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Vaticano e Terrorismo. Quando le religioni sono di Stato
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Articolo di Giuseppe Parisi
15 maggio 2007 0:00
 
Il giorno 3 Maggio il quotidiano l'Osservatore Romano intitolava: "Chi dice male del Vaticano, e' terrorista". E' singolare l'uso di questa terminologia, molto famigliare a certi Presidenti che del terrorismo ne hanno fatto personalissima lotta politica. Ancor di piu' singolare e' che venga usata, da una istituzione religiosa.
Ma si tratta proprio di una istituzione religiosa?

Questo momento storico e politico e' costellato dalla Chiesa Cattolica Romana con la sua attuale, continua, oppressiva, pressante, aberrante ingerenza dei suoi dogmi negli affari laici dello Stato italiano su quasi tutto, in particolare sui temi delicati della bioetica, sulla eutanasia, il testamento biologico, sui Pacs, i Dico, sulla famiglia, sulla ricerca scientifico-medica. Nel propulsivo e schiacciante tentativo di assaltare -per scardinare- addirittura le leggi dello Stato italiano, quale per esempio l'aborto, ci preme richiamare tutti al senso di una civilta' laica e alla personale autodeterminazione .
Abbiamo deciso di non parlare dei fatti attuali, che' si commentano da soli, ma di offrire ai giovani di oggi, sempre piu' disorientati e distratti da una moltitudine di problemi, qualche frammento di storia, un po' di passato che apra orizzonti nuovi e che permetta di comprendere meglio il periodo attuale. Un viaggio virtuale nella memoria celata, nelle meraviglie di una citta' che sviscera emozioni; testimonianza degli obbrobri del passato, del pericoloso attuale e di un futuro non auspicabile per la istituzione politica millenaria: il Vaticano.

Una gita a Roma, per chi a Roma non vive, non e' una grande impresa.
Situata nel bel mezzo della penisola, si raggiunge con estrema facilita', a quasi ogni eta'.
Ero ancora minorenne quando la conobbi, restandone folgorato per l'enormita' dei suoi monumenti, la mole dell'arte posseduta, la storia che incarnava.
A Roma, prima o poi, tutti ci andranno.
Chiunque, anche per il solo espletamento di un concorso, passera' da Roma.
Spesso e' la stazione Termini il primo "quadretto" romano ad essere incontrato dall'occhio del visitatore, soprattutto se di eta' giovanile . Nel corso degli ultimi due decenni, la struttura di questa stazione ferroviaria, ha cambiato faccia, rifatto il look diverse volte, fino a raggiungere una bellezza tale -quella odierna- da non sembrare una stazione ferroviaria.
Le cose da vedere a Roma sono talmente tante che ci vorrebbe una intera enciclopedia turistica per poterle descrivere.
Personalmente -minorenne- ebbi ad inseguire due fatti che gia' allora erano turbolenti nella mia mente: Michelangelo Merisi detto il Caravaggio e Giordano Bruno. Il primo, il Caravaggio, per il suo passato -pur se fugace- in Sicilia, ma in verita' per altro che vedremo. Il secondo per avermi fatto incarnare, sin dalla piu' tenera eta', gli ideali assoluti della Liberta'.
Cosi', nemmeno sedicenne, "fregando" mamma e papa' con la scusa di una gita scolastica, ci ritrovammo una freddissima mattina di febbraio, io ed un mio caro amico d'infanzia, in quella Termini, cosi' diversa da come e' oggi. Poco piu' che adolescenti, non sapevamo praticamente nulla su dove incamminarci e cosa fare. Volta dopo volta, passo dopo passo, in altre occasioni prendemmo tale confidenza con la citta' che era divenuta la nostra seconda citta'.
Roma e' talmente cosi ricca di arte che qualsiasi luogo del mondo avrebbe fatto la propria fortuna se solo avesse avuto, ad esempio, i soli sei capolavori (gratuiti) (non considero quelli presenti in gallerie e musei) del Caravaggio, che custodisce come Cappelle da chiesa!
Invece a Roma e' tutto normale. Nulla fa caso, direbbe Marcel Proust.
Le tele del maestro che si trovano in citta' sono sei, sarebbero dovute essere sette se non fosse stato per la barbarie ecclesiastica.
Ci arriveremo per tempo.
Caravaggio e Giordano Bruno sono legati da un filo conduttore che mi colpiva tormentandomi durante la mia adolescenza: la violenza, le torture fisiche e l'inesorabile condizione umana.
All'inseguimento del Caravaggio. A piedi seguimmo un tracciato indicatoci da un vigile esperto in storia dell'arte, come ce ne sono tanti a Roma, e che parlano anche in fluente inglese., arrivammo a piazza del Popolo. Il nome non ci piaceva, ma proprio alla sua porta vedemmo una imponente basilica, la Chiesa di Santa Maria del Popolo. Questa Chiesa, che osservammo con occhi da profani, poi prese contorni diversi. Ad esempio imparammo che era stata costruita nel 1099 per sconfiggere l'anima inquieta di Nerone ( Imperatore di Roma), che vagava proprio da quelle parti (la tomba di famiglia e' nei pressi) , almeno cosi' narrava una leggenda. Lo sguardo su questa basilica e' emozionante, fa perdere l'orientamento in termini di quantita' di opere: Raffaello, Bernini, del Piombo, Bramante ed altri ed altri ancora. Adolescenti, mirammo dritti al Caravaggio. Lo trovammo alla sinistra, due capolavori messi li' gratuiti per tutto il mondo! Era una meraviglia, che comprendevamo solo a meta'.
Roma e' anche questa, capolavori senza prezzo e valore, messi in Cappelle, gratuitamente a disposizione del mondo intero. A Roma, questi capolavori si confondono e si perdono nella maestosita' oceanica ed artistica di tutto il resto.
La Crocifissione di San Pietro, il primo capolavoro, mostra un Pietro vecchio, ancora forte e logorato dalla vita; osserviamo come i suoi aguzzini fatichino drammaticamente per issare quella croce.
Ancora piu' penetrante e' l'immagine di San Paolo, con quelle braccia al cielo, in un tormento interiore per non aver compreso per tempo, quindi adesso e' spaventato dalla forza della verita' e della fede.
Accanto un cavallo di tale bellezza, come non se ne erano mai visti fino a quel momento, come non se ne vedranno nei secoli a venire.
Ci furono altri viaggi nascosti su Roma per ritrovare ancora i nostri due amici.
Ma gia' era chiaro che quell'uomo, il Caravaggio, un po' abbondante dagli occhi, capelli e ciglia simili ai nostri -neri- riversava drammaticamente, come ogni grande artista, tutti i suoi nascosti tormenti interiori nei lavori, divenuti poi capolavori.
E -l'inconscio- i tormenti di Michelangelo Merisi erano simili ai nostri: la violenza fisica, le torture fisiche, il supplizio umano in nome della Chiesa Cristiana. Il Caravaggio Roma l'aveva conosciuta molto diversa da come appariva a noi . Ai suoi tempi era un miscuglio di rovine. Chiese a ridosso di ruderi poveri e poverissimi, erbacce, greggi al pascolo e niente altro. Una disgrazia per quello splendore che, secoli prima, questa citta' aveva conosciuto. Un vero regresso sociale e politico in nome della Chiesa e dei suoi valori.
La violenza dilagava in ogni aspetto. Disordine, ferocia, miracoli e atrocita' della fede, una continua turbolenza, una citta' scossa da mille problemi di ogni natura, soprattutto religiosi, straboccante di rischi per la vita.
Caravaggio, arrivatoci , anche se piu' grandicello di noi due, appena ventenne, non poteva che trovare non pochi disagi.
Anche per noi, poco piu' che adolescenti, Roma presentava non pochi rischi, ma certamente minori di come doveva essere la medesima citta' quattro secoli prima.
E, come qualsiasi essere umano sensibile come il Caravaggio, non poteva che risentirne di quelle ordinarie follie giornaliere di condizione e di vita. Si rilevavano nella sua incostanza e nella condotta non certo tranquilla. Sempre armato, non si ritraeva di fronte a qualche rissa. Ma in definitiva cercava protezione.
Nell'arte del Caravaggio ci sono tutte le atrocita' della condizione alla quale l'uomo si era relegato in quei tempi.
Un artista-cronista, come oggi ne necessiteremmo, per le atrocita' che si compiono, per esempio, in Medio Oriente, in nome della suprema cultura Occidentale, e non solo.
Ai tempi del Caravaggio, spostarsi in citta' di notte significava rischiare la propria vita. Il Caravaggio rischiava sicuramente cercando di rifuggire dai tormenti che giornalmente lo avvolgevano, e forse per sfuggire a se stesso.
Nel cuore della notte si cercava anche il sesso. La zona di piazza di Spagna e di Trinita' dei Monti, a quei tempi, era solo una montagnetta buia fitta di erbacce. Piazza di Spagna era costellata da taverne e cavernicole,osterie e semi-bordelli, ove le donne volteggiavano in un via vai, incontravano i loro clienti e gli sbrigavano in camere apposite, oppure negli antraci degli angoli bui che la zona offriva. Si beveva fino a tarda notte, artisti e scapestrati da ogni parte d'Europa si trovavano li' e, sempre li' venivano sviscerati i tormenti personali, la violenza che quella vita offriva; nascevano le risse, spuntavano le spade, i coltelli, arrivavano le fughe nella notte, corse a mozzafiato, spezzate da horror-grida che, il silenzio del buio amplificava. Questa era la vita di Caravaggio in quella societa' coronata dal potere della Chiesa romana. Forse non molti sono a conoscenza che a quell'epoca c'era una vera tolleranza (incredibile!) alle "case di meretricio"; erano nella zona del mausoleo di Augusto, ed erano tante. L'enorme presenza di prelati, soldati, pellegrini, avventurieri privi di compagnia femminile, faceva affluire su Roma un numero enorme di donne, sicure del buon mercato che avrebbero trovato. Si contano, in certi antichi testi, da censimenti e atti di Polizia Giudiziaria di allora, che fossero almeno 15 mila su tutta Roma.
A quell'epoca, quando il Caravaggio passeggiava per le vie romane, gli abitanti non raggiungevano i centomila. Quindi un numero impressionante di "lavoratrici". Non solo la Chiesa le tollerava, perche' sapeva bene che i suoi prelati, obbligati al celibato, avevano peculiari esigenze, ma addirittura il Pontefice istitui' la tassa per le "meritrici". Fu cosi' che tanto denaro inizio' ad affluire nelle casse del Vaticano, e si trovarono cosi' fondi per ulteriori costruzioni, nuovi segni della Cristianita' romana.
Ovviamente, il Caravaggio era un frequentatore del Mausoleo di Augusto.
Nei tempi moderni, il Vaticano insieme al proprio braccio armato in Parlamento, si invento'. Creo' ed applico' la Legge Merlin, legge di puro interesse ideologico. Dopo la famosa Legge, tutto e' rimasto tramutando in versione "proibizionismo".
Quando vidi Roma per la prima volta, a 15 anni, il "proibizionismo" era gia' vigente da un pezzo, quei locali al Mausoleo di Augusto si erano spostati, per la maggior parte tutti nella tenebrosa zona Termini, altamente pericolosa di notte. Tante locande, di qui e di la', si sforzavano di sembrare camere per pellegrini ed avventurieri, ma erano nient'altro che case di meretricio. La gente tranquilla, le fanciulle, gli anziani, dovevano escludere categoricamente di uscire la sera in quella zona, perche' poteva risultare fatale. Solo scapestrati dal forte accento siciliano -quali io ed il mio amico eravamo- potevano muoversi nella notte, in cerca di qualche avventura, cosi' come ogni anima giovane e poco esperta puo' fare.
