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L’imputato gia’ colpevole e il carcere preventivo
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Articolo di Alessandro Gallucci
12 agosto 2010 13:34
 
A leggere le statistiche sulla popolazione carceraria diffuse dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (1), nel constatare per l’ennesima volta il cronico e tragico sovraffollamento – il totale dei detenuti ammonta a 68.121 unita’ a fronte di una capienza regolamentare degli istituti di pena di 44.576 posti – cio’ che balza all’occhio e’ il numero, enorme, di detenuti in attesa di giudizio.
Le statistiche ci dicono che 28.941 individui, tuttora solamente imputati per i reati contestatigli, sono detenuti senza essere ancora definitivamente condannati. Si tratta della cosi’ detta custodia cautelare in carcere. Questo numero, tradotto in percentuale, ci dice che il 42,48% della popolazione carceraria e’ costretta in carcere pur non essendo ancora colpevole. Un dato allarmante che dovrebbe indurre a riflettere. A nulla vale, per tacitare le coscienze e dar fiato alle trombe del giustizialismo, affermare ripetitivamente e vacuamente che se queste persone stanno in carcere un motivo ci sara’ e che, comunque, il tutto e’ fatto nel rispetto della legge. In uno Stato di diritto che si definisca tale e’ proprio dal rispetto della legalita’ che bisogna partire. Tale rispetto della legalita’ in una materia cosi’ delicata si traduce anche e soprattutto nell’applicazione della legge che ha come costante punto di riferimento la dignita’ persona.
La lettura delle norme che regolano la custodia cautelare in carcere porta a concludere che spesso e’ invalsa nella prassi giudiziaria e legislativa un’interpretazione estensiva di determinati principi che, proprio per quanto detto finora, dovrebbero essere letti alla luce di parametri piu’ rispettosi dell’individuo. I primi due commi dell’art. 13 della Costituzione (2) dicono chiaramente che la liberta’ personale e’ inviolabile e che non e’ ammessa nessuna forma di detenzione se non nei casi previsti dalla legge e su atto motivato del giudice. Nel caso delle misure cautelari personali, le uniche che possono essere disposte sono quelle previste nel codice di procedura penale (3). La loro applicazione e’ soggetta solamente al ricorrere di particolari, stringenti, requisiti e la detenzione in un istituto penitenziario (meglio nota come custodia cautelare in carcere) e’ solo l’extrema ratio cui poter ricorrere; visti i dati, tuttavia, forse sarebbe il caso di usare il condizionale. La genericita’ di certi principi cui e’ sottesa la decisione dell’applicazione della misura cautelare e la scelta della stessa, pretendono un rigore applicativo orientato a garantire l’efficacia delle indagini e della sicurezza collettiva sempre, pero’, nel massimo rispetto della liberta’ personale. Certa evidente severita’, invece, induce a pensare che alle volte si privilegi solamente il bene comune a discapito della tutela dell’individuo. L’ha ricordato di recente la Corte Costituzionale in una materia molto delicata come quella dei reati sessuali. Nel dichiarare parzialmente incostituzionale la norma che prevede l’automatica applicazione della custodia cautelare in carcere per chi e’ accusato di tali delitti la Corte ha ribadito che e’ necessario che “le condizioni e i presupposti per l’applicazione di una misura cautelare restrittiva della liberta’ personale siano apprezzati e motivati dal giudice sulla base della situazione concreta, alla stregua dei ricordati principi di adeguatezza, proporzionalita’ e minor sacrificio, cosi’ da realizzare una piena “individualizzazione” della coercizione cautelare” (4). La sentenza merita apprezzamento visto e considerato che i giudici erano chiamati a pronunciarsi su una materia che, giustamente, suscita sdegno nell’opinione pubblica. Nonostante cio’ la Consulta – tenendo ben distinte le esigenze, anche meramente mediatiche, di sicurezza, la necessaria reazione punitiva dello Stato e la sacrosanta liberta’ personale – ha inteso riaffermare chiaramente che la carcerazione preventiva e le correlate esigenze d’indagine cedono il passo dinanzi a ben piu’ alti valori costituzionali come quello dell’inviolabilita’ della liberta’ personale. La riaffermazione di questa presa di posizione unitamente ai dati forniti dall’amministrazione penitenziaria portano a pensare che, probabilmente, il problema del sovraffollamento degli istituti di pena passa anche da una rivisitazione dell’applicazione delle misure cautelari in carcere, che' sia decisamente piu’ aderente ai principi espressi dalla Costituzione.

(1) Dati aggiornati al 31 luglio 2010
(2) Art. 13, primo e secondo comma, Costitutzione
La liberta’ personale e’ inviolabile.
Non e’ ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, ne’ qualsiasi altra restrizione della liberta’ personale, se non per atto motivato dell'autorita’ giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.
(3) Artt. 272 e seguenti codice procedura penale
(4) Sentenza n. 265/10 Corte Costituzionale
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