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UNA RISATA A TUVALU SEPPELLIRA' UNA LEGGE ITALIANA?
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Editoriale 
1 aprile 2001 0:00
 
Nei mesi passati in Internet e' girato un "appello per la liberta' di espressione, di comunicazione e di informazione in rete" promosso da Peacelink con un settore ad hoc sul proprio sito http://www.peacelink.it/censura/index.html con lo slogan "L'informazione on-line ha i giorni contati".
L'appello, al quale avevamo aderito a suo tempo, paventava modifiche alla legge sulla stampa che prevedeva l'estensione dell'obbligo del direttore responsabile iscritto all'ordine dei giornalisti alle testate telematiche. In breve la follia delle leggi sulla stampa con tutte le sue rigidita' (anticostituzionali e contro la liberta' di espressione) venivano trasportate anche alla realta' di Internet.
Ricordiamo infatti che l'art.21 della Costituzione italiana recita "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non puo' essere soggetta ad autorizzazioni o censure". In realta' questo articolo e' stato travisato e tradito dalle leggi applicative laddove si prescrive che il direttore di una testata debba essere iscritto all'ordine dei giornalisti, limitando cosi' il principio stesso della liberta' di espressione.
La legge sulla stampa non e' riuscita a terminare il suo iter per lo scioglimento delle Camere. A prima vista sembrerebbe che almeno per questa legislatura le riviste on line l'abbiano scampata. In realta' cosi' non e' andata, perche' fra le maglie di un'altra legge, quella sull'editoria, la clausola di uniformare Internet alla realta' cartacea e radiotelevisiva e' diventata legge.
Questa legge, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 21 marzo 2001 "Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n.416", nelle disposizioni generali definisce e disciplina il prodotto editoriale cosi':
"1. Per "prodotto editoriale", ai fini della presente legge, si intende il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici."
"3. Al prodotto editoriale si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2 della legge 8 febbraio 1948, n.47. Il prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicita' regolare e contraddistinto da una testata, costituente elemento identificativo del prodotto, e' sottoposto, altresi', agli obblighi previsti dall'articolo 5 della medesima legge n.47 del 1948."
Cosa succedera' ora? Chiunque in Internet "diffondera' informazioni", dovra' avere un direttore responsabile iscritto all'ordine dei giornalisti. L'unico modo per evitarlo sara' quello di non avere una testata che contraddistingue queste pubblicazioni e che la diffusione non sia regolare, insomma, che non sia un "giornale telematico".
Quello che e' successo non e' altro che la conferma di leggi inutili e dannose trasportate nella realta' di Internet.
L'ordine dei giornalisti, corporazione utile solo ai propri aderenti, dannosa per il mercato e inutile per i lettori, ha esteso cosi' il suo potere anche sul World Wide Web.
Quali saranno gli effetti di queste modifiche?
Sarcasticamente potremmo dire che finalmente Internet sara' un po' meno anarchica, le notizie che vi troveremo saranno vagliate da sapienti penne di "iscritti all'ordine", e che i lettori saranno cosi' piu' tutelati di quanto non lo siano oggi. Troveremo meno aspiranti scrittori e giornalisti in giro per la rete, che si esercitano a scrivere articoli opinioni e commenti in html a meno che non trovino qualche iscritto all'ordine, come prestanome, per avere una testata giornalistica.
Qualche problemino ci permettiamo di immaginare sorgera' per l'applicazione della legge.
Fino a qualche anno fa il reato di stampa clandestina (ovvero quella che non rispettava la legge del 1948) era addirittura penale, in parole povere si rischiava fino a due anni di carcere, depenalizzato nel 1999 (http://www.aduc.it/SOS/help13.html) ad amministrativo, oggi si rischiano "solo" multe pecuniarie.
Ma, ammettiamo pure che la polizia informatica italiana riesca a beccare tutti i siti che illegalmente distribuiscono informazione, come la mettiamo con quelli stranieri? Se prendiamo un dominio di un paese senza ordine (dei giornalisti) come possiamo fare a far rispettare la legge italiana?
Siccome anche le cose piu' serie hanno sempre un loro aspetto comico, il suffisso piu' quotato a cui aspirano le compagnie televisive per mettersi in Internet e' il .tv, il suffisso che la Naming Authority ha affidato all'arcipelago di Tuvalu: diecimila abitanti su nove isole sperdute nel Pacifico, a meta' strada fra Hawaii e Australia, a rischio di inabissamento.
Non osiamo chiederci come faranno a sequestrare quell'informazione clandestina.
Grazie ad Internet una risata tuvalana riuscira' a seppellire una legge cosi' stupida?
(Donatella Poretti)
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