testata ADUC
 ITALIA - ITALIA - Cannabis light. Procura Taranto: venderla non è reato: archiviate 56 posizioni
Scarica e stampa il PDF
Notizia 
26 gennaio 2020 17:53
 
Vendere prodotti derivati dalla canapa light è illegale, ma a causa della giungla normativa italiana chi lo ha fatto non è punibile. È quanto, in estrema sintesi, ha affermato la procura di Taranto che ha chiesto e ottenuto l’archiviazione per le 56 persone coinvolte nell’inchiesta “Affari in fumo", condotta dalla Guardia di finanza, che aveva portato al sequestro nel 2018 di oltre 1 tonnellata di “infiorescenze di canapa sativa" e migliaia di prodotti venduti nella provincia di Taranto, ma anche in altre regioni come Campania, Calabria, Sicilia, Lazio e Lombardia.
Sotto chiave erano finiti anche 120 litri di bevande e liquidi contenenti un basso contenuto di Thc, 2.600 prodotti alimentari, tra cui caramelle e lecca-lecca derivanti dalla cosiddetta “canapa sativa”, 4.500 articoli e strumenti utilizzati per il confezionamento e l’ingestione, l’inalazione o la combustione dell’infiorescenza di canapa. Ma non solo. Gli inquirenti avevano sequestrato anche 4mila locandine che pubblicizzavano i prodotti: per i militari si trattava di pubblicità alla droga. Una questione sulla quale anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione avevano dato ragione all’accusa sostenendo che la commercializzazione di cannabis sativa e, in particolare di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione di quella particolare varietà di canapa “non rientra nell'ambito di applicazione della legge n. 242 del 2016, che qualifica come lecita unicamente l'attività di coltivazione di canapa delle varietà iscritte nel Catalogo comune delle specie di piante agricole" e che “elenca tassativamente i derivati dalla predetta coltivazione che possono essere commercializzati". Non solo. Secondo i giudici della Cassazione, quindi, erano da considerarsi reati, come violazione del testo unico sugli stupefacenti “la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa, salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante".
Nonostante questa chiara pronuncia della Cassazione, la procura di Taranto ha ritenuto che la normativa che introduce e regola la vendita di “canapa light" sia talmente confusa che non consente di essere consapevoli di commettere un reato e in particolare quello di spaccio di sostanze stupefacenti. È la stessa procura a spiegare che il quadro è costellato di “asimmetrie interpretative" che hanno “reso inevitabile l’errore nel quale sono incorsi gli indagati nel momento in cui hanno dovuto fronteggiare una norma che non brillava per chiarezza, tanto da indurre i tribunali a determinazioni non collimanti tra loro e anzi a decisioni di segno opposto". Insomma sulla questione “canapa light" in Italia regna una gran confusione. Leggi, regolamenti, circolari e pronunce giudiziarie sono spesso in contrasto trasformando il business della canapa in una sorta di attività consentita in alcune zone di Italia e vietata in altre.
….
“Il provvedimento di archiviazione – ha commentato l’avvocato Claudio Petrone, difensore di diversi indagati – è stato emesso nei confronti di cittadini italiani che avevano provato a fare impresa, applicando una legge dello Stato, pagando le tasse ed operando alla luce del sole. Nessuno di loro aveva l’intenzione di spacciare droga, anche perché l’eventuale effetto drogante è tutto ancora da accertare e le Sezioni Unite hanno chiarito come, in assenza di tale effetto, non si possa ovviamente parlare di droga. La magistratura è dovuta intervenire a garanzia degli imprenditori, laddove, purtroppo, il legislatore ha dimostrato di essere ‘pigro' e ‘poco deciso'". L’Italia – ha aggiunto il legale – “non potrà essere un paese totalmente liberale fino a quando chi scrive le leggi non ascolterà cosa pensano i propri cittadini. I numeri elevatissimi che il mercato della cannabis, cosiddetta light, ha sviluppato, ci dicono che gli italiani vogliono che la cannabis a basso contenuto di Thc venga venduta in tutte le sue forme, che siano infiorescenze, oli, o alimenti. L’ipocrisia e la miopia verranno meno, forse, quando della convenienza di questo mercato – conclude l’avvocato Petrone – potrà beneficiarne anche lo stesso Stato”.

(da un articolo di Francesco Casula pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 26/01/2020)
Pubblicato in:
 
 
NOTIZIE IN EVIDENZA
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS