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Assegno di maternita' anche per chi ha il solo permesso di soggiorno
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Articolo di Emmanuela Bertucci
6 settembre 2011 16:41
 
L'assegno di maternita' deve essere riconosciuto anche alle donne che non hanno la carta di soggiorno o il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. E' questa la decisione del Tribunale di Firenze – sez. Lavoro del 9 agosto 2011: nel caso in questione la persona ricorrente era una donna riconosciuta apolide, con permesso di soggiorno per apolidia, che aveva chiesto al Comune di Firenze l'assegno di maternita'. Il comune ha rigettato la richiesta poiche', sebbene in possesso di tutti i requisiti economici, il permesso di soggiorno della donna non era “della categoria giusta”.

Secondo il Testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, infatti, le donne che non lavorano hanno comunque diritto ad un assegno di maternita' di base nel caso in cui il proprio nucleo familiare non superi un determinato reddito indicato dalla legge. Sempre secondo la legge (asrt. 74 d.lgs. 151/2001) questo emolumento puo' essere richiesto dalle donne italiane, comunitarie e straniere in possesso di carta di soggiorno o permesso di soggiorno di lungo periodo, ma non puo' essere concesso alle donne regolarmente soggiornanti sul territorio italiano in possesso del solo permesso di soggiorno (fatta eccezione per le donne rifugiate politiche, per le quali l'INPS ha emesso una circolare nella quale si autorizza la concessione del beneficio).

Ricevuto il diniego, la donna ha avviato una azione antidiscriminatoria davanti al Tribunale di Firenze, chiedendo che il Giudice accertasse la natura discriminatoria del diniego. Il Tribunale di Firenze ha dato ragione a alla signora e ha condannato Comune e Inps a corrispondere l'assegno alla signora. Secondo il Tribunale la norma che esclude le donne titolari di permesso di soggiorno dalla possibilita' di ottenere l'assegno di maternita' di base e' illegittima poiche' viola un diritto fondamentale per motivi di nazionalita'.

Il Giudice ripercorre le diverse pronunce della Corte Costituzionale che hanno di volta in volta abrogato, per singole prestazioni, le norme che escludevano i titolari di permesso di soggiorno dalle prestazioni previdenziali che costituiscono diritti soggettivi (sentenza n. 306 del 2008 relativa all'indennita' di accompagnamento; sentenza n. 11 del 2009 sulla pensione di inabilita', e piu' recentemente la sentenza n. 187 del 2010 della quale ci siamo gia' occupati:e, seguendo i principi gia' utilizzati dalla Corte, statuisce che “nel subordinare il diritto alle prestazioni previdenziali che costituiscono diritti soggettivi e siano dirette a soddisfare bisogni primari della persona, quale appunto l'assegno di maternita', alla titolarita' della carta di soggiorno [...] introduca un ulteriore requisito idoneo a generare una discriminazione dello straniero nei confronti del cittadino, in contrasto con i principi enunciati dall'art. 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali”.

Per questo motivo il Tribunale da' ragione alla ricorrente, disapplica l'art. 74 d.lgs. 151/01 nella parte in cui confligge con il divieto di discriminazione e dunque condanna Comune e Inps a corrispondere l'assegno di maternita'. Si tratta di una sentenza importante, poiche' costituisce un precedente per altri giudici di merito, e apre un varco giudiziario non solo per gli stranieri apolidi ma per tutti i titolari di permesso di soggiorno per l'ottenimento di emolumenti previdenziali destinati a soddisfare bisogni primari della persona.

Il Tribunale di Firenze avrebbe pero' potuto fare di piu'. Il Giudice si e' infatti limitato a disapplicare la norma italiana mentre avrebbe potuto - piu' proficuamente a nostro avviso - sollevare una questione di legittimita' costituzionale dell'art. 74, affinche' ci fosse un vaglio della Corte Costituzionale sul tema. In questo modo, qualora la Corte avesse ritenuto la questione fondata e la norma illegittima, la sua pronuncia avrebbe avuto efficacia erga omnes; la norma, cioe', sarebbe stata “spazzata via” dall'ordinamento, abrogata. Decidendo invece per la disapplicazione la norma rimane in vigore, e della sentenza si giovera' solo la ricorrente e non anche tutte le altre persone che si trovano nella stessa situazione, che se vorranno far valere il proprio diritto all'assegno dovranno attivarsi personalmente e ricorrere in giudizio.


La sentenza del Tribunale di Firenze, n. 2940 del 9 agosto 2011
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