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Francia. Intervista al medico che aveva offerto di aiutare Chantal Sebire a morire
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Articolo di Jean-Pierre Stroobants *
20 marzo 2008 0:00
 
Pete Hoebeke, Lei e' professore e urologo all'ospedale universitario di Gand, Lei ha proposto a Chantal Sebire di praticarle l'eutanasia. Il suo caso l'ha commossa?

Si', e scioccato.Sono spesso confrontato con delle richieste, direttamente o indirettamente, poiche' la legislazione belga sull'eutanasia prevede che vi sia un parere concordante di due medici prima di qualsiasi azione. E io stesso ho praticato un'eutanasia. Il fatto che una persona come Chantal Sebire, colpita da una tale dismorfia e che ha formulato un'esigenza umanamente comprensibile, abbia a un certo punto dovuto mostrarsi ai media per ottenere cio' che chiedeva, e' il segno di una terribile decadenza. Dovrebbe essere reso inutile da una buona regolamentazione dell'eutanasia. Mi meraviglia che un grande paese laico come la Francia non arrivi a statuire cio' che e' anche una terapia. Bisogna in ogni caso rendersi conto che le leggi sul "fine vita", come in Francia, possono essere terribili per le famiglie che assistono all'agonia talvolta lunga di un parente e s'interrogano sul suo stato di coscienza. Il coma artificiale che era stato proposto alla signora Sebire, e che consiste in realta' a rendere incoscienti per causare la morte attraverso una depressione respiratoria, viene praticata da molto tempo, ma crea un grande stress al paziente. Percio' io preferisco un'eutanasia ben preparata.
 
I pazienti stranieri possono ottenere l'eutanasia in Belgio senza difficolta'?
 
Noi non abbiamo l'ambizione -il mio ospedale in particolare- di diventare il thanatorium d'Europa. Ma e' vero che, dal 2002, cinque pazienti stranieri in grande sofferenza hanno fatto ricorso all'eutanasia nel mio paese. In virtu' della legislazione europea sulle cure fornite all'estero, sono ricaduti sotto la legge belga. Le condizioni legali stabilite sono l'esistenza di un "rapporto di fiducia" e di un "legame professionale" tra medico e paziente.

Tratto da Le Monde del 20 marzo 2008 (trad. di Rosa a Marca)


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