche “modernissimo” robo-advisor si basano tutti sulla così detta “Moderna Teoria di Portafoglio” che nasce da lavori degli anni ‘50 di Harry Markowitz.
Sulla base di queste teorie, oggi decisamente obsolete, si ritiene che il rischio sistematico dei mercati si gestisca essenzialmente in due modi: 1) diversificando il portafoglio (in pratica: meno rischio = più obbligazioni) e 2) attendendo il giusto orizzonte temporale (più rischio = più anni nei quali bisogna rimanere investiti).
La cosa drammatica è che anche tutta la legislazione, e la stessa vigilanza delle autorità di controllo, sono basate su queste teorie obsolete. L’analisi del profilo degli investitori e la verifica di adeguatezza delle operazioni proposte ai clienti rispetto al suo profilo, si basano su questi concetti obsoleti.
La realtà è che nel momento in cui i mercati azionari dovessero attraversare una fase di discesa nell’ordine del 40-60% (magari in 18-24 mesi) e contemporaneamente i tassi dovessero salire dell’1-2% tutti i portafogli finanziari gestiti secondo i modelli tradizionali sarebbero massacrati e tutti i progetti d’investimento andrebbero a farsi benedire, anche attendendo i teorici orizzonti temporali prefissati.
Questo non è uno scenario residuale, altamente improbabile, simile al timore di default dell’Italia che qualche anno fa serpeggiava fra molti investitori. E’ un’ipotesi concreta; ovviamente rimane un ipotesi e non una certezza, ma è un tipo di rischio contro il quale è molto sensato tentare di proteggersi, anche “pagando” in termini eventuali minori rendimenti.
Come ci si può proteggere contro questa ipotesi?
Le strategie possono essere varie e non ne esiste una certamente migliore delle altre. L’importante è avere una strategia in proposito.
Le metodologie standard certamente non saranno sufficienti. Un investitore informato e consapevole, oggi dovrebbe domandare alle persone che si occupano dei propri investimenti: abbiamo un progetto per gestire l’eventuale crollo dei mercati azionari ed obbligazionari in contemporanea? Me la può mettere per iscritto?
Nel caso, altamente probabile, che ci si renda conto che “navighiamo a vista”, converrà smettere di “preoccuparci” ed iniziare ad occuparci del problema concretamente.
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