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Valori e leggi. Sentenza Cassazione. I giudici custodi della cultura oltre che delle leggi?
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Editoriale di Vincenzo Donvito
16 maggio 2017 15:06
 
 Fa discutere la sentenza di Cassazione che ha condannato un cittadino sikh che portava un coltello come simbolo religioso, a non poterlo fare perche’ non autorizzato. A niente e’ valsa l’opposizione di questo cittadino, che ha evocato la liberta’ di culto, perche’ per i giudici conta di piu’ la legge che impone l’autorizzazione per il porto di un’arma (1).
Condividiamo la sentenza, ma siamo perplessi sull’argomentare dei giudici per arrivarci. I giudici sostengono “l’obbligo per l’immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale in cui ha liberamente scelto di inserirsi”. Dovremmo capirci sul significato della parola “valore” che, al di la’ del significato di “valore giuridico”, non ci sembra che in sentenza sia espresso solo in questo senso. Cosi’ come quando i giudici scrivono “l’unicita’ del tessuto culturale”… ma quale “unicita’”, “unicita’” di chi e di che cosa, noi conosciamo una sola unicita’, che non e’ quella del tessuto culturale, ma delle leggi.
Sono proprio questi passaggi non molto giuridicamente felici che sono poi stato l’elemento scatenante dei vari razzisti e xenofobi che hanno letto questa sentenza come un baluardo interno del “mondo occidentale” (per l’appunto) contro culture diverse, presunte invasori del equilibrio del nostro Paese.
A noi interessano invece le leggi, che’ vengano rispettate (e quando non ci piacciono siamo in prima fila per democraticamente cambiarle). E questo vale per chi porta un’arma senza autorizzazione, come per chi va in giro a volto coperto (burqa) (2). Se cosi’ non fosse, e dovessimo in nome della liberta’ accettare tutti gli usi e costumi… perche’ no, per esempio, a bigamia, segregazione femminile etc? Non certo perche’ sono valori di un tessuto culturale, ma “solo” perche’ sono leggi. Che ovviamente derivano da un tessuto culturale, ma che una volta divenute leggi non ci si puo’ appellare al loro rispetto in nome di una cultura, ma solo perche’ legge, piatta e secca legge. Questo perche’, se cominciamo a disquisire di tessuti e valori… va bene che se ne parli, per aggiornarli, modificarli, interpretarli, confrontarli capire, cioe’ Politica e Cultura, ma non possiamo/dobbiamo affidare la loro custodia ad uno dei poteri dello Stato, quello giudiziario nella fattispecie. Avrebbe senso oggi, per esempio, un ministero della Cultura? Lasciamolo ai vari -ismi del passato. Oggi siamo nel futuro dell’universalita’, dell’informazione e della comunicazione a 360 gradi.
Di questo dobbiamo ricordarcene noi occidentali, si’ da meglio comunicarlo ai tanti che cercano aiuto nel nostro mondo perche’ respinti dal loro, per vari motivi tra i quali anche le nostre responsabilita’, ma comunque respinti e in cerca di asilo in nome del rispetto alla vita e alla dignita’.

1 – qui la sentenza
2 – e’ di ieri una sentenza a Firenze che ha condannato una persona a nove mesi per resistenza, violenza a pubblico ufficiale e travisamento durante una manifestazione pubblica dello scorso 5 novembre contro un raduno Pd alla Leopolda. Per l’appunto: travisamento! … che vale quindi anche per il burqa.
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