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TELETRAPPOLE - OVVERO:
COME CASCARCI E CERCARE DI USCIRNE RESTANDO
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Articolo di Annapaola Laldi
1 febbraio 2005 0:00
 
"Quel che non c'e', non si rompe!".
Mi da' sempre allegria richiamare alla mente questa frase lapidaria che Henry Ford, il costruttore delle automobili che portano lo stesso nome, pare usasse come risposta a chi gli faceva notare quanto le sue vetture fossero spartane, cioe' dotate solo dell'essenziale.
Gia': "Quel che non c'e', non si rompe!". E quel che c'e' si rompe, o si guasta, o si altera . e, nella pratica, ci complica la vita piu' di quanto, in teoria, ci prometteva di rendercela piu' facile.
Non e' questa la realta' in cui siamo immersi oggi? Prenderne atto con un po' di ironia, non puo' essere un buon rimedio per evitarci danni piu' grandi del necessario? E forse, anche, per imparare qualcosa sul nostro stesso funzionamento?

In meno di un mese mi sono imbattuta in tre teletrappole: due riguardano il computer, una i telefoni pubblici, che avendo maggiore complessita' trattero' per ultima.

1.Una decina di giorni fa, sul piu' bello, il computer non si avvia. Passata l'agitazione iniziale, ho trovato grande comprensione nel giovane tecnico che, in poco piu' di un'ora e per una cifra davvero modica, me lo ha rimesso in sesto e sono tornata a casa con un nuovo sapere: il mancato avvio, che per me rappresentava una grossa noia, nell'economia dello strumento elettronico era una salvaguardia della propria integrita'. Interessante. Quante volte ci lamentiamo di un disturbo fisico o psicologico oppure di un contrattempo che letteralmente ci blocca, mentre forse queste cose non sono che una strategia protettiva della natura e della vita per impedirci di farci davvero del male?

2.Ripulito dalla polvere e da una cinquantina di virus, vermi e cavalli di Troia, il computer era appena ripartito, quando, due giorni fa, zacchete, mi trovo impedito l'accesso a Internet. E devo dire: per fortuna. Perche', se cosi' non fosse, mi ritroverei a connettermi attraverso un numero pirata col prefisso della "Felix Austria", e che offre, a quanto ho potuto intuire da un paio di icone introdottesi sul desktop, pornografia per tutti i dis-gusti. In questo caso, l'ADSL, pur non essendo quella meraviglia di velocita' che dicono, e' stata pero' un buon investimento, dato che mi ha rivelato nella finestra di dialogo delle modifiche che mi hanno messo sull'avviso. Dal gestore ADSL ho saputo che il ripristino della connessione corretta lo devo fare da me, il che significa che devo chiedere di nuovo aiuto al tecnico. Sulla mia personale agenda neuronica incorporata nella scatola cranica, ho registrato subito due priorita': a) imparare come si fa a ristabilire la connessione giusta; b) denunciare alla polizia postale il numero pirata sia perche' mi ha danneggiato sia perche' potrebbe portare a siti di pornografia e violenza su bambini e bambine. Non mi faccio illusioni sui risultati, ma intendo usare il mio limitato potere per fare quanto mi e' consentito.

