Non passa giorno che un politico (governo od opposizione è relativo) auspichi il ritorno alla produzione di energia nucleare in Italia. La dismissione avvenne dopo i referendum del 1987. Da allora siamo diventati operativi per la produzione di energie cosiddette alternative arrivando vicino al 44% nel 2023 di tutta la produzione nazionale.
Il nucleare, cosiddetto “di nuova generazione" (che si dice sia meno pericoloso) ha il suo fascino, soprattutto per il presunto limitato impatto ambientale/estetico rispetto, per esempio, alla produzione eolica e solare.
Fascino che deve fare i conti con la realtà. Ad oggi, per esempio, non abbiamo ancora stoccato sul territorio le scorie delle centrali dismesse in seguito ai referendum e, soprattutto, non si sa ancora che fare quando, nel 2025, dovremo riportare in patria le scorie che abbiamo temporaneamente stoccato all’estero.
Ovviamente, tutto è possibile, l’importante è decidere.
E’ proprio di ieri un’intervista di un giornale locale al presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, che sostiene che mai la sua Regione darà l’assenso per accogliere le scorie delle vecchie centrali del secolo scorso ancora in giro, come previsto dal piano di stoccaggio delle stesse approvato a suo tempo per il viterbese (insieme a zone nelle province di Alessandria, Matera, Potenza, Bari, Taranto, Oristano, Sud Sardegna e Trapani).
Il presidente della Regione Lazio è della maggioranza che oggi governa l’Italia, quasi tutta (ministro dell’Ambiente in primis) per il ritorno del nucleare. Non sappiamo cosa dicano oggi gli amministratori degli altri siti individuati da Sogin (la società pubblica per lo smantellamento della filiera atomica) ma ricordiamo che a suo tempo, da parte dei politici locali di allora ci fu un totale NO, governo ed opposizione.
Immaginiamo quando dalle parole nei festival di partito e nelle interviste generiche, si passerà ad affrontare il problema con date e scadenze. Il caos.
Non si tratta di essere pro o contro il nucleare in un confronto mediatico, ma di passare dal dire al fare. Quest’ultimo ci sembra molto aleatorio per diversi motivi, tra cui: dove mettiamo le vecchie scorie e quelle che un domani dovrebbero essere prodotte? Cosa si fa per chi è irremovibile su “non nel mio giardino”.... militarizziamo questi luoghi?
Allo stato dei fatti, abbiamo l’impressione che quando si parla di un miglioramento delle attuali scelte produttive energetiche, la determinazione di “facciamo il nucleare”, sia solo un alibi per giustificare e non affrontare l’accumularsi dei ritardi nell’autorizzazione dei progetti rinnovabili.
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