Altri meravigliosi capolavori del Caravaggio, gratuiti da Cappella di Chiesa, sono all'interno della basilica di Luigi dei Francesi. Arrivarci e' semplice, la basilica e' molto vicina a palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica. Al suo interno, come sempre, tanti capolavori, ma noi andiamo dritti al caro Caravaggio. Ne ammiriamo ben tre (in quale altra parte del mondo potrebbe accadere?), sono tutti per Matteo. Matteo e l'angelo, S.Matteo e la sua vocazione, S.Matteo ed il suo martirio. L'impostazione dei lavori e' sempre la stessa, e dovremo attendere il 1800 per vedere nascere come movimento culturale la forma di realismo che caratterizza la pittura del Caravaggio . Osserviamo Matteo, con quella espressione che piu' reale non si puo', con quel dito: " Signore, dice a me, vuole me?" . La statua della donna un po' curva, che si vede posizionata al lato dell'uscita, e' un ulteriore omaggio al prossimo, regalo della Chiesa Cattolica: Giovanna D'Arco. Quasi come discepolo di Leonardo da Vinci, il Caravaggio seguitava nella memoria dei consigli, come quelli di osservare rigorosamente ogni particolare degli aspetti umani. Pertanto, non di rado capitava che il Caravaggio seguisse di proposito ogni martirio comandato in nome della Chiesa Cristiana, come tutti quelli che si eseguivano ad esempio a Castel S. Angelo, luogo dei supplizi per eccellenza. Attento e vigile osservatore, penetravano indelebili nella sua memoria gli sguardi dei torturati, il sangue che sgorgava, le grida di supplizio, le invocazioni di pieta', le particolarita' degli occhi umani persi nella paura e nella sofferenza, la mimica degli aguzzini, e poi, attraverso un incredibile gioco di luci e colori come solo lui poteva fare, li riversava nei suoi lavori. In sostanza, il Caravaggio rimane testimone degli orrori della Chiesa Cristiana. E se non fosse per tali orrori, i capolavori a Roma, almeno quelli liberi, sarebbero stati sette, non sei come oggi. Il settimo si trova al Louvre di Parigi.
Le motivazioni saranno presto comprese.
Gli altri capolavori si ammirano alla basilica di S. Agostino ( vicinissima a piazza Navona), e qui il quadro e' la Madonna dei Pellegrini. Osserviamo come questa Madonna, piu' che le raffigurazioni "celestiali" piu' o meno moderne, e' tutt'altro. Difatti e' una persona qualsiasi, nell'aspetto piu' realistico umano, perche' la Madonna era prima di ogni cosa donna, con ogni sofferenza carnale ed umana. Ma alla Chiesa, quell'aspetto penetrante di natura umana non piaceva, come non piace ancora oggi. Secondo il loro modo di pensare, quei piedi grossi e sporchi, non erano " celestiali".
Ma noi sospettiamo -anzi ne siamo convinti- che, dietro si muovevano esigenze di ideologia critica e politica. Quella Chiesa Cristiana era, come oggi, niente altro che politica. Arretrava in consensi, accerchiata dall'avanzare del Protestantesimo, aveva una impellente necessita' di imporsi con ogni mezzo, e lo faceva con atrocita'. Aveva una edificante necessita' di ideologie e l'arte de il Caravaggio era l'antitesi. Non dico che i lavori del Caravaggio fossero considerati lascivi, ma erano fuori dal loro modo "idealizzato" ( ed ideologico) di concepire la Cristianita'.
Com'e' ancora oggi: la Chiesa Cattolica sempre distante dalla realta' e dalle necessita' delle "cose" umane.
In quel momento agonizzante per la politica vaticana, tormentata, come dicevo, dalle confessioni protestanti, dagli attacchi dei Turchi, dalle politiche filo spagnole e filo francesi, si penso' fosse bene attuare una autentica ideologia politica, inasprendo ogni simbolismo cattolico. Uno degli ordini diretti del Vaticano fu di ampliare ed amplificare i simbolismi ecclesiastici per il popolo, nonche' celare ogni aspetto licenzioso che l'arte offriva . Anche un piccolo atteggiamento che poteva suscitare passioni doveva essere se non cancellato nascosto.