3.E ora, Telecom. L'8 gennaio, appena arrivata alla stazione di Firenze, vado a un telefono pubblico, ma nessuna delle due carte che possiedo funziona: sono ambedue scadute il 31 dicembre 2004. E pensare che una l'avevo acquistata appena a ottobre ed era quasi nuova! Pazienza, dovevo starci piu' attenta. E cosi' la prima cosa che faccio dopo l'acquisto della nuova carta da 5 euro e' di guardare la scadenza: 30 giugno 2005. Ma guarda un po', le scadenze adesso sono molto piu' ravvicinate di prima. Che sia un trucco per vendere di piu', dato anche che la scadenza e' scritta in caratteri microscopici? Mah! Non c'e' che da prendere atto della realta', ma le sorprese sgradevoli non sono finite. Appena messa nell'apparecchio, la scheda nuova rivela un credito di. ? 1,30, confermato da altri tre apparecchi. Torno dal venditore, che mi dice che lui non c'entra nulla e che semmai mi devo rivolgere a Telecom, che ha un numero verde con cui sarebbe possibile controllare la carta attraverso il numero di serie. Ottengo il numero verde (800134134) che pero' fa orario spezzato dal lunedi' al venerdi', e quando finalmente posso parlare, una signora afferma testualmente: "Il venditore le ha detto una balla. Per telefono non si fa niente. La scheda ce la deve mandare e noi controlleremo". L'indirizzo e' "Telecom Italia- CCPP - Via Oriolo Romano, 240- 00189 Roma). Ebbene, come gliela mando la scheda? Per sicurezza, dovrei fare una raccomandata A.R. (? 3,40), e cosi' avrei bell'e speso proprio la cifra che devo recuperare. Ma c'e' dell'altro. Un approfondimento sul nostro sito Aduc (clicca qui) mi fa scoprire che, a partire dal decreto legislativo n. 24 del 2 febbraio 2002, il responsabile verso l'acquirente dell'integrita' di un qualunque bene acquistato e' non il produttore, ma il venditore.
Non ci sono dubbi: l'articolo 1519-quater del C.C. afferma: "Il venditore e' responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformita' esistente al momento della consegna del bene". E aggiunge che "in caso di difetto di conformita', il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformita' del bene mediante riparazione o sostituzione [...] ovvero a una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto.". Dunque, in questo caso, il tabaccaio e' tenuto per legge a sostituire la scheda non buona con un'altra oppure a restituirmi i soldi, riprendendosi indietro la scheda barlaccia. Poi, ai sensi dell'art. 1519 quinquies, sara' lui a vedersela con Telecom.
Tornata alla carica con questa novita', il tabaccaio non vuole sentire ragioni, e mi va gia' bene se non mi da' di truffatrice. . E ora? Posso "metterlo in mora", cioe' rinnovare la richiesta di risarcimento scrivendogli....... la solita raccomandata con ricevuta A.R., che costa quanto dovrei recuperare e, se il tabaccaio continua a rispondere "picche", posso rivolgermi, al giudice di pace per la modica cifra di ? 30..

Ho accarezzato, per un momento, la possibilita' di fare tutto cio', per dimostrare al venditore che il disinformato e' lui, anche se gli riconosco tutte le ragioni del mondo quando dice che chiunque gli puo' riportare una carta telefonica gia' usata e sostenere che non funziona. In realta', chi lo protegge da un'eventuale truffa? Nessuno, e' vero. Come, peraltro, nessuno protegge davvero l'acquirente in casi del genere, in cui per recuperare il prodotto integrale deve spendere una cifra che e' (quasi) pari o addirittura superiore al danno subito (che, sia detto per inciso, e' tanto maggiore quanto minori sono le risorse economiche della persona).
Poi, pero', ho deciso di non farne di niente, perche', dato che il gioco non vale la candela, non farei altro che arrecare un danno a me stessa, proprio a livello psico-fisico. Infatti, mantenere il livello di "sdegno" necessario per affermarsi in una situazione simile comporta un forte dispendio di energie, che in questo momento non posso permettermi in cambio di ? 3,70. Ma, al di la' di questa valutazione tutta mia personale, restano alcuni interrogativi di non poco conto:
Quanto e' diffusa la "malformazione" delle carte telefoniche (non solo di Telecom, ovviamente)?
Quanto incide specialmente sulle persone a bassissimo reddito (soprattutto extracomunitarie) che sono forse le maggiori consumatrici di questo genere di carte? ("Eh, sapesse quante proteste con le carte internazionali!, mi ha detto il tabaccaio).
Che cosa si puo' fare per richiamare l'attenzione dei gestori su questo problema?
Si puo' chiedere loro, intanto, di mettere in maggiore evidenza la data di scadenza e un numero verde per le segnalazioni dei difetti?
Si puo' chiedere di mettere in atto un sistema pratico e non dispendioso per correggerli?
Oltrettutto, a che serve il numero di serie della carta telefonica, se il gestore non puo' riscontrare semplicemente da esso il difetto segnalato e porvi immediato rimedio?

Tutte domande, mi pare, che potrebbero offrire a un/a giornalista spunti per un'inchiesta di una qualche utilita' sociale.
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