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Cittadinanza. Tar Lazio nomina Commissario ad acta perche' l'amministrazione non svolge i propri compiti nei tempi di legge
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Articolo di Claudia Moretti
29 giugno 2011 10:34
 
Grazie alla segnalazione del Forum Cittadini del Mondo R.Amarugi di Grosseto, diffondiamo la notizia di una sentenza molto interessante del Tar Lazio, la n. 5528 del 21 giugno scorso.
Si tratta del caso, molto frequente, di un cittadino che, avendo fatto regolare istanza di naturalizzazione, non ha avuto alcuna risposta da parte del Ministero dell'Interno ed ha, pertanto, adito il giudice amministrativo impugnando il silenzio rifiuto, o il silenzio-inadempimento. Il suo ricorso è stato accolto, con tanto di declaratoria di illegittimità dell'inerzia e -di nomina di un commissario ad acta (ossia un sostituto dell'amministrazione che ottemperi al più presto al dettato del Tribunale).
Da un punto di vista tecnico giuridico, la motivazione è molto semplice, lineare e rispecchia le norme processuali e sostanziali del caso: l'amministrazione ha 720 giorni (e già non è poco...) per emettere il provvedimento di concessione di cittadinanza o di suo rifiuto. Se non ottempera entro detto termine l'inerzia diviene illegittimo ritardo e l'istante può chiedere anche i danni per il ritardo (che raramente i giudici accolgono), oltre che l'emanazione del provvedimento amministrativo richiesto.
Ciò che invece non era scontato, e che rende la pronuncia del Tar Lazio un buon precedente da render noto, è la nomina immediata di un "sostituto" (Commissario ad Acta), pagato a spese dell'amministrazione (Ministero dell'Interno) in previsione di una ipotetica futura e ulteriore sua inadempienza.
Generalmente, infatti, il cittadino (italiano o straniero) che subisca un ritardo o anche che impugni un un provvedimento dell'amministrazione di cui chiede la riforma giudiziale, ha davanti a sé un iter lungo: non uno bensì due giudizi. Il primo volto a dichiarare l'inerzia o la illegittimità degli atti dell'amministrazione e a "ordinare" alla stessa di provvedere, il secondo, cosiddetto di ottemperanza, ossia un giudizio di esecuzione dove l'amministrazione è di nuovo chiamata in causa perché non adempie al dettato della sentenza. E ciò con un ovvio aggravio di costi, tempi e frustrazioni: ai ritardi della fase amministrativa si aggiungono tempi e costi della fase giudiziaria.
Una beffa, in alcuni casi. Si pensi ad esempio al silenzio -inadempimento in una procedura di rinnovo del permesso di soggiorno (che la legge vuol esser limitata ai 20 giorni). Se la Questura, nonostante la sentenza del Tar (per la quale saranno passati altri mesi) non ottempera, al ricorrente vittorioso incombe l'onere di attivarsi di nuovo in una causa al medesimo Tar per far nominare un commissario ad acta, appunto, per riparare all'inerzia amministrativa (e si arriva tranquillamente ad un anno dalla richiesta di rinnovo, ad esser ottimisti!).
Ebbene, il tar Lazio stavolta, ha sintetizzato in un'unica fase ciò che normalmente avviene in due giudizi, nominando sin d'ora, nel caso di ulteriore inerzia, un sostituto che compia gli atti del Ministero. Si legge, nella sentenza:
"Sotto tale profilo, infatti, occorre rilevare - come più volte osservato (cfr. Cons.St., V, 16.1.2002, n. 230; Tar Lazio, Sez. II quater sentenza n. 6759 del 14.7.2008) - che appare del tutto coerente con la ratio acceleratoria della legge n. 205/2000 ritenere che, quando il ricorrente ne faccia esplicita richiesta, in sede di impugnazione del silenzio, si debba provvedere, in caso di accoglimento di detto ricorso, anche alla contestuale nomina del Commissario, al fine di evitare all’interessato l’inutile aggravio di una ulteriore autonoma istanza giurisdizionale."
Purtroppo per il ricorrente, le spese legali sono state compensate (le proprie se le è dovute pagare lui..)
Siamo ancora lontani, infatti, da quell'universo di regole del vivere civile secondo cui chi sbaglia paga. L'amministrazione gode ancora di una posizione di privilegio di norme e trattamenti processuali che trova il suo più perverso risvolto nel fatto che chi non paga per i propri errori continua, volente o nolente, ad errare.
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