Ma questo per i poveri cittadini. Poi, il Clero e il ricco nobiliato -come sempre- avevano la loro "arte di classe", come noi fino a qualche tempo fa avevamo il nostro aborto di classe, fatto all'estero da chi poteva, altrimenti affidato alle sorti delle "mammane". Nascosta dietro tendine, o addirittura quadri e sculture piu' accattivanti poste in stanze segrete, offerte agli amici piu importanti come segno di appartenenza "Patrizia".
Dovremo attendere secoli per rivedere una censura cosi' forte, con Stalin.
E se i frati Carmelitani a S. Maria in Trastevere non si fossero stoltamente atterriti di fronte alla cruda realta' del settimo quadro, oggi non sarebbe che li', invece che al Louvre di Parigi. Dissero al Caravaggio che quella non era una Madonna, ma una sporca meretrice!
Ancora un ringraziamento.
Caravaggio introduce nell'arte sacra un brillante realismo che sconvolge i canoni e i classici copioni ecclesiastici . Nei suoi quadri compaiono i poveri, i senza-nulla, i sotto-proletari, gli stessi giovinetti di borgata, scapestrati ed insicuri, che nel Novecento saranno vissuti e narrati da Pier Paolo Pasolini (clicca qui).
E c'e' anche qualche critico d'arte che asserisce che Caravaggio, nei suoi quadri, rinforzava le tesi di un suo maestro spirituale, Filippo Neri (clicca qui), che con toni aggressivi tentava di umiliare l'élite raffinata (tra i quali anche il clero), portandoli davanti alla realta' della Cristianita', quella della sofferenza oggettiva, della "carne" e dell'animo umano.
Dovremo raccontare Roma, quella del 1800, per osservare come quella attuale e' una penosa continuita' di quella precedente, tagliata fuori da ogni progresso europeo, dai "valori" costantemente onnipresenti della chiesa Romana.

E Giordano Bruno?

Un martire sacrificato agli altari dell'ideologia politica. La sua orribile fine nasce a Venezia, dopo un peregrinaggio nella quasi intera Europa. Qui viene denunziato al tribunale del "Sant'Uffizio", che era un tribunale speciale per crimini contro la fede. Quando qualsiasi persona poteva essere sospettata di avere atteggiamenti contro la linea canonica della Chiesa, di qualsiasi natura, filosofica o scientifica, le competenze erano di tale tribunale: una discrezionalita' enorme.
Dopo almeno due mesi in carcere a Venezia, cerca di chiudere il cerchio, chiedendo ogni scusa in ginocchio davanti ai magistrati. Non e' cosi, il Sant'Uffizio veneziano e' solo sede distaccata da Roma: il processo deve continuare proprio li'. Giordano Bruno restera' rinchiuso a Roma, prima di morire, ulteriori altri otto anni. Ripetute udienze e nuovi processi, torture ed ancora torture. Ormai sfinito, Giordano Bruno non sa nemmeno perche' si trovi davanti a quel manipolo di spregiudicati assassini, di uomini falsi e bigotti. A nulla valgono le sue implorazioni di pieta', di uomo solo, lontano da tutti, senza alcuna protezione, un uomo buono che ha un unico neo: solo idee che, con la passione dell'amore, difende perche' giuste.
Ma non perde la speranza e continua a parlare: "Mose' 'mago' certo, ma c'e nella «magia una forte potenzialita' conoscitiva che non e' giusto trascurare; molteplicita' dei mondi certo, ma l'ipotesi non contrasta con l'onnipotenza divina, anzi la esalta; il mondo nella sua forma attuale e' stato creato certo, ma questo non vieta di considerare che la materia, al pari di Dio, sia eterna, vale a dire essa stessa immortale e immutabile. E poi: se la materia fosse davvero cosi', non vorrebbe dire che altri mondi potrebbero essere abitati da creature intelligenti simili all'uomo? Se Adamo ed Eva non avessero commesso il peccato originale, non sarebbero stati essi stessi immortali?".
