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L'UNTO DEL SIGNORE: TITOLO ONORIFICO O CHIAMATA SCONVOLGENTE?
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Articolo di Annapaola Laldi
15 marzo 2005 0:00
 
(Circola una voce -non so quanto fondata- che qualche personaggio potente del nostro tempo affermerebbe di essere "l'unto del Signore". Ebbene: che vuol dire questa formula?
Chi e' o che cosa e' questo "unto del Signore"? Da dove viene? Dove si trova la sua origine?
E che cosa significa questa dizione nel suo contesto originario?
La vicinanza del 27 marzo, data in cui la chiesa cattolica e le chiese protestanti celebrano la pasqua, offre un'ottima occasione per cercare la risposta a queste domande. Il perche' e il per come si cerchera' di spiegarlo nel piccolo approfondimento che segue).

"Il Signore Dio mi ha dato una lingua da iniziati,/ perche' io sappia indirizzare allo sfiduciato una parola./ Ogni mattina/ fa attento il mio orecchio/ perche' io ascolti come gli iniziati./ Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio/ E io non ho opposto resistenza,/ non mi sono tirato indietro./ Ho presentato il dorso ai flagellatori,/la guancia a coloro che mi strappavano la barba;/ non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi./ Il Signore Dio mi assiste,/ per questo non resto confuso, per questo rendo la mia faccia dura come pietra,/ sapendo di non restare deluso"
.
(Isaia 50,4-9)

Questo brano di grande intensita' umana e forza poetica si trova nel libro del profeta Isaia (cap. 50, vv. 4-9), che e' considerato "parola di Dio" sia dagli ebrei sia dai cristiani. La chiesa cattolica lo ha inserito nelle letture bibliche della Domenica delle Palme (la domenica prima di Pasqua), in cui viene fatta memoria degli ultimi sei giorni della vita terrena di Gesu' di Nazaret -dall'ingresso trionfale in Gerusalemme, accolto da una folla tripudiante che lo riconosceva come Messia, gridando: "Benedetto colui che viene nel nome del Signore" e "Osanna al figlio di Davide", fino alla sua passione, morte in croce e sepoltura. In appena quattro giorni quest'uomo sperimenta la crudelta' di una caduta verticale dal bagno di folla a lui inneggiante a un tremendo abbandono. Lo abbandona la folla, che, anzi gli si rivolta contro, gridando al governatore romano Ponzio Pilato "Crucifige!" (crocifiggilo), lo abbandonano gli amici piu' cari, con l'eccezione della madre e di alcune amiche, e soprattutto si sente abbandonato da Dio, come testimonia il suo grido sulla croce riportato da Matteo e Marco: " Dio mio, Dio mio, perche' mi hai abbandonato?". (Mt, 27,46; Mc 15,34).
Fino da subito i discepoli e le discepole di Gesu' di Nazaret hanno visto in certe vicende della sua vita, e in particolar modo nella sua passione e morte, la realizzazione di quelle antiche profezie di Isaia: Gesu' e' dunque il Servo del Signore, che nelle Scritture ebraiche e' come una variazione sul tema del Messia, termine che in ebraico significa Unto (cioe' consacrato), che e' lo stesso che dire Cristo, in greco.

"Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto in cui mi compiaccio", esordisce il Signore, in un altro passo di Isaia (42,1-4) che parla ancora di questo Servo. E sono parole che trovano un'eco precisa nell'esperienza che Gesu' vive quando si fa battezzare nel Giordano da Giovanni, "e, uscendo dall'acqua", racconta l'evangelista Marco (1,10-11), "vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba. E si senti' una voce dal cielo: 'Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto'".

Com'e' strano questo Dio, viene da pensare, che al suo prediletto ne fa passare di tutti i colori! Segue certamente una logica molto diversa da quella a cui siamo abituati. Da queste parti, semmai, si cerca di appianargliela la strada alle persone predilette, si cerca di favorirle in tutti i modi, e non importa se i favori che si cercano per loro sono a scapito degli altri, di quelli che non si conoscono personalmente, di quelli che magari abitano agli antipodi.. E che ce ne importa di loro! "Lontano dagli occhi, lontano dal cuore!", lo dice anche un antico adagio..
Sembra addirittura che questo Signore Dio sia anche lontano dall'immagine del padre misericordioso, del babbo amorevole e sollecito, di cui Gesu' di Nazaret non fa che parlare direttamente e attraverso alcune famose e incisive parabole.
Eppure... a fare bene attenzione si puo' scorgere una logica piu' sottile che porta un contributo alla soluzione del dilemma. Una chiave si trova gia' nel primo versetto del brano riportato all'inizio: "Il Signore Dio mi ha dato una lingua da iniziati,/ perche' io sappia indirizzare allo sfiduciato una parola".
Ecco a che cosa serve l'Unto del Signore nella logica biblica: a restituire la fiducia a chi l'ha persa. A dire a chi vive ai margini, a chi e' incappato nella spietatezza degli altri (o anche della propria), a chi ha perso il contatto con la vita, a dire a queste persone che si sentono lontane dalla vista e dal cuore di quegli ominidi (non "umani"), che noi siamo di solito, che esistono un'altra vista e un altro cuore che prende in considerazione anche loro.
E' quanto viene dichiarato esplicitamente ancora da Isaia, all'inizio del cap. 61, parlando dell'Unto del Signore nella sua qualita' di profeta:

"Lo spirito del Signore Dio e' su di me,/ perche' il Signore mi ha consacrato con l'unzione;/ mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri,/ a fasciare le piaghe dei cuori spezzati,/ a proclamare la liberta' degli schiavi,/ la scarcerazione dei prigionieri,/ a promulgare l'anno di misericordia del Signore,/ un giorno di vendetta per il nostro Dio,/ per consolare tutti gli afflitti.".

E fu questo il passo che, secondo l'evangelista Luca (14, 16-21), Gesu' si trovo' a leggere, in un giorno di sabato, nella sinagoga della sua citta', e che commento', affermando che quella Scrittura si era adempiuta proprio quel giorno.
In quell'occasione, Gesu' visse una situazione pericolosa, uno dei quei numerosi attentati alla sua vita, ai quali tuttavia scampo'. I suoi concittadini si sdegnarono delle risposte che aveva dato alle loro obiezioni, e, senza andare troppo per il sottile, tentarono di buttarlo giu' dallo sperone della montagna su cui Nazaret e' costruita.

C'e' da notare, comunque, che anche nel grande respiro pulsante di vita che pervade le parole di Isaia appena citate, vi e' ancora qualcosa che tiene col fiato sospeso. Infatti l'identificazione tra "l'anno di misericordia del Signore" e "un giorno di vendetta per il nostro Dio" non puo' passare inosservata. Il rapporto diretto con il divino, secondo la Bibbia, non e' mai indolore ne' rassicurante per la comune mentalita' umana. Ma come e' possibile? Forse perche' negli esseri umani vi e' sempre il rischio di trasformarsi da vittima in carnefice? Potrebbe essere una buona pista di ricerca, ma probabilmente non e' tutto..
Facendo appello a un'altra massima si potrebbe dire che questo Dio "vuole vedere l'uomo in faccia" (e anche la donna, e' naturale!) -un continuo confronto faccia a faccia, o anche una lotta corpo a corpo come ben seppe, tra gli altri, ai primi passi della storia biblica, Giacobbe che ne usci' vittorioso, si', ma sciancato (e che da allora si chiamo' "Israel", vale a dire "Colui che lotta con Dio").
Se da tutto quello che e' emerso, il termine Unto del Signore possa essere inteso come un innocuo titolo onorifico oppure come una chiamata che sconvolge la vita, di fronte a cui porsi con "timore e tremore"... e' una cosa che lascio valutare a chi ha avuto la pazienza di leggere fino qui, e a cui auguro Buona Pasqua, comunque la consideri.


NOTE

Le citazione dei testi biblici sono riprese dalla traduzione pubblicata dalla CEI (Conferenza episcopale italiana) nel 1971.
L'episodio della lotta di Giacobbe con Dio si trova in Genesi, capitolo 32, vv.23-33.
Per leggere tutti i "canti del Servo sofferente del Signore" contenuti nel libro di Isaia:
clicca qui
Quest'anno la chiesa ortodossa festeggia la pasqua il 1 maggio.
La celebrazione della Pasqua ebraica, che fa memoria della liberazione degli Ebrei dall'Egitto, ha inizio invece la sera del 23 aprile.
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