Il povero Giordano difende Coperrnico, apre la nuova frontiera della Astronomia, parla di uno spazio infinito con infiniti mondi in evoluzione per un tempo infinito. Anticipa di secoli le nuove scoperte astronomiche, parla di tanti mondi, esclude l'idea di un Dio Creatore, in sostanza Giordano Bruno era, probabilmente senza saperlo, un autentico buddista. Non si comprende se per stanchezza, perche' drogato, si abbandona cosi' imprudentemente a tali inutili discussioni davanti a quelle teste cosi' bacate e vuote.
Fa crollare l'impalcatura Canonica, e quel messaggio e' letto in maniera nefasta.
E' molto probabile che Giordano Bruno non si rendesse conto di dove si fosse cacciato, e chi fossero quelle rape che aveva di fronte. Invece di tagliare corto, tergiversa, insiste sulla autenticita' delle idee, sul fatto che non distruggono anzi possono collimare con il Cristianesimo, insomma ha stranamente gli occhi completamente ignari al suo destino, schiva, addirittura duella con la corte, incurante che essa ha pronto lo strumento adatto a farlo redimere.
Ci pensera' a "sistemare" il tutto il cardinale Roberto Bellarmino. Un autentico politico, e non certo un semplice teologo delle sacre scritture. La sua visione del processo e' sintetica, politica. Ha intuito che Giordano, con la sua visione di un infinito aperto ad una pluralita' di mondi, ha inaugurato una nuova era per la liberta' del pensiero. Comprende, da autentico politico, che se si mette in discussione l'edificio costruito sulla interpretazione canonica delle sacre scritture, molte cose rischiano di precipitare.
E le cose stavano precipitando, proprio in quel momento, con Lutero, che aveva scisso il pensiero comune ecclesiastico.
Bisognava recuperare il terreno perduto anche in una Europa sempre piu' protestante, e riagganciare gli intellettuali e la nobilta' almeno in Italia, e quindi Giordano Bruno sembrava adatto a questo scopo.
Con mano lesta, il cardinale da' l'ultimatum, chiede la ritrattazione di tutte le sue teorie o la morte. Giordano rifiuta, asserendo: "egli non deve ne' vuole ritrattare, che non ha da ritrattare e che non ha materia di ritrattazione, e che non sa su cosa debba ritrattare".
Certo non e' facile comprendere l'ostinazione di Giordano Bruno, ma restiamo convinti che, tuttavia, non si sarebbe salvato lo stesso.
Giordano era preziosa pedina, da giocare bene nella scacchiera politica del momento. E sempre Giordano, con quelle teorie e quella capacita' di propagarle, era il pericolo maggiore per l'istituzione canonica.
Una curiosita': nel 1930 il Cardinale Roberto Bellarmino ebbe da papa Pio XI la triplice glorificazione di beato, di santo e di dottore della Chiesa, in contromossa offensiva a Benito Mussolini. Che Santo!
Questo il capo d'accusa che fu letto a Giordano Bruno:
"Lo si incolpa d'aver dubitato della verginita' di Maria, d'esser vissuto in paesi eretici secondo costumi eretici, d'aver scritto contro il papa, sostenuto l'esistenza di mondi innumerevoli ed eterni, affermato la trasmigrazione delle anime, ritenuto la magia cosa lecita, identificato lo Spirito Santo con l'anima del Mondo, dichiarato che la Scrittura non e' che sogno e che perfino i demoni si salveranno".
Giordano recita una frase che passera' alla storia di tutti i martiri della Liberta' di ogni epoca. "Forse con piu' timore pronunciate voi la sentenza contro di me, di quanto ne provi io ad accoglierla".
I giudici, ascoltando quelle parole non compresero nulla, la loro mente bacata e vuota gli faceva comprendere solo i meri interessi della Chiesa Romana. Non si renderanno nemmeno conto che scriveranno una delle pagine piu' orrende della storia della Cristianita' e della Chiesa Cattolica.
Politica anche la scelta del luogo del supplizio, Campo de Fiori, praticamente sotto le finestre della sede dell'ambasciatore Francese di quel tempo, che si lamentava per quell'obbrobrio, per tutto quel fumo ed il puzzo. Oggi l'ambasciata di Francia si e' spostata di poco, e' a Palazzo Farnese. Il messaggio era inequivocabile verso Enrico IV, che aveva deluso il Papa ammettendo il culto del protestantesimo.
All'alba del 17 febbraio 1600, Giordano Bruno viene zittito per sempre, prima dal taglio della lingua, e poi, a Campo de Fiori, legato ad un palo, gli viene dato fiamme.
Il rogo del 1600 segna il culmine degli sforzi della Chiesa Cattolica di esorcizzare il nascente pensiero moderno. Ci furono altri tentativi, ma meno cruenti.
Pio IX, rifiutando la "moderna civilta'", definiva un errore la liberta' di culto e di opinione.
Nel 1889 venne inaugurato il monumento a Giordano Bruno in Campo de' Fiori.
Papa Leone XIII, in quella circostanza, indirizzo' ai fedeli una lettera di censura. In sostanza, ancora una volta, Giordano Bruno veniva diffamato.
Molti sono stati in seguito i tentativi del Vaticano per far demolire la statua di Campo de Fiori. Molti forse non sono a conoscenza che fu Benito Mussolini, a resistere opponendosi al progetto del Vaticano, e noi lo ringraziamo.
In tempi piu' recenti, Giovanni Paolo II fece presiedere il Cardinal Sodano, in occasione a Napoli dell'anniversario dei 400 anni dalla morte di Giordano Bruno. Il cardinale Sodano ammise gli errori della Chiesa Cattolica, ma affermo' che le idee di Giordano Bruno erano incompatibili con la dottrina della Chiesa.
Vale bene la pena, per tutti i giovani, tutti gli uomini di Liberta', di sostare anche per un sol attimo nel luogo del martirio, Campo de Fiori, deponendo un fiore alla sua memoria, alla sua statua silenziosa, composta.
Giordano Bruno e' ancora vivo tra noi.
Vivo tra gli uomini liberi.


P.S.
- Per estrema necessita' di spazio, abbiamo omesso di descrivere la significativa esperienza umana di un altro grande, Michelangelo Buonarroti.
Padre di tantissime opere, in particolare la "cappella Sistina", e di una delle sue tante "Pieta'", come la piu' famosa, oggi custodita in una teca, alla destra dell'entrata centrale di San Pietro.
Non e' affatto estremo riferire che i suoi sentimenti profondi erano vicini al nascente Luteranesimo, piuttosto che alla Chiesa Cattolica.
- Il Caravaggio assistette anche ad una barbara esecuzione, sempre a Castel S. Angelo, ordinata dallo stesso pontefice (Clemente VIII Aldobrandini) che successivamente aveva messo a morte Giordano Bruno. Da quella orrenda esperienza nacque una tela di realismo sconvolgente, Giuditta che decapita Oloferne.
- Vale la pena, dalle letture della storia di Beatrice Cenci (clicca qui), notare come i beni della famiglia Cenci, molto ricca, furono confiscati dal Vaticano.
- Napoleone Bonaparte, riferendosi al Vaticano, disse: " Questa vecchia macchina presto si sfaciera'". Probabilmente non osservava bene che quella "macchina", quell'abbrutimento, quella oscurita' e quella barbarie contro lo sviluppo e la crescita umana, non stava durando solo da qualche anno. Bonaparte si sbaglio' e di tanto.
- La grottesca arretratezza sociale e culturale che il Vaticano impose, si porto' avanti fino a pochi decenni fa, ma vive ancora nel sottobosco politico e culturale Italiano. L'espressione oscurantista della Chiesa romana, raggiunse il suo apice nell'anno mille, quando Roma era gia' citta' Santa.
- Annota Marcel Proust: "I veri popoli barbari non sono quelli che non hanno mai conosciuto la grandezza, ma quelli che, avendola conosciuta in passato, non sono piu' in grado di riconoscerla". Probabilmente si riferiva agli italiani, in maggior parte alla romanita' bigotta ed arretrata che, ancora oggi, vive ed e' osservabile nell'aspetto clericale delle borgate e, purtroppo, anche nelle istituzioni di una Repubblica che stenta a divenire "civilta' laica